Lettera ai miei figli sul futuro dell’Intelligenza Umana ai tempi dell’intelligenza artificiale: il modello Start Trek (serie classica e TNG)

Intelligenza umana e intelligenza artificiale: competizione o collaborazione? L’intelligenza artificiale soppianterà le competenze umane o le complementerà?  In questa lettera ai miei figli propongo un modello, non nuovo: quello di Star Trek (serie Classica e TNG).

Carissimi Natan, Pietro, Joy,

scusatemi se scelgo un mezzo così desueto come una lettera per comunicarvi un pensiero che mi frulla in testa da qualche settimana, da quando siamo ripartiti con scuole e università. Per mitigare un po’ l’effetto “vintage” della lettera, vi preannuncio che ho intenzione di pubblicarla su un blog, ma anche il blog in effetti per voi è uno strumento sorpassato. Va bene, mi dico, la posterò anche sui social. Purtroppo i social che uso io sono diversi da quelli che usate voi, Facebook ormai è la patria dei 50 enni mentre voi state su Instagram, Snapchat, YouTube e chissà cos’altro: del resto, quale ragazzo vorrebbe ritrovarsi con gli amici in un posto (che sia un social o un caffè poco importa) in cui ci sono anche suo padre, sua madre e sua zia? Non c’è speranza, mi arrendo: vi manderò il link su Whatsapp così che possiate leggerla. O meglio che possiate scorrerla con la tecnica dello skimming, che Natan mi ha spiegato, e che per voi ha ormai sostituito la lettura vera e propria: scorrete i contenuti, cogliete le parole chiave, surfate veloci e passate oltre. Per questo nel resto del testo cercherò di evidenziare alcune frasi in grassetto, così che possiate trovarvi a vostro agio.

Ecco, quando vi immagino navigare sulle tonnellate di informazioni che il web ci rende disponibili, vi penso quasi sempre come dei surfisti, che sfruttano l’onda e si spostano veloci su vaste superfici. Non è una critica: mi rendo conto che l’approccio di molti (incluso me) della mia generazione, tipo prendo un testo specializzato o un saggio di 400 pagine e lo leggo tutto per andare a fondo nell’argomento, ti porta spesso a inabissarti perdendo di vista l’orizzonte sconfinato di possibilità e di informazioni disponibili. Ma forse il vostro surfare continuo non contiene anch’esso il rischio di non andare mai in profondità? La capacità di stare sui libri ha ancora un senso oggi, quando si parla sempre più di classi capovolte e di modelli di apprendimento alternativi? E quali sono le  caratteristiche dell’intelligenza che vanno sviluppate per affrontare il futuro, in cui molti di voi faranno lavori che oggi ancora non esistono? E quali competenze dovrà avere l’uomo per collaborare (o competere?) con l’intelligenza artificiale che, ormai è assodato, soppianterà moltissime professioni? Ma poi mi fermo e mi chiedo: è possibile che voi non ci pensiate, che queste siano preoccupazioni solo mie?

Poi è arrivato, come un faro che si accende all’improvviso, quel lungo whatsapp vocale di Natan da Barcellona, dove sta facendo l’Erasmus del quarto anno di Giurisprudenza, che può essere riassunto più o meno così: “Pa’, mi sto documentando sull’intelligenza artificiale a supporto del lavoro degli studi legali e degli avvocati. Ma c’è qualcosa disponibile che posso utilizzare per cominciare a fare degli esperimenti? Vorrei capire cosa possono realmente fare questi strumenti. Io mi trovo spesso a consultare banche dati infinite di documenti, ma secondo te questo non è gestibile da un software di intelligenza artificiale a cui dar da mangiare questi dati? Sto pensando a una sorta di ricerca intelligente, che mi permetta di concentrarmi su altri aspetti, quelli magari non gestibili dai computer…”

Allora mi sono tornati in mente alcuni brandelli di conversazioni degli ultimi mesi. Pietro si è appena diplomato come geometra e sta decidendo se fare Ingegneria Edile, Architettura o un corso ITS sulla progettazione di case ad alta efficienza energetica. Me lo vedo come in un flashback di qualche giorno fa. Mentre smontiamo e rimontiamo lo sciacquone del bagno che non funziona (ma non vogliamo arrenderci a chiamare l’idraulico, cosa che pagheremo cara lo so!) mi dice: “Ma lo sai, tu che sei fissato con queste cose, che Autocad sta inserendo programmi di intelligenza artificiale nei suoi software? Lo chiamano design generativo: tu dai in pasto al programma uno schema generale e una serie di vincoli e lui ti propone decine di progetti diversi che ottimizzano la soluzione rispetto alle condizioni poste. Puoi spingere più sul risparmio energetico o sulla vivibilità degli spazi, sull’economicità della costruzione o delle manutenzioni. In pochi minuti il programma genera 10, 20. 30 o più progetti da poter discutere con i colleghi e i clienti. Secondo me questo cambia totalmente il modo di lavorare degli architetti e degli ingegneri. Mi sembra così strano se penso agli studi di architettura in cui ho fatto gli stage. Forse tra qualche anno gli architetti non esisteranno più così come li conosciamo.”

