12 Haiku sull’evoluzione digitale: cerca il bene! (sesto Haiku)
Perché l’enfant prodige ChatGPT non va preso troppo sul serio, ma i suoi gemelli che hanno “studiato” medicina sì!
[Immagine generata da Dall-e (https://labs.openai.com/) ]
(Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu)
Mentre ormai tutti giocano con il nuovo enfant prodige ChatGPT e inondano i social con commenti estasiati sulle sue mirabolanti capacità, come in un’altra era si faceva con i cuccioli o i bimbi, qualcuno scrive che “ChatGPT is incredibly limited, but good enough at some things to create a misleading impression of greatness. It’s a mistake to be relying on it for anything important right now”[1].
Qualche invidioso? Non proprio, perché si tratta di Sam Altaman, il cofondatore di Open AI[2] e “papà” del piccolo prodigio ChatGPT. ChatGPT non è che l’ultimo e forse più sopravvalutato rappresentante della famiglia dei Large Language Models (LLM) che, benché strabiliante per alcuni versi, soffre ancora di una serie di limitazioni. Innanzitutto, è un’intelligenza artificiale (AI) generalista. Non nel senso che abbia raggiunto lo stadio di AGI (Artificial General Intelligence) o di Strong AI, ma piuttosto nel senso che risponde un po’ su tutto con feedback mediamente abbastanza sensati (e a volte sbagliati). Il che lo rende da un lato strabiliante, perché puoi chiedergli sia di suggerire delle modifiche per migliorare un frammento di codice Java o C# che di scrivere una poesia sul tramonto in montagna. Una risposta lui la dà sempre, come compagnoni che hanno una vasta e superficiale cultura generale e che intrattengono la compagnia chiacchierando amabilmente su qualsiasi argomento. Il meccanismo per quanto evoluto alla fine non ha nulla di magico: semplicemente il LLM di ChatGPT è molto bravo a predire statisticamente quale parola è più probabile dopo un’altra, come il suggeritore di testo che abbiamo sullo smartphone e che ci suggerisce le parole mentre scriviamo.
D’altro canto però soffre degli stessi problemi del LLM che abbiamo già visto: a volte “inventa” le cose, non fornisce elementi per valutare l’affidabilità delle informazioni, non c’è trasparenza sulle fonti e può contribuire a diffondere i pregiudizi più comuni[3]. Sui bias e sui pregiudizi ChatGPT in realtà ha fatto passi enormi rispetto ai predecessori, ma rimangono alcuni limiti, come evidenziato ad esempio dagli studi della Cornell University[4]. Senza parlare delle moltitudini di persone sottopagate che fanno il lavoro di “data labeling” per istruire le piattaforme di AI. Il MIT ha raccontato, in un magistrale articolo[5], la storia di Oskarina Fuentes Anaya e di tante persone come lei. Sono storie di sfruttamento, di compensazioni sempre tarate sul salario minimo per lo specifico paese, di pagamenti a volte non corrisposti, di notti passate ad aspettare un task meglio pagato degli altri. La solita storia di sfruttamento dei più deboli che si ripete ad ogni rivoluzione economica.
Ciò non toglie che i risultati di ChatGPT e delle nuove AI siano comunque impressionanti. Molti si stanno chiedendo: ma Google che fa? Google si trova in realtà in una situazione paradossale. Non può non investire in AI conversazionali “generali”, come ChatGPT, e infatti lo sta facendo con i vari Lambda, Sparrow[6] e Bard. Tuttavia, le AI conversazionali hanno tutte le potenzialità per soppiantare i motori di ricerca tradizionali e quindi, investendo su Sparrow, Google rischia di cannibalizzare il suo “cash cow”, ossia il motore di ricerca che genera enormi profitti tramite la pubblicità. Molti di noi stanno infatti già usando ChatGPT per tutte quelle ricerche che non necessitano di dati “freschi”, magari come primo passaggio per andare poi a raffinare la ricerca con i motori tradizionali. Ma se ChatGPT (o Sparrow, che sembra avrà queste funzionalità) fosse connesso a Internet e quindi in grado di dare risposte anche su argomenti di attualità e corredato con riferimenti e link alle fonti? Ecco, forse questo sarebbe il motore di ricerca che tutti sogniamo. E, con un motore di ricerca di questo tipo, il modello di business basato sulle pubblicità del motore di ricerca attuale di Google potrebbe non essere applicabile o dimostrarsi molto meno redditizio[7].
Ma Google sta sviluppando anche un altro filone, a mio parere persino più interessante, che riguarda le AI basate su Large Language Model “specializzati” come Med-PaLM. Se ChatGPT, senza specializzazione alcuna, è riuscito ad arrivare vicino (e in qualche caso a superarle) alle soglie per passare l’esame di abilitazione medica degli Stati Uniti (USMLE)[8], cosa potrà fare un’AI specializzata?
I dati forniti da Google DeepMind sulle performance di Med-PaLM ci danno una prova concreta della potenza di un LLM specializzato. Google ha verificato le risposte di Med-PaLM e del suo predecessore Flan-PaLM verificando la correttezza degli output rispetto ad un medico umano. Il risultato è che Med-PaLM ha dato le stesse risposte del medico umano nel 92,6% dei casi, contro il 61,9% di Flan-PaLM[9]. Ma c’è di più: solo il 5,8% delle risposte di Med-PaLM erano potenzialmente pericolose per il paziente. Vi sembra molto? Considerate che la percentuale di risposte potenzialmente pericolose di Flan-PaLM era del 29,7% ma, soprattutto, le risposte pericolose dei medici umani coinvolti nello studio erano del 6,5%! Quindi Med-PaLM ragiona in modo molto vicino (al 92,6%) al medico umano, ma è più sicuro. Poi bisognerebbe indagare il 7.4% dei casi in cui MedPaLM da risposte diverse dal medico umano: non è detto che siano sbagliate o necessariamente peggiori. Facendo un confronto più puntuale si vede ancora meglio quali siano gli ambiti di eccellenza di MedPaLM[10].
