Alice nella classe capovolta: la digital trasformation dove non te la aspetteresti (grazie all’Intelligenza Collettiva)!

Ricomincia l’anno scolastico. Tante speranze, tanti mal di pancia: il rapporto tra genitori e insegnanti è sempre più difficile, i ragazzi vivono ormai con la testa ovunque tranne che in classe, scuola e tecnologie sembrano essere due concetti antitetici. Eppure, come scoprirete leggendo questo brano dei protagonisti di Yottabyte e Brontobyte, anche in (alcune) scuole sta avvenendo una vera e propria rivoluzione digitale. Basta guardare le cose capovolte.

Abbiamo stampato le foto delle vacanze del 2018, che come sempre appenderemo nella bacheca della sala-cucina e le sto sistemando sul tavolo. Le dispongo tutte girate al contrario, con l’alto in basso e il basso in alto. Joy, che è entrata in cucina per fare merenda, mi osserva per un po’ mentre contemplo assorto le foto e poi mi dice: “Non ti preoccupare: guarda che se ti giri dall’altra parte del tavolo il mondo ritorna a posto. Oppure puoi girare le foto, ma non vorrei complicarti la vita.” Mi dà una pacca sulla spalla, come si fa con un prozio un po’ rimbambito, poi torna nella sua stanza.

Da quando sono stato a Praga con Alex, mi è venuta la fissa di guardare le foto capovolte. E ci ho preso gusto, perché ti aprono delle possibilità che normalmente non vedi e ti stimolano delle emozioni inconsuete.

Per esempio, anche se posso sporgermi da una montagna o dal campanile di una chiesa e guardare in basso senza problemi, mi fa sempre venire un senso di vertigine guardare la foto di una chiesa gotica, come la Cattedrale di S. Vito, rovesciata.

Oppure in questa foto, se non penso a nulla, vedo una selva di stalattiti che si staccano da uno strano soffitto erboso, anche se so bene che in realtà sono le lapidi del cimitero ebraico di Praga.

Ma forse dovrei fare un passo indietro e tornare proprio a quel week-end di febbraio a Praga, per spiegare perché ho questa fissa del “sotto-sopra” (premetto che Stranger Things non c’entra nulla).

Siamo arrivati a Praga in un freddo venerdì di febbraio per festeggiare i nostri 25 anni di matrimonio. Dopo tante vacanze insieme (di solito con la tribù, qualche volta da soli), ho imparato che con Alex le sorprese non sono mai finite e quindi ero pronto a tutto. Eravamo preparati anche al freddo glaciale di una perturbazione nordica in arrivo, per cui eravamo imbacuccati come una coppia Lappone pronta per pascolare le renne nella notte polare. Fortunatamente Praga è una città tollerante oltre che bella. Ci sono città che io chiamo in “formato week-end”, perché dopo 2 o 3 giorni puoi passare alla prossima meta (come Dubai), o città infinite come Roma, dove potresti andarci tutti i week-end per un anno e ancora scoprire cose. Praga invece è una città che definirei in “formato variabile”, perché si può visitare in un week-end o in due settimane, tanto è ricca di storia e di stimoli concentrati. Il primo pomeriggio a Praga lo abbiamo speso a passeggiare senza meta e assaporandone l’atmosfera: oltre l’ovvio (ma sempre bello) Ponte Carlo, abbiamo percorso i vicoli della città vecchia (Staré Město) e del Josefov, il quartiere ebraico, con il suo emozionante cimitero a tombe sovrapposte. Sembra vi siano oltre 9 strati, con 12.000 lapidi per 100.000 persone che riposano nel fazzoletto di terra vicino alla sinagoga, perché agli ebrei non era consentito di seppellire in nessun altro posto i loro morti. Una costrizione che prolungava nell’aldilà quello che già subivano nei confini angusti dei ghetti. A un certo punto, tornando verso l’albergo, siamo passati vicino alla Cattedrale di S. Vito e lì mi si è aperto uno squarcio sul mondo della scuola capovolta! La conversazione si è svolta più o meno in questo modo:

– Bellissima S. Vito! Domani mattina ci dedichiamo al castello e visitiamo anche la cattedrale – esordisco io.

– Sì, basta che non mi tieni due ore nelle navate della chiesa come al tuo solito.