E ancora Joy. Ha appena iniziato una scuola alberghiera e ne è entusiasta. Grande appassionata di informatica e di social, oltre che di cucina, passa tutto il tempo libero a vedere video su YouTube sul tema. Ricordo una domenica mattina di qualche settimana fa quando, mentre cucinavamo i pancake, mi disse: “Oh, ho visto un programma sull’intelligenza artificiale in cucina: c’era un robot che prepara gli hamburger, un’app per indovinare gli ingredienti di un piatto da una foto e una cucina iper intelligente e iper connessa! Ormai anche per fare i cuochi bisogna essere degli esperti di informatica!”

Bang! Mi sono illuminato: voi ci state pensando eccome! Nel vostro turbinio di social, viaggi per il mondo, vacanze, videogiochi e serie Netflix, state ragionando in modo più o meno consapevole sul vostro futuro, sull’interazione tra Intelligenza Umana e intelligenza artificiale e su quali competenze vi saranno richieste!

Ecco, io su questo (come su molti altri temi) non ho risposte. Posso solo dirvi che è un problema gigantesco. Però mia zia Esterina, mia vera e indiscussa maestra di problem solving e di project management, mi ha insegnato tre regole semplici che cerco di applicare costantemente:

  1. Se non c’è una soluzione, non è un problema (ovvero: focalizzati su temi affrontabili, non perdere tempo con sfide impossibili o cercando di negare la realtà e il contesto in cui ti trovi).
  2. Di fronte ad un problema troppo complesso, c’è sempre il modo di suddividerlo in sotto-problemi più semplici che siano affrontabili.
  3. Se c’è un problema, quasi certamente qualcun altro ha già trovato una soluzione o ha fatto degli errori che tu puoi evitare. Chiedi alle comari o guarda su Internet (questo l’ho aggiunto io: mia zia Ester, per quanto possa sembrare strano, è vissuta e mi ha cresciuto in un’era in cui Internet non esisteva) e trova sia esempi positivi che errori da evitare.

Così ho provato ad applicare le tre regole anche al problema del nostro rapporto tra Intelligenza Umana e intelligenza artificiale e di quali competenze ci verranno chieste nei prossimi anni.

Innanzitutto dico (a me stesso e alle persone della mia generazione più che a voi, perché voi non ne siete di certo spaventati) che non ha senso preoccuparsi dell’avanzata delle nuove tecnologie e dell’intelligenza della macchine: non è un problema, è un dato di fatto. Non possiamo impedirlo, inutile preoccuparsene, anche perché l’uomo e la tecnologia sono da sempre inscindibili. Lo dice anche un filosofo dell’MIT che ho conosciuto, Cosimo Accoto: “Dobbiamo riconoscere che la tecnologia è il modo naturale dell’umanità di essere al mondo. L’uomo è sempre stato tecnologico, l’umano emerge ed evolve con la tecnicità e le tecnologie che crea e mette in opera. Non c’è modo, in ultima analisi, di distinguere la tecnologia dalla cultura e la tecnologia dall’umano.”

Ora proviamo a suddividere il problema in problemi più piccoli. Ovviamente non voglio annoiarvi con un trattato sull’intelligenza o con una mappatura delle competenze del futuro, però credo di poter identificare alcune caratteristiche dell’umano da cui partire. L’idea mi è venuta osservandovi. Sì, perché ognuno di voi ha delle caratteristiche diversissime, alcune prese da me e da Alex, altre totalmente inaspettate: e questo è il bello dell’essere genitori.

Natan ad esempio ha la capacità di intuire in modo sintetico i collegamenti tra situazioni e dati diversi. Pietro, oltre ad essere un artista del pensiero laterale e creativo come ben sanno i suoi insegnanti, ha un’intelligenza pratica, del fare e del risolvere i problemi. Joy ha l’intelligenza emotiva e la capacità di leggere la realtà con equilibrio e saggezza. Ovviamente sto semplificando, nessuno può essere descritto da una riga e ci sono molti altri aspetti delle vostre personalità, ma non vado troppo lontano dal vero attribuendovi quelle caratteristiche.