Quale è la differenza tra ChatGPT di OpenaAI (che pure risponde a domande in ambito medico) e MedPaLM di DeepMind (Google)? Certo sono entrambi due LLM, ma ChatGPT ha avuto una formazione “generalista”, mentre MedPaLM è stato “alimentato” con fonti selezionate e specifiche dell’ambito medico (MedQA, MedMCQA, PubMedQA, LiveQA, MedicationQA, MMLU) ed ha quindi un “DNA” diverso. Inoltre, ha avuto una importante fase chiamata “Instruction Prompt Tuning” grazie alla collaborazione con un discreto numero di medici di UK e USA. I risultati come visto sono molto incoraggianti, il che fa sperare che si tratti di successi più concreti e duraturi di quelli, ad esempio, di Watson Health (di cui IBM ha venduto alcune parti a gennaio 2022).
Vi sono poi altre AI verticali, diverse dai Large Language Model, che potremmo definire “Narrow AI” ma che sono in grado di risolvere compiti complessi con incredibile efficacia. Ad esempio le AI specializzate nell’analisi delle immagini hanno già raggiunto un’accuratezza del 94.4% negli screening sul cancro ai polmoni, facendo meglio dei medici umani in termini di accuratezza, ma con il vantaggio di poter processare in poco tempo volumi inimmaginabili per gli operatori umani[11]. Un altro esempio è quello della diagnosi delle patologie della pelle, dove Google ha rilasciato un’AI che potrebbe aiutare a limitare gli impatti della scarsità di dermatologi[12]. L’elenco sarebbe lungo, basti pensare che l’FDA ha approvato oltre 500 algoritmi di intelligenza artificiale ad uso medico[13], la maggior parte legata all’analisi delle immagini. E l’utilizzo di AI per l’analisi delle immagini diagnostiche sarà a mio parere uno dei campi più rivoluzionari in ambito sanitario nel breve periodo, sia per gli screening che per la pratica clinica generale. Il lavoro dei radiologi (e non solo) è destinato a cambiare irrimediabilmente: invece di analizzare migliaia di immagini come una macchina, il radiologo si focalizzerà sui casi dubbi e particolarmente complessi dove l’intuito e la capacità di creare collegamenti tipici dell’esperto umano faranno la differenza. Tutto il resto lo possono (e forse devono) fare le macchine.
Insomma, tornando a punto di partenza ChatGPT ha avuto certamente il merito di aprire al grande pubblico una finestra sulle potenzialità dell’AI, ma certamente ora va visto con un po’ di senso critico. C’è un’immagine (presa dal grafico dell’effetto Dunning Kruger) che gira su internet (non so chi sia stato il primo ad elaborarla, se me lo segnalate lo cito esplicitamente) e che spiega bene il concetto.
Ora è il momento dei gemelli “competenti” di ChatGPT.
Siamo ad una svolta? Io penso che probabilmente siamo arrivati ad un punto di svolta qualche anno fa, con i primi modelli di “Narrow AI” specializzati nell’analisi del linguaggio e delle immagini, e non ce ne siamo accorti. Ora come abbiamo visto quei primi modelli si sono evoluti per dare risultati concreti e in molti casi con livelli di affidabilità uguali o superiori a quelli dell’esperto umano. Quando all’università negli anni ’90 studiavo i sistemi esperti sembrava un sogno, che ora si sta avverando. Le tecnologie sono diverse, si è passati dai motori inferenziali alle reti neurali, che forse non sono nemmeno lo strumento più efficace. Durante il recente WAICF (World Artificial Intelligence Cannes Festival) il Prof. Stuart Russel di Berkley ha analizzato i limiti dei LLM basati su reti neurali e predetto che probabilmente le AI del futuro sfrutteranno tecnologie diverse, come il Probabilistic Programming[14]. Quindi siamo incamminati verso le “magnifiche sorti e progressive”? Forse, ma la capacità di governo e analisi critica saranno fondamentali, così come l’integrazione di competenze. Un altro speaker dello stesso congresso, imprenditore digitale che non citerò, diceva che per affrontare le sfide che abbiamo davanti l’importante è “essere buoni, non malvagi”[15]. Era il motto anche di una delle big tech fino a qualche anno fa. Ecco, quando sento queste cose penso che se di fronte a problemi di questa portata, come il governo dell’Intelligenza Artificiale, la risposta è “facciamo i bravi”, non ci sia solo un problema di “banalità del male”, come diceva Hannah Arendt, ma anche di banalità dell’intelligenza (umana in questo caso). Ma questo è un altro tema, a cui dedicheremo forse un altro articolo. Per ora mi fermerei a quanto condiviso sulla necessità di usare lo strumento giusto per il compito giusto, consapevoli delle potenzialità e dei limiti dei diversi strumenti, intelligenti o meno. Perché ogni artefatto umano ha in qualche modo un suo “DNA”, un aspetto caratterizzante che lo rende più adatto ad alcuni compiti e meno ad altri. È importante conoscere i diversi strumenti (e oggi sono davvero tanti), comprendere e rispettare le caratteristiche di ciascuno per evitare di cadere nel vecchio detto: “all’uomo con il martello ogni problema sembra un chiodo”. O, attualizzando ad oggi, cadremmo nell’errore di usare ChatGPT per qualunque cosa. Concludo quindi con il secondo principio della vita digitale:
PRINCIPIO N.2 della VITA DIGITALE:
“Comprendi e rispetta il DNA delle tecnologie digitali per sfruttarle al meglio”
[1] “Chat-GPT è incredibilmente limitato, ma abbastanza bravo in alcune cose da creare una fuorviante impressione di grandezza. È un errore affidarsi a lui per qualcosa di importante in questo momento.” (T.d.A.)