– Ma questa è una chiesa importante! Ha più di mille anni di storia. E poi guarda – aggiungo conoscendo l’ammirazione di Alex per la sovrana Asburgica – sai che qui è sepolta una delle figlie di Maria Teresa d’Austria e che lei stessa è stata incoronata in questa cattedrale Regina di Boemia?

– Ti concedo un’ora nella cattedrale, non di più. Maria Teresa mi è sempre stata simpatica. Una donna che ha lottato, a volte con errori, ma sempre cercando di migliorare la condizione delle persone di cui si sentiva responsabile. Sai che è stata una delle prime a sostenere le vaccinazioni, quando anche i medici le osteggiavano? E che ha introdotto nell’impero la scuola dell’obbligo?

– Non so se i nostri figli condividerebbero tutto questo entusiasmo per la scuola dell’obbligo, vista la fatica che abbiamo fatto e stiamo facendo a farli stare in classe tutti i giorni, soprattutto con Pietro!

– Ma è perché le classi andrebbero capovolte!

– Cioè?

– La classe capovolta, non ne hai mai sentito parlare? Noi stiamo proponendo ai nostri ragazzi la stessa scuola che c’era ai tempi di Maria Teresa. Non può funzionare oggi che è cambiato tutto. Va capovolta.

– Questo l’ho capito, ma in pratica che significa?

– Facciamo che ti racconto una storia. La storia di una ragazzina che chiameremo Alice, visto che parliamo di capovolgimenti e di un mondo meraviglioso.

– Ti ascolto.

– Allora, Alice era una studentessa intelligente, ma con qualche difficoltà di concentrazione e un po’ iperattiva. Ogni riferimento ai nostri figli è puramente voluto. Alice ha frequentato per due anni una scuola tradizionale, dove a malapena riusciva ad arrivare alla sufficienza. Le lezioni la annoiavano, erano troppo lente o troppo veloci. I compiti la demotivavano, poi con tutti gli stimoli che il web e i social le davano, onestamente non stava mai più di 15 minuti consecutivi sui libri. La sua scuola utilizzava anche i tablet e i libri digitali, ma evidentemente non bastavano. Anche qui ogni riferimento è voluto. Dopo il biennio delle superiori, i genitori avevano deciso di mandarla a lavorare come apprendista da un parrucchiere. Solo che lei non aveva la stoffa della parrucchiera e sua mamma, un po’ per disperazione, un po’ per fare un ultimo tentativo, un giorno la iscrisse ad una scuola di tipo completamente diverso, che usava il metodo della classe capovolta. La sua vita cambiò.

– Sì, ma ancora non capisco…

– Aspetta, abbi pazienza. Alice il primo giorno era scettica, ma già dopo la prima settimana si sentiva come un pesce che finalmente era stato rimesso in acqua. La mattina in classe non facevano lezione.

– Beh, questo piacerebbe anche ai nostri figli. E magari stavano su internet tutto il tempo…

– Il concetto della classe capovolta è semplice: le lezioni frontali sono abolite. Gli studenti studiano il pomeriggio grazie alle video-lezioni, al materiale didattico fornito dai docenti, a tutto quello che si può trovare su internet. Alice poteva quindi scegliere il ritmo che più le aggradava. Scorreva velocemente le lezioni di matematica, dove era sempre stata molto brava, mentre rivedeva più volte le lezioni di italiano che era la sua bestia nera. Insomma apprendeva al proprio passo.

– E in classe che faceva?

– In classe, insieme al professore che aveva un ruolo di tutor e di facilitatore, approfondiva i contenuti delle lezioni e faceva lavori di gruppo con i compagni per impadronirsi dei contenuti studiati.

– Sì, anche perché Alice da ragazza svogliata e lenta nell’apprendere, divenne una leader capace di trascinare gli altri ragazzi. I suoi voti migliorarono miracolosamente e si appassionò a quello che studiava.

– Ma non è che i voti migliorarono solo perché era cambiato il metro di giudizio?

– Forse, però Alice finite le superiori, di cui aveva seguito il triennio in una classe capovolta, si iscrisse ad ingegneria e si laureò in corso con ottimi voti.

– Te lo stai inventando solo per impressionarmi!