E l’intelligenza delle macchine di che tipo è? Certamente possiamo dire che ha due punti di forza: la capacità di memorizzare quantità di informazioni inimmaginabili per noi umani e la capacità di elaborare, fare calcoli, cercare correlazioni a partire dai dati a disposizione. In questo è imbattibile, su questo terreno non possiamo competere.

Ma dobbiamo competere? Non nel senso comune di sfidarsi, entrare in competizione. Sì nel senso etimologico, ossia quello di “cercare insieme di raggiungere uno scopo”. Anche qui non bisogna inventarsi nulla. Sapete che ho vagato a lungo tra testi di filosofia e film di fantascienza, tra i cultori del transumanesimo e neo-luddisti che hanno dichiarato guerra alla tecnologia e all’intelligenza artificiale in particolare. Molti hanno cercato di superare il concetto di intelligenza artificiale. Qualcuno parla di Intelligenza Estesa, altri di Intelligenza Aumentata. Altri ipotizzano un futuro con ibridi uomo-macchine per lo meno inquietanti. Ma anche qui basta guardarsi intorno per trovare un modello diverso. La millenaria saggezza umana ci ha dato, insieme ad una tonnellata di film distopici con super intelligenze artificiali che annientano o soggiogano il mondo, anche il modello di Star Trek. In particolare mi riferisco alle due serie iniziali, quella Classica e TNG (The Next Generation). Kirk e Picard, due giganti, capaci di intuire velocemente una via d’uscita in situazioni disperate e prendere decisioni efficaci. Ma due giganti perché inseriti in un team. C’era Scotty, l’ingegnere tuttofare, con la sua intelligenza pratica. E c’era (in TNG) Deanna, la consigliera metà betazoide e metà umana, che con le sue capacità empatiche e la sua saggezza era il consigliere perfetto dell’uomo d’azione Picard. E l’intelligenza artificiale? Qui si assiste ad una evoluzione importante. Mentre nella serie classica il vulcaniano Spock ha alcune caratteristiche dell’intelligenza macchinica (ragionamento logico estremo, memoria prodigiosa, assenza apparente di emozioni), in TNG l’intelligenza artificiale entra a far parte a pieno titolo del team con l’androide Data che assume il ruolo di Ufficiale Scientifico che fu di Spock.

Dite che è la mia solita fissa per Star Trek che mi fa straparlare? Lo pensavo anche io, fino a che non mi sono imbattuto in un bellissimo articolo[1] di un altro studioso che conosco bene, Federico Cabitza, Professore alla Bicocca.  Federico spiega, ovviamente in modo molto più documentato di quanto abbia fatto io, il concetto di AI adjunction. Secondo questa teoria, l’intelligenza artificiale non serve né ad aumentare (non ne abbiamo bisogno) né a sostituire l’intelligenza umana. L’AI è e sarà semplicemente uno dei membri dei team misti uomini-macchine che saranno sempre più frequenti. L’AI è e sarà semplicemente uno dei membri dei team misti uomini-macchine che saranno sempre più frequenti, che però va governata dagli umani. Infatti, anche se nelle avventure di Picard e della sua squadra Data dava un contributo spesso fondamentale ad affrontare i problemi, nessuno si sarebbe mai sognato di dare a Data il comando di una missione o di un’astronave. Federico arriva a parlare di AI come di un Idiot Savant, capace di macinare dati senza mai stancarsi, di identificare pattern, di analizzare informazioni e testi… ma nulla di più. Uno degli autori citato da Federico dice, riferendosi ad un contesto a me caro: “Ultimately, machine learning in medicine will be a team sport, like medicine itself”[2].

Tutto facile? Non proprio. Ci sono due abilitatori fondamentali per poter governare l’AI ed evitare esiti catastrofici. Del primo vi ho già parlato, ossia lavorare in team integrando le competenze, umane e macchiniche. Il secondo (che in realtà forse è il primo) è formare delle persone che sviluppino in modo particolare, oltre alla capacità di lavorare in team, le caratteristiche della nostra intelligenza che sono quelle che mancano alle macchine. Sono le caratteristiche di Picard/Kirk, di Scotty, di Deanna, per esempio.