[2] https://twitter.com/sama/status/1601731295792414720?lang=en
[3] https://the-decoder.com/openai-founder-warns-against-chatgpt-use-for-important-things/
[4] Si vedano ad esempio: https://arxiv.org/abs/2208.04417 e https://arxiv.org/abs/2101.05783
[5] https://www.technologyreview.com/2022/04/20/1050392/ai-industry-appen-scale-data-labels/
[6] https://www.wired.it/article/google-sparrow-rivale-chatgpt/?uID=97f390ebf09f9f0fdb3fff0da0d75d4966e5335989306bf3e4132e8adbc655b6&uID=e612c787935d87bb6ab52d4ce5f1945613feffb9563936254b5b441c13133334&utm_brand=wi&utm_campaign=daily&utm_mailing=WI_NEWS_Daily%202023-01-29&utm_medium=email&utm_source=news&utm_term=WI_NEWS_Daily
[7] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/competenze-digitali/digital-advertising-se-un-chat-bot-minaccia-il-titano-google-lo-scenario-alla-luce-del-caso-kodak/
[8] https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2022.12.19.22283643v2.full
[9] https://www.marktechpost.com/2023/01/09/meet-med-palm-a-large-language-model-supporting-the-medical-domain-in-providing-safe-and-helpful-answers/
[10] https://interestingengineering.com/innovation/google-deepmind-medpalm-language-model
[11] https://www.nature.com/articles/s41591-019-0447-x
[12] https://interestingengineering.com/innovation/google-unveiled-ai-helps-diagnose-skin-conditions
[13] https://healthexec.com/topics/artificial-intelligence/fda-has-now-cleared-more-500-healthcare-ai-algorithms
[14][14] https://en.wikipedia.org/wiki/Probabilistic_programming
[15] Testualmente: “Be good, not evil”.
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Una riflessione su una trappola in cui molti professionisti IT stanno cadendo…
(Why developers (and so many IT professionals) are being fooled by “smart working” – or around the importance of the amygdala)
La nuova sanità “antifragile”. La lezione di un piccolo virus per la sanità digitale e la società del futuro.
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Sanità 4.0: medicina della 4P e degli infiniti Paradossi
Le 4P (Partecipativa, personalizzata, preventiva e predittiva) e gli infiniti Paradossi della medicina: recensione al libro di G. Cognetti.
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Fondi UE per la sanità digitale, ovvero alcune riflessioni sulla bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
I fondi del Recovery plan Europeo e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): riflessioni e prospettive
Scuola digitale, perché la primaria può guidare l’evoluzione del sistema educativo
Una riflessione, scritta a 4 mani, sulle potenzialità incredibili per la scuola (anche primaria) di questi tempi crepuscolari… (alla Tenet).
Leggi l’articolo completo su Agenda Digitale.
T.H.E. ALLIANCE: il digitale al servizio del mondo!
Il digitale come non te lo aspetti!
Leggi tutto “T.H.E. ALLIANCE: il digitale al servizio del mondo!”
Algocrazia: i nuovi algoritmi alla conquista del mondo
Algocrazia: una riflessione, pubblicata su Agenda Digitale, sul crescente dominio degli algoritmi nelle nostre vite e negli scenari geo-politici. Algoritmi che sono sempre più onnipresenti e sempre più potenti.
Ricostruire la Customer Experience in sanità: il modo più efficace per gestire le fasi 2, 3, 4… del COVID-19 (e superare l’empasse dell’app Immuni)
Solo una customer experience di valore e significato per l’utente potrà guidare la governance sanitaria nella fase “post acuta” dell’emergenza. Ancora più di terapie intensive e telemedicina. Perché passa da qui non solo la gestione degli asintomatici, ma anche la creazione di un modello patient-centered.
Leggi l’articolo su Agenda Digitale!
All’amatissima Stella (co-autrice del blog Giulio&Stella)
(Puoi vedere il video di Joy su Stella qui)
La storia di stella, simpaticissima e amatissima compagna della nostra sgangherata famiglia, che ci ha prima seguito e poi preceduto nella via!
Leggi tutto “All’amatissima Stella (co-autrice del blog Giulio&Stella)”
Value-Based Customer Experience: l’innovazione che non c’è in sanità (sia prima che dopo il coronavirus)
Riporto la sintesi del mio contributo al libro edito da ASSD (Associazione Scientifica per la Sanità Digitale).
Il libro in versione digitale completa è scaricabile dal sito dell’associazione.
Perché Amazon e Netflix stanno ridefinendo la customer experience in sanità
Già il titolo, lo so, farà storcere in naso a molte persone. Perché parlare di customer experience e di “cliente” in sanità non è cosa gradita a tutti. Molti avrebbero preferito un patient al posto di customer. Invece ho deciso di lasciare la parola customer perché credo sia importante anche in sanità restare agganciati a quello che avviene negli altri settori, dove chi acquista un bene o fruisce di un servizio è indubitabilmente un cliente. Un C.I.O. americano, Jonathan Manis della Christus Health, disse durante il Digital Health Summit di AISIS[1] del 2019[2] che l’innovazione della customer experience, anche in sanità, la fanno Amazon e Netflix. Perché sì, chi entra in una struttura sanitaria assume volente o nolente i panni del paziente[3], ossia di colui che soffre e tollera tutto, ma nel resto della sua vita è un cliente di servizi di eccellenza come quelli citati. E così le aspettative si alzano: se Amazon mi abitua ad avere un’efficienza operativa estrema, diventa sempre meno accettabile fare delle code interminabili agli sportelli per l’accettazione di una visita o attendere per minuti o a volte ore al telefono prima che un operatore ci dia retta per prenotare un esame. Se Netflix mi fornisce un’esperienza fortemente personalizzata, è difficile poi accettare di essere parcheggiati in corridoi angusti e anonimi in attesa che il medico chiami il tuo codice identificativo (per rispetto della privacy), oppure digerire il fatto che per un intervento magari alle 4 di pomeriggio si venga convocati insieme ad altre decine di pazienti alle 7 di mattina.