– Scherzi? Non mento mai, lo sai.

– Vero.

– Insomma la classe capovolta non consiste semplicemente nel distribuire dei tablet agli studenti e nell’usare i libri digitali invece che i cartacei, come fanno ormai molte scuole. Non consiste nemmeno nel fare le verifiche su un sito di eLearning o nell’usare strumenti di collaborazione tra insegnanti e studenti. Si tratta di un modello di scuola completamente nuovo, che non c’era fino a qualche anno fa e che sfrutta al massimo le nuove tecnologie e le nuove modalità di apprendimento dei ragazzi. Ci sono già più di 100.000 scuole in 50 paesi che utilizzano il metodo della flipped classroom: credo sarà la scuola del futuro.

Rimasi in silenzio per un po’ mentre camminavamo verso il ristorante dove ci aspettava una cena tipica praghese. Ero stupefatto. Come al solito Alex mi aveva sorpreso. Lei, la più anti-tecnologica della famiglia, mi aveva fatto vedere con una storia quello di cui io parlavo spesso (in modo teorico) ai congressi o durante i seminari: il passaggio dalla digitization alla digitalization alla digital trasformation. L’utilizzo dei tablet e dei libri digitali è un esempio di digitization. Semplicemente abbiamo trasferito contenuti analogici in digitale, senza cambiare i processi. Un passo in più è quando utilizziamo gli strumenti digitali per rivedere e ottimizzare i processi esistenti, come nelle scuole in cui si utilizzano piattaforme di e-Learning e collaboration per facilitare l’apprendimento: in questo caso siamo arrivati alla digitalization. Invece la flipped classroom, facendo leva sull’intelligenza collettiva di internet, crea un modello di scuola e di apprendimento completamente nuovo, che non esisteva prima, ribaltando i paradigmi con cui tutti noi siamo cresciuti: questa è digital trasformation!

Alex mi lasciò metabolizzare per un po’ quello che mi aveva detto, poi riprese:

– Beh, per una volta ti ho lasciato senza parole parlando di tecnologia!

– In realtà hai fatto molto di più che parlare di tecnologia. Mi hai dato un bellissimo esempio di trasformazione digitale, un tema di cui parlo spesso ma che poche volte mi si è presentato davanti così chiaramente. Mi hai mostrato come la tecnologia può cambiare in meglio la vita delle persone. Hai raccontato un esempio bellissimo di come l’intelligenza collettiva, supportata dalle macchine, sia il vero elemento rivoluzionario di questi anni. Mi hai insegnato che guardare le cose “capovolte” ti può aprire la mente.

– A volte penso che voi ingegneri dovreste porvelo come obiettivo personale, quello di guardare almeno una volta al giorno le cose sotto-sopra.

– Forse hai ragione, è una bella ginnastica mentale.

Ormai si era fatto buio ed eravamo arrivati al ristorante dove avevamo prenotato per la cena. Ci sedemmo ad un tavolino con le vetrate che davano sul castello di Praga e cominciammo a sfogliare il menù illustrato. Quando arrivò il cameriere e ci chiese, in un italiano impeccabile, cosa desiderassimo ordinare, lui fu il solo a stupirsi quando girai il menu sottosopra e indicai col dito il piatto con la foto capovolta più interessante!

CITAZIONE (che vorrei dedicare a tutti i ragazzi con disturbi dell’apprendimento per cui la scuola è una sfida quotidiana e ai tanti insegnanti, genitori e tutor che, come Alex, cercano di andare oltre gli schemi):

“Ogni ostacolo, ogni muro di mattoni, è lì per un motivo preciso. Non è lì per escluderci da qualcosa, ma per offrirci la possibilità di dimostrare in che misura ci teniamo. I muri di mattoni sono lì per fermare le persone che non hanno abbastanza voglia di superarlo. Sono lì per fermare gli altri.” (Randy Pausch)

E se non sapete chi è il mitico Randy Pausch (che ha tra le altre cose creato il programma Alice citato nei link sotto):

LIBRI:

“La classe capovolta. Innovare la didattica con la flipped classroom” di Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro

LINK:

FLIPPED CLASSROOM:

ALCUNI STRUMENTI UTILI PER SUPPORTARE LA FLIPPED CLASSROOM (tra le migliaia possibili):