Purtroppo nel contesto attuale ci sono anche dei “disabilitatori”, ossia degli ostacoli a questo percorso. Ad esempio la scuola attuale purtroppo punta il più delle volte ad altre competenze e abilità che sono sovrapposte a quelle che le macchine automatizzeranno tra poco. Però ci sono delle piccole avanguardie, che forse non si rendono neanche conto di essere tali, che già ora stanno lavorando sulle competenze del futuro. Sono gli educatori (insegnanti, tutor, genitori) che stanno inventando nuovi modelli di scuola, come la classe capovolta. In generale i più innovatori e vivaci sono a mio parere gli educatori che lavorano con i ragazzi che hanno disturbi dell’apprendimento, perché devono necessariamente lavorare su capacità diverse da quelle tradizionali. Sì, credo che il lavoro di vostra madre Alex e delle persone come lei stia cambiando il mondo, ma non glielo dite, altrimenti si monta la testa.

Inoltre la retorica dell’uomo comune che, con un po’ di buonsenso ed onestà, può affrontare i problemi più complessi senza bisogno di esperienza o di competenze è una favola che presto diventerà un incubo. Purtroppo di fronte ai problemi complessi la gente si spaventa, e allora nascono quelli che Paul Watzlawick chiamava i semplificatori terribili. E si cade nel mefistofelico effetto Dumping Kruger, ossia il paradosso per cui la fiducia nella propria capacità di saper far fronte ai problemi è inversamente proporzionale alle proprie reali competenze:

Allora io non posso che augurarvi di non essere superficiali mai in nulla, ma di coltivare le vostre intelligenze e le vostre competenze, in particolare quelle che le macchine non sostituiranno mai. E attenzione che non parlo solo di studio, università e diplomi. Sono importanti ovviamente i percorsi di studio tradizionali, ma dovete guardare anche oltre. Dopo due giorni passati a raccogliere mele in Trentino con i nostri amici Conta, posso garantirvi che c’è una saggezza e una competenza in tutti i mestieri. Il nonno dei Conta che ci spiegava come raccogliere le mele e come vanno trattati gli alberi, è stato un bell’esempio di saggezza oltre che di competenza di una persona che non è andato oltre le scuole elementari.

Allora vi auguro di non avere mai paura di interrogarvi, non temete di disimparare e imparare sempre cose nuove, di lavorare e incontrare i diversi, sia umani che non umani. Ibridare sarà la parola d’ordine del futuro, qualunque cosa dicano le correnti di pensiero che oggi vanno tanto di moda e che vorrebbero farci credere che le persone diverse dovrebbero vivere separate. Io penso che dovremo sempre più ibridarci in team misti di uomini, donne (possibilmente di culture e tradizioni diverse) e di macchine se vogliamo affrontare le sfide enormi che abbiamo davanti.

Ma soprattutto non smettete mai di alimentare la vostra curiosità. Io in definitiva è questo che faccio da una vita: alimento la mia curiosità e non finisco mai di stupirmi, anche se a volte si resta sgomenti di fronte alle sfide che abbiamo davanti. Però come don Gnocchi dico che, se avessi potuto scegliere in che secolo nascere, avrei certo scelto questo. Perché c’è una pienezza di opportunità in questo nostro tempo a cavallo tra passato e futuro come, meglio di me, ha espresso un grande filosofo quando disse “Ieri, quando era domani, era un giorno troppo giorno per me!”[3]

 

ALCUNI LINK INTERESSANTI:

https://www.ai4business.it/intelligenza-artificiale/generative-design/

http://www.gliaudacidellamemoria.com/skimming/

https://www.linkedin.com/pulse/debunking-ai-augmentation-myth-federico-cabitza/

https://www.youtube.com/watch?v=KJVOfqunm5E

https://tecnologia.libero.it/pic2recipe-lintelligenza-artificiale-che-indovina-ricette-dalle-foto-13897

https://catalyst.nejm.org/limits-human-mind-future-medicine-machine-learning/

 

LIBRI:

  • “Macchine per pensare” di F. Varanini – Ed. Guerini ed Associati
  • “Il mondo dato” di C. Accoto – Egea
  • “La classe capovolta. Innovare la didattica con la flipped classroom” di Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro
  • “Big Mind” – G. Mulgan (Ed. Codice)
  • “La fine del lavoro” – J. Rifkin (Ed. Mondadori)
  • “La società a costo marginale zero” – J. Rifkin (Ed. Mondadori)

[1] https://www.linkedin.com/pulse/debunking-ai-augmentation-myth-federico-cabitza/

[2] Ziad Obermeyer, MD Harvard Medical School

[3] Winnie Pooh in “Ritorno al bosco dei 100 acri”