In questo breve approfondimento parleremo quindi di customer experience vista nell’ottica di chi usufruisce dei servizi (i pazienti, ma anche i loro famigliari e caregiver) e del modo di misurarla, proporremo un modello di maturità per gli strumenti per la customer experience in sanità e infine affronteremo uno dei grandi paradossi della sanità. Infatti nel nostro paese (e negli altri con sistemi simili), viviamo la grande ricchezza di un sistema sanitario universalistico, la qual cosa credo possa essere considerata uno dei traguardi di civiltà più importanti della storia dell’umanità, ma che strutturalmente favorisce una customer experience spesso frammentata e a volte onestamente problematica. Questa situazione è comprensibilmente peggiorata nella gestione dell’emergenza del COVID-19, dove gli obiettivi erano altri, ma ora è ancora più urgente intervenire per invertire la tendenza.
Dal CRM alla Value-Based Customer Experience
La customer experience (da ora in poi la abbrevieremo in CX) sembra essere ormai il Sacro Graal del nuovo mondo digitale. Si dice sempre più spesso che il cliente non compra un prodotto o un servizio ma un’esperienza. Innanzitutto va chiarito in cosa si differenzia la gestione della CX (Customer Experience Management o CEM) dalla gestione della CR (Customer Relationship o CRM). In questo ci aiuta un articolo della HBR: Understanding Customer Experience di C. Meyer e A. Schwager[4]. La sintesi è rappresentata nella figura seguente:
Altri hanno parlato di Connected CX[5] e di Intelligent CX[6]. Ognuna di queste definizioni sottolinea un aspetto particolare, ossia l’integrazione di esperienza, la multicanalità o l’utilizzo di strumenti di Intelligenza artificiale. Tutti temi interessanti a mio parere, ma ancora parziali. L’aggettivo che io trovo più appropriato, soprattutto in sanità, è quello di Value-Based CX[7].
Il concetto di valore in sanità è definito dal framework sulla Value Based Healthcare introdotto da M. Porter nel suo famoso articolo sulla HBR del 2005[8]. La formula base è:
Patient Value = Health Outcomes / Cost
Alcune osservazioni sono importanti. Innanzitutto il valore è sempre definito da parte di chi fruisce dei servizi (paziente e caregivers, il cliente appunto). Inoltre il valore è misurato come un rapporto tra risultati in termini di salute (health outcomes) e costi. Qualcuno ha provato a generalizzare la formula interpretando in modo esteso il numeratore e introducendo tra gli outcomes anche l’esperienza del paziente/cliente[9]:
Qualche esempio può servire a capire perché questa formulazione sia più adatta rispetto ad altri aggettivi come Connected o Intelligent. L’esperienza insegna che spingere in modo acritico sulla connessione e la multicanalità può portare a risultati disastrosi. Se è vero che il cliente gradisce poter interagire con diversi canali, è anche vero che questo può confondere l’esperienza del paziente/cliente e creare un customer journey frammentario e frustrante, soprattutto se i diversi canali non sono gestiti in modo coerente e integrato. Lo stesso esito si ottiene talvolta utilizzando le pur promettenti tecnologie di Artificial Intelligence: i famosi chatbot, tecnologie tra le più citate e abusate, se non integrati correttamente in un contesto organizzativo che preveda l’intervento umano quando necessario, possono generare un’esperienza cliente frustrante e in ultima analisi distruggere e non creare valore. In generale, ogni volta che vi sono due soluzioni con costi simili e noi scegliamo quella che genera un incremento minore degli outcome e della patient/customer experience (magari perché attratti dalla moda dell’intelligenza artificiale o della multi-canalità acritica), stiamo distruggendo valore.
Misurare la Customer Experience
Anche la CX può essere misurata. Un indicatore applicabile a qualunque contesto e molto diffuso, pur con i suoi limiti intrinseci, è il Net Promoter Score[10] o NPS. In sintesi si chiede ad un cliente di valutare in una scala da 1 a 10 la probabilità che hanno di consigliare ad amici e parenti un dato prodotto. La caratteristica del NPS è che i voti 9 e 10 sono considerati “promoter”, quelli sotto il 6 incluso “detrattori” e gli altri neutri. Per calcolare il NPS finale si sottrae la percentuale dei detrattori a quella dei promoter. Quindi avere un NPS elevato è molto difficile. I brand top nella CX sono anche quelli con il NPS più elevato.
Alcuni esempi di NPS di aziende leader: Starbucks 77%, Amazon 62%, Airbnb 74%, Netflix 68%, Tesla ha uno stellare 97%. In sanità il NPS è uno strumento poco utilizzato, con qualche eccezione negli Stati Uniti[11].
La critica principale al NPS è che sia un indicatore troppo “povero” (si basa su una sola domanda) e che andrebbe abbinato ad altre misure. Ad esempio la Value Based Healthcare pone un’enfasi importante, oltre che sulle misure degli outcome clinici, anche sulle misure di esperienza e di outcome percepiti dai pazienti. Queste vengono definite come PREMS (Patient Reported Experience Measures) e PROMS (Patient Reported Outcome Measures)[12]. Si potrebbe addirituttura pensare di complementare il modello introducendo delle misure di outcome relative all’ esperienza del paziente.
Senza addentrarci ulteriormente nell’ambito specifico delle misure di CX in sanità, ritengo tuttavia che abbinare indicatori specifici di contesto (come i PREMS e i PROMS della Value Based Healthcare) a indicatori più generali come l’NPS possa aiutare a oggettivare un concetto di per sé molto soggettivo, come l’esperienza dei fruitori dei servizi. Gestire bene l’esperienza dei pazienti/clienti ha impatti positivi anche dal punto di vista economico. Infatti, come dimostra uno studio di Deloitte Consulting, le strutture sanitarie con migliori risultati nei PREMS hanno anche migliori performance finanziarie[13].
Il fatto che in sanità in Italia (e non solo) si usino poco questi strumenti è indice di un problema di sistema più vasto, come vedremo nell’ultimo paragrafo.
Il paradosso della customer experience in un sistema universalistico
Come anticipavo nella parte iniziale, in Italia e in molti paesi europei viviamo in un sistema che contiene un paradosso importante. Da un lato la sanità per tutti e il welfare universalistico sono a mio parere una delle conquiste di civiltà più importanti della storia dell’umanità: ricordate che i primi due principi della CX in sanità sono quello di poter essere curati (accesso alle cure) e di poterlo fare in strutture adeguate (qualità della cura). Dall’altro, per mantenere questo approccio universalistico, abbiamo rinunciato ad un aspetto di competizione che è il modo migliore per stimolare il sistema verso un miglioramento continuo della CX. Infatti, in sanità abbiamo tradizionalmente concentrato gli investimenti per migliorare la compliance o l’efficienza operativa perché il sistema finanziato distribuisce risorse pubbliche in molti casi attraverso un meccanismo di tetti di budget assegnati alle strutture. Questo, unito ad una domanda non controllata che eccede sistematicamente l’offerta, non crea alcuna competizione per attrarre e ritenere i clienti del Sistema Sanitario Nazionale. Detto altrimenti: qualunque ospedale ha in quasi tutti gli ambiti più domanda di quella che riesce a soddisfare e i tetti di budget assegnati non permettono facilmente di competere per soddisfare nuove aree di bisogno. In molte strutture in cui ho lavorato i tetti di budget si esaurivano sistematicamente a fine novembre. Fanno eccezione a questa regola i pazienti solventi, ma almeno in Italia questi sono una componente molto limitata del fatturato. Se l’80 o 90% del fatturato di una struttura è garantito dal SSN ed ho più clienti di quelli che i miei tetti di budget mi permettono di gestire, non c’è un grande stimolo a investire sulla CX. A dimostrazione di ciò si può verificare che le strutture che possono vantare una CX di eccellenza sono spesso quelle a vocazione totalmente rivolta a pazienti solventi.
Non è semplice qui dire quale sia la strada per uscire da questo paradosso. Non credo che un sistema di competizione pura, sul modello americano, sia la risposta. Quello americano è un sistema che ha dimostrato sul campo di essere largamente inefficiente ed iniquo. Ma non possiamo nemmeno rimanere ciecamente abbarbicati sul sistema attuale per una serie di ragioni:
- Anche il sistema universalistico di molti paesi europei presenta delle forti diseguaglianze. In Italia è enorme il divario tra le regioni. E non voglio banalizzare parlando genericamente di nord e sud, perché ci sono alcune regioni del sud che hanno una buona sanità e qualcuna del nord che ha una sanità in grande difficoltà. In questo caso se si vive nella regione sbagliata vengono violati anche i primi due principi fondamentali della CX in sanità (accesso alle cure e cure di qualità).
- Il sistema di regole attuale, per i motivi visti sopra, non stimola la competizione positiva tra gli erogatori di servizi sanitari per il SSN e quindi l’innovazione e il miglioramento dei servizi. Questo porta ad un progressivo abbassamento della CX abbinata spesso ad un aumento dei costi non sostenibile nel medio periodo.
- Un CX problematica in senso lato rende difficoltose e quindi meno frequenti (o ridotte ai casi di acuzie) le interazioni tra i cittadini e le strutture sanitarie. Questo ha enormi ripercussioni: sappiamo bene che la prevenzione, le diagnosi precoci e la gestione della cronicità sono il modo più efficiente ed efficace di curare o contenere le malattie. L’esperienza del COVID-19 insegna.
L’esperienza di questi mesi di pandemia ha mostrato che cambiare è sempre una sofferenza e nessuna organizzazione umana, che sia un’azienda, un ospedale o una scuola, lo fa se non vi è costretta. Quando però ci sono le condizioni possono avvenire in poche settimane o mesi cambiamenti che normalmente avrebbero richiesto anni. Come ha dimostrato Kotter, se non capisci che il tuo iceberg si sta sciogliendo, non lo abbandoni[14]. Analogamente un sistema che non è costretto ad orientarsi al cliente non lo farà spontaneamente. È fondamentale quindi introdurre dei correttivi a livello di sistema per stimolare una competizione regolamentata e che favorisca una CX di valore. Che sia una riforma inspirata alla Value Based Healthcare e agli outcome[15], al Triple Aim[16] o ad un altro modello, l’importante è compiere il salto culturale dall’ottica a volume (“ti pago per volumi di prestazioni e attività anche prive di valore”) a quella bastata sul valore (“ti pago se fornisci degli outcome clinici e una CX di valore”). Altrimenti l’iceberg si scioglierà, che noi ne siamo coscienti o no, e potrebbe essere troppo tardi per trovarne un altro. E che gli iceberg si stiano sciogliendo, sia in senso figurato che letterale, è una delle poche certezze che questo periodo di pandemie e di sconvolgimenti climatici ci ha lasciato.
[2] http://digitalhealthsummit.it/component/speventum/speaker/74-jonathan-manis
[3] Da patior=soffro, ossia colui che soffre, che tollera, che attende e perservera con tranquillità: https://www.etimo.it/?term=paziente
[4] https://hbr.org/2007/02/understanding-customer-experience
[5] https://www.ttec.com/sites/default/files/eb-inside-the-connected-customer-experience.pdf
[6] https://www.contentintelligence.net/it/ci/intelligent-experience-il-futuro-della-customer-experience
[7] https://www.mckinsey.com/business-functions/marketing-and-sales/our-insights/linking-the-customer-experience-to-value#
[8] https://www.hbs.edu/faculty/Publication%20Files/20050627%20IHI%20Impact%20Meeting%2006272005%20Final-NV_c5acc589-9f69-48db-9c64-75df74dc30a5.pdf
[9] https://www.raslss.com/healthcare-shift-volume-value/#gsc.tab=0
[10] https://www.netpromoter.com/know/
[11] Si possono vedere alcuni dati di realtà statunitensi, previa registrazione gratuita, su Customer Guru (https://customer.guru/net-promoter-score/industry/healthcare-hospitals-and-care-institutions)
[12] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4089835/
[13] https://www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/us/Documents/life-sciences-health-care/us-dchs-the-value-of-patient-experience.pdf
[14] https://www.kotterinc.com/book/our-iceberg-is-melting/
[16] http://www.ihi.org/Engage/Initiatives/TripleAim/Pages/default.aspx
Panopticon, ovvero come stiamo realizzando il sogno di ogni regime totalitario
Vi invito a leggere questo articolo sulla sorveglianza digitale e sul nuovo Panopticon che ho scritto insieme a Natan/Martino:
Tecnologie per la sorveglianza di massa crescono. Che possiamo fare?
Pensando a quello che stiamo vivendo, un leader (di un regime totalitario ma anche pseudo-democratico) potrebbe scrivere:
“Viviamo in un momento particolarmente felice. Un momento di grandi opportunità. Nei prossimi mesi e anni la maggior parte dei nostri sogni diverranno realtà e questo grazie alla tecnologia e alla collaborazione di tutti gli uomini e le donne del pianeta!”
“Mai come in questo periodo è diventato facile acquisire informazioni sulle persone, su quello che fanno, quello che pensano. Siamo in grado di capire prima che sia troppo tardi anche quello che vorrebbero fare e vorrebbero pensare. Questo ci permette di guidarle verso il bene loro e dello stato, evitando i rischi insiti nella troppa libertà. E questo le persone lo hanno capito benissimo: prova ne sia il fatto che non sono più necessari i metodi antiquati e purtroppo brutali a cui dovevamo ricorrere in passato. Sono loro stesse a fornirci tutte le informazioni che ci servono!”
Siamo in un periodo storico in cui un numero sempre crescente di persone nel globo è sotto l’influenza di regimi di tipo non democratico. Il Democracy Index dell’Economist si apre con questa frase: “Nell’Indice di Democrazia del 2019 il punteggio medio rispetto alla democrazia è caduto da 5.48 nel 2018 a 5.44 (su scala da 1 a 10). Questo è il peggior punteggio medio globale da quando l’Indice è stato introdotto per la prima volta nel 2006”. Guardando i numeri, solo il 5,7% della popolazione mondiale vive nei 22 stati definiti come “democrazie complete”.
Per saperne di più sugli impatti e le prospettive… leggete l’articolo su Agenda Digitale:
Lyskamm e nuvole: riflessioni sulla vita e sull’evoluzione digitale
Un viaggio sul crinale tra cielo e terra (Lyskamm)
Leggi tutto “Lyskamm e nuvole: riflessioni sulla vita e sull’evoluzione digitale”
Punta Castore, ovvero l’arte di saper rinunciare e il TechQuilibrium
Cosa ci insegna una vetta mancata… (il Castore)
Leggi tutto “Punta Castore, ovvero l’arte di saper rinunciare e il TechQuilibrium”
La video conferenza più bella degli ultimi 3 mesi, ossia come gli informatici possono cambiare il mondo (a volte anche in meglio)
Una video conferenza particolare, dove la tecnologia e gli informatici si sono messi al servizio di progetti di sviluppo e di cooperazione internazionale.
Salute e prevenzione digitali per affrontare le anticime e la discesa del COVID-19. Una visione architetturale (e alpinistica)
In questo articolo su Agenda Digitale parlo di coronavirus e di tecnologia, ma soprattutto di come sia necessaria una visione strategica e architetturale perché la tecnologia produca valore. Con un approccio “alpinistico”…
Riding the digital waves (but be aware: “violent delights have violent ends”!)
Life at the edge of chaos: my experience in these violent times.
Leggi tutto “Riding the digital waves (but be aware: “violent delights have violent ends”!)”
L’Italia che non c’è (ma che ci potrebbe essere grazie al digitale) – ovvero Olivetti e il COVID-19: perché non siano due occasioni mancate
Una riflessione sul post-COVID e la tecnologia digitale a partire dalla figura profetica (e sfortunata) di Adriano Olivetti.
Digital evolution, la lezione delle cattedrali romaniche
“Soprattutto in questo momento storico in cui i cambiamenti sono stati e saranno violenti per tutte le aziende e le organizzazioni, la flessibilità e l’agilità sono virtù fondamentali. Fino a prima della crisi innescata dal coronavirus, alcune aziende erano “costrette” a cambiare continuamente, altre navigavano placide come se il mondo fosse un mare tranquillo e sempre uguale. Ora quel tempo è finito. Nel mio ambito ad esempio (l’università), è cambiato completamente sia il modello operativo che il modello di business in due settimane!”
Leggi l’articolo “Digital evolution, la lezione delle cattedrali romaniche”su Agenda Digitale!
Happy Digital Easter! (Auguri digitali per una Pasqua non convenzionale)
Una Pasqua non convenzionale…
Leggi tutto “Happy Digital Easter! (Auguri digitali per una Pasqua non convenzionale)”
Disabilità e tecnologia ai tempi del coronavirus: grandi opportunità e grandi rischi – Riflessioni dopo una video-conference con Antonio Giuseppe Malafarina
Disabilità e tecnologia ai tempi del coronavirus (riflessione nata dall’incontro con un amico ritrovato…)
Coronavirus: il grande confronto tra diritto alla salute, sorveglianza, e privacy (un video dibattito e un po’ di link per approfondire…)
Interessante live streaming a cui ho partecipato ieri con Giorgia Zunino e Giuseppe Vaciago: “Coronavirus: il grande confronto tra diritto alla salute, sorveglianza e privacy”
Big data e small data contro il coronavirus: una proposta per l’Italia
Sul tema dei dati (big o small) si è parlato tanto come strumento di controllo del coronavirus. A volte correndo il rischio di idolatrare in modo fuorviante la tecnologia. Però se usata bene la tecnologia, nel rispetto dei diritti e delle libertà personali, può essere uno strumento estremamente potente ed efficace, come alcune esperienze nel mondo dimostrano…
Leggi l’articolo su Agenda Digitale.
Trasformazione digitale, quei due killer del valore
Una riflessione sulla trasformazione digitale e sui “debiti” che questa implica.
Non c’è solo il debito tecnico in senso stretto, ma anche il “debito di customer experience”. Anche nella violenta trasformazione digitale in corso. Perché “violent delights have violent ends”…
Se volete leggere altri articoli sul digitale e quanto sta avvenendo in questi giorni:
https://www.yottabronto.net/ai-maligna-coronavirus/
https://www.yottabronto.net/coronavirus-deep-impact-10-tips-the-future/
https://www.yottabronto.net/informatico-ignoto/
https://www.yottabronto.net/oggi-ho-chiuso-bottega/
https://www.yottabronto.net/il-bello-del-digitale-ai-tempi-del-coronavirus/
Oggi ho chiuso bottega…e ho già voglia di ricominciare!
Una riflessione sul lock-down a cui il coronavirus ci costringe e sulla voglia di ripartire.
Leggi tutto “Oggi ho chiuso bottega…e ho già voglia di ricominciare!”
L’AI maligna che ci salverà dal Coronavirus – Opportunità e dilemmi etici
Una riflessione su quello che l’intelligenza artificiale (AI) può fare per aiutarci.
La buona notizia è che ci sono ottime prospettive.
La cattiva è che ci sono implicazioni etiche importanti e da non sottovalutare…
Altre riflessioni in forma di raccolto sul tema dell’AI le potete trovare sulla pagina di NOVissima – quattro racconti sull’intelligenza artificiale.
PS: al di là del titolo volutamente provocatorio, non credo che l’AI (artificial intelligence o intelligenza artificiale, sempre scritto in minuscolo però) di per sé possa essere “maligna”. Sono della scuola che pensa che l’AI sia uno strumento, anche se più sofisticato e potente di altri, e che la mente umana sia qualcosa di completamente diverso da un computer[1]. Potrei citare Searle e l’esperimento della stanza cinese[2], così come Luciano Floridi[3] e tanti altri filosofi e studiosi. Nessuno di noi direbbe mai: “Una bomba atomica maligna ha distrutto Hiroshima e Nagasaki”. Al di là di quello che il genere cinematografico/letterario della distopia ci ha mostrato, da HAL9000 di 2001 Odissea nello spazio a Terminator, da Matrix a Ex Machina, da I Robot a Westworld.
[1] In altre parole non credo al “computazionalismo”: https://en.wikipedia.org/wiki/Computational_theory_of_mind
[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Chinese_room
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Luciano_Floridi
Coronavirus deep impact: every company is a digital company. 10 tips for (digital) leaders from the future
10 tips for (digital) leaders from the future….
All’Informatico Ignoto (E a tutti coloro che combattono il coronavirus dalla sala macchine)
Gli informatici ignoti, eroi spesso sconosciuti della crisi da coronavirus…
Il bello del digitale ai tempi del coronavirus: la situazione è occasione (anche per il mondo dell’educazione)
Le opportunità del digitale nel mondo dell’educazione ai tempi del coronavirus: una riflessione.
Novissima: quattro racconti sull’Intelligenza Artificiale
Con il commento finale di Cosimo Accoto, filosofo, saggista e ricercatore affiliato al MIT.
ECCO TUTTI E QUATTRO I RACCONTI della serie riuniti in un’unica raccolta.
I racconti sono stati pubblicati in anteprima su AI4Business:
- “La vita che ti ho dato (ovvero della Morte)”
- “Panopticon (ovvero del Giudizio)”
- “Esodo dalla terra promessa (ovvero dell’inferno)”
- “I Custodi (ovvero del viaggio verso il Paradiso) – Parte I” e “I Custodi (ovvero del viaggio verso il Paradiso) – Parte II”.
Se vuoi scoprire altri temi su tecnologia e dintorni che mi appassionano, puoi navigare il sito oppure leggere gli articoli sul Blog…
Australian Open (Agile Digital Innovation) – Una riflessione su come l’Australia (e in particolare il mondo delle università) sta affrontando la trasformazione digitale
Riflessione sul digitale nelle università australiane
G.and.A.L.F.: intervista a Radio Next – Radio 24 sul governo della trasformazione (evoluzione) digitale
Condivido il podcast dell’intervista andata in onda ieri a Radio Next (Radio 24) sul metodo G.and.A.L.F.:
Per approfondire l’approccio proposto, rimando al mio articolo “Governance della trasformazione digitale, cambiare approccio col metodo Gandalf: ecco come” su Agenda Digitale.
Nulla di particolarmente nuovo: nell’articolo non faccio altro che ripercorrere e narrare, con un filo conduttore un po’ particolare, le buone pratiche Lean e Agile applicate però al tema della governance. Ne abbiamo parlato anche all’ultimo congresso di AISIS.
Grazie a Pepe Moder per l’opportunità e ai tanti che mi hanno contattato su Linked-in condividendo impressioni e spunti!
I due alberi del Giardino dell’Eden e l’Intelligenza Artificiale: la sfida della co-creazione
Riflessione sui due alberi del giardino dell’Eden e la trasformazione digitale.
La lezione di Israele sulla business agility Parte 2: Gerusalemme (la diversità) e il kibbutz (l’umiltà)
Seconda parte della riflessione sulla business agility (organizational agility) a partire da quattro immagini di un paese in bilico tra eccellenza e caos, Israele. L’articolo che segue è la continuazione di: “La lezione di Israele sulla business agility – Parte 1”
La lezione di Israele sulla business agility – Parte 1: Hebron (la necessità) e Tel Aviv (l’innovazione come ecosistema)
Una riflessione sulla business agility (o organizational agility) a partire da quattro immagini di un paese in bilico tra eccellenza e caos, Israele:
- Hebron, ovvero della necessità
- Tel Aviv, ovvero dell’innovazione come ecosistema
- Il Kibbutz, ovvero dell’umiltà
- Gerusalemme, ovvero della diversità
Governance della trasformazione digitale: il metodo G.and.A.L.F.
Tutti parlano di digital transformation, ma purtroppo un numero inaccettabilmente elevato di programmi di trasformazione digitale fallisce o non da i risultati sperati. Ci deve essere un modo diverso di governare il cambiamento… in questo articolo provo a ragionare su un’alternativa, il metodo G.and.A.L.F.:
Governance della trasformazione digitale: il metodo G.and.A.L.F.
Se vuoi approfondire altri temi digitali, visita il blog di yottabronto.net
Stella che sogna… HolyLaLaLand!
“Ho fatto un sogno”, diceva un famoso segugio mio amico.
Anche io ho fatto un sogno: ho sognato che tutta la famiglia andava in un paese lontano, pieno di gatti e senza cani! Quasi un incubo!
Poi, quando mi sono svegliata, ho trovato questo video di 10 minuti fatto da Joy su un viaggio in Israele e Giordania:
Incredibile quante cose hanno fatto mentre io mi schiacciavo un pisolino! Allora è proprio vero che il tempo scorre in modo diverso per i cani e per gli umani!
Stella
PS: mi dicono che se volete leggere il resoconto del viaggio, dovete andare invece su questo post del blog. Un po’ lungo, ma si sa: Giulio quando comincia a scrivere non si ferma più! Ora me ne torno a dormire.
HolyLaLaLand, ovvero un viaggio non convenzionale (fai da te) in Israele, West Bank e Petra
Resoconto del nostro fantastico viaggio in Israele!
I Pinguini del Madagascar e la Telemedicina (parte 3): ripartenza (e fine del viaggio!)
I Pinguini del Madagascar e la Telemedicina (parte 2): arrivo all’Hopitaly Vezo
I primi giorni all’ospedale di Vezo. More pictures here.
La parte 1 del viaggio può essere letta qui.
Leggi tutto “I Pinguini del Madagascar e la Telemedicina (parte 2): arrivo all’Hopitaly Vezo”
I Pinguini del Madagascar e la telemedicina (parte 1): partenza
Arrivo ad Antananarivo, prima tappa del viaggio-missione in Madagascar. More pictures here.
Leggi tutto “I Pinguini del Madagascar e la telemedicina (parte 1): partenza”
Il mio tessoro – ovvero perché ho deciso di sospendere il mio account Facebook (tempo di lettura: 5 minuti)
Una riflessione sui social, ovvero della leggerezza con cui gestiscono i nostri dati e dei motivi che mi hanno convinto a sospendere il mio account Facebook.
5 cose sull’Innovazione che ho imparato da Stella (e da qualche buon libro) – PARTE SECONDA
Qualche riflessione sull’innovazione a partire da Stella (grande maestra anche in questo!) e da alcuni libri credo interessanti (parte 2 – la parte 1 può essere letta qui)
5 cose sull’Innovazione che ho imparato da Stella (e da qualche buon libro) – PARTE PRIMA
Qualche riflessione sull’innovazione a partire da Stella (grande maestra anche in questo!) e da alcuni libri credo interessanti (parte prima)
Il Dossier Odette
La storia di Odette, ovvero delle “idee future che sono già in giro” (Jovanotti)
Lettera ai miei figli sul futuro dell’Intelligenza Umana ai tempi dell’intelligenza artificiale: il modello Start Trek (serie classica e TNG)
Intelligenza umana e intelligenza artificiale: competizione o collaborazione? L’intelligenza artificiale soppianterà le competenze umane o le complementerà? In questa lettera ai miei figli propongo un modello, non nuovo: quello di Star Trek (serie Classica e TNG).
Alice nella classe capovolta: la digital trasformation dove non te la aspetteresti (grazie all’Intelligenza Collettiva)!
Ricomincia l’anno scolastico. Tante speranze, tanti mal di pancia: il rapporto tra genitori e insegnanti è sempre più difficile, i ragazzi vivono ormai con la testa ovunque tranne che in classe, scuola e tecnologie sembrano essere due concetti antitetici. Eppure, come scoprirete leggendo questo brano dei protagonisti di Yottabyte e Brontobyte, anche in (alcune) scuole sta avvenendo una vera e propria rivoluzione digitale. Basta guardare le cose capovolte.
Innovazione (in sanità e non solo): e se dovessimo imparare dalle mamme e da Melinda?
L’innovazione ha molte facce, ma più ne leggo e ne parlo e più penso che stiamo vivendo il paradosso di un’innovazione fossilizzata, vittima di una visione monoculare. “Ma non esiste prospettiva senza due punti di vista”, come canta anche Fedez. Un esperimento sociale sui protagonisti di Yottabyte e Brontobyte mi ha dato alcuni spunti di riflessione per le vacanze, che condivido…
Leggi tutto “Innovazione (in sanità e non solo): e se dovessimo imparare dalle mamme e da Melinda?”
Perché non credo all’Intelligenza Artificiale (riflessioni dal Monte Bianco)
Riflessioni (dal Monte Bianco) sull’intelligenza artificiale, aumentata, collettiva e distribuita, su Gaudì e… consigli per le letture estive!
Leggi tutto “Perché non credo all’Intelligenza Artificiale (riflessioni dal Monte Bianco)”
Linguine al pesto di avocado, gelato dell’albero e… innovazione! (Made in China 2025)
La geografia dell’Hi-tech (ossia delle innovazioni tecnologiche di punta) si sta modificando velocemente. Paesi che fino a qualche anno fa erano leader indiscussi si stanno ripiegando su se stessi, mentre altri stanno lavorando intensamente per conquistare il nuovo primato. Cosa c’entri tutto questo con il pesto di avocato e il gelato dell’albero, lo scoprirete leggendo il resoconto di questa cena dei protagonisti di Yottabyte e Brontobyte…
Leggi tutto “Linguine al pesto di avocado, gelato dell’albero e… innovazione! (Made in China 2025)”