L’innovazione ha molte facce, ma più ne leggo e ne parlo e più penso che stiamo vivendo il paradosso di un’innovazione fossilizzata, vittima di una visione monoculare. “Ma non esiste prospettiva senza due punti di vista”, come canta anche Fedez. Un esperimento sociale sui protagonisti di Yottabyte e Brontobyte mi ha dato alcuni spunti di riflessione per le vacanze, che condivido…
Tutto è partito da un esperimento sociale: un sondaggio via Whatsapp sul gruppo di famiglia. La domanda era: “Ho deciso di coinvolgervi in un esperimento tecno-sociale. Vi chiedo di segnalarmi quali sono secondo voi le innovazioni più dirompenti e utili in sanità. Tutti possono rispondere, via Whatsapp, di persona o mandandomi una mail!”
Ho scelto la sanità un po’ perché è il mio campo di interesse, ma un po’ anche perché è un tema che in un modo o nell’altro è importante per tutti e tocca tutti. Devo dire che i feedback non sono mancati. Hanno risposto quasi tutti tranne nonna Rosetta, che si è rifiutata di affrontare il tema perché a lei la sanità non interessa dato che non mette piede in un ospedale da tempo immemore, e Natan, impegnato nella salita al Peak Lenin in Kirghizistan e quindi raggiungibile solo sporadicamente via telefono satellitare.
Ora siamo al lago di Tovel e, visto che ci siamo quasi tutti, è il momento perfetto per concludere l’esperimento partito su Whatsapp con un sano dibattito famigliare, uno di quelli che di solito vedono formarsi due schieramenti contrapposti e agguerriti che a volte vanno separati con la forza prima che succeda il peggio. Non so se sarà così anche in questo caso, magari la scamperemo perché il contesto è davvero paradisiaco. Il lago di Tovel lo abbiamo frequentato in inverno, quando è ghiacciato e si può pattinare (fantastico!), ci siamo stati in primavera e in autunno, quando c’è poca gente e i colori sono più belli, e spesso veniamo anche d’estate per un bagno rinfrescante. Non siamo soli, perché ci sono molti escursionisti che approfittano della bella giornata per un tuffo, e con noi ci sono anche i Conta, una famiglia di nostri amici della Val di Non.
Dopo la nuotata ci sediamo per mangiare panini e i tanti frutti dell’orto dei nostri amici valligiani. Placato il primo stimolo della fame, esordisco con l’attacco che mi ero preparato:
“Allora, ho raccolto le vostre risposte all’esperimento che abbiamo fatto con il sondaggio sull’innovazione in sanità. Sono uscite cose interessanti. Volete sentirle?”
“Dai, concludiamo questo esperimento così poi possiamo riprendere a vivere la nostra vita. Non vi preoccupate, ogni tanto ci fa domande strane a cui bisogna rispondere altrimenti te le richiede all’infinito, ma ce la caveremo in fretta”, risponde Joy guardando i figli dei Conta, che ci guardano tra l’incuriosito e il perplesso. Fingo di non cogliere l’ironia e proseguo:
“Ci sono diverse proposte, più una fuori classifica.”
“Partiamo dalla fuori classifica”, dice Alex, “che per me è the best!”.
“Sì, forse dipende dai punti di vista. Comunque la proposta fuori classifica è la prima idea di Joy, ossia quella di mettere in ogni ospedale un negozio della Lindt con distribuzione di cioccolatini direttamente ai reparti. Joy sostiene che questo impatterebbe positivamente sull’umore dei pazienti e dei famigliari.”
Molti dei presenti, e anche qualche passante che aveva colto un brandello di conversazione, annuiscono convinti. Finalmente un’innovazione utile e che si capisce!
“Bene, abbiamo smarcato il lato dolce dell’innovazione. Ora parliamo delle altre proposte ricevute partendo da quelli che non sono qui oggi. Sam e la sua fidanzata Ale hanno votato nell’ordine: tecniche di manipolazione genetica in particolare per il trapianto di ricordi, ecodoppler di nuova generazione in grado di fornire immagini tridimensionali del cuore e Smart contact lenses, ossia lenti a contatto in grado di misurare la glicemia e altri parametri biologici. La mamma e la sorella di Sam votano i robot chirurgici che consentono ai chirurghi di operare da remoto, stampa 3d degli organi o di parti del corpo e robot per la logistica ospedaliera, come i carrellini automatizzati degli ospedali di nuova progettazione.”
“E le idee mie e di Pietro?”, chiede Joy.
“Ci arrivo. Allora, Pietro propone l’utilizzo dei social network per gestire le relazioni con i pazienti e strumenti di navigazione per i pazienti nelle strutture, tipo Google Maps ma con le mappe degli ospedali. Tecnicamente si chiamano applicazioni di Indoor Navigation, ma non siete tenuti a saperlo. Joy invece, oltre all’ideona del cioccolato per tutti, segnala che ci sono diverse innovazioni importanti, dai nuovi farmaci a nuove macchine per fare diagnosi, dagli strumenti per facilitare l’accesso ai servizi ai pazienti alle stampanti 3d per produrre tutori su misura, ma il punto secondo lei è che bisognerebbe prima capire i problemi e chiedere ai pazienti di cosa hanno bisogno. Direi quindi che nei messaggi whatsapp avete toccato la maggior parte dei temi di innovazione in sanità. Aggiungerei forse l’intelligenza artificiale (o meglio aumentata), che Alex mi ha citato a voce come importante per aiutare i medici a fare diagnosi più accurate, e la realtà virtuale e aumentata per la formazione dei medici di cui Joy e Pietro mi parlavano qualche giorno fa. Non mi avete parlato di blockchain e di big data, ma è comprensibile, perché sono temi ancora un po’ tecnici.”
A questo punto mi preparo, con la mia inseparabile agendina nera, a stilare una classifica mettendo in ordine di importanza le innovazioni da far votare ai partecipanti, quando interviene Alex:
“Bene, super tecnologici esperti di innovazione, forse non vi siete accorti che avete totalmente ignorato i messaggi più importanti, quelli iniziali miei e della zia Titti.”
“In realtà non ho ignorato i messaggi, ho filtrato quelli che erano non pertinenti rispetto al tema dell’innovazione. La disponibilità dei dati sanitari in formato digitale e i servizi di prenotazione on line sono temi che esistono già, non sono più innovazione da un pezzo.”
“Bene. Allora secondo te io posso prenotare in tutti gli ospedali come prenoto un albergo o un aereo? Oppure mi ritrovo con servizi di prenotazione on-line che funzionano male o che sono finti, perché ti chiedono di lasciare i tuoi dati per essere richiamato poi? Ti sembra un vero servizio di prenotazione on-line? Te lo ha detto anche Joy, bisognerebbe ascoltare i bisogni dei pazienti e partire dai problemi. E vogliamo parlare della disponibilità dei documenti in formato digitale? lo so bene che ci sono tanti progetti, da quelli di singole strutture al Fascicolo Sanitario Elettronico, mica vivo sulla luna, ma ti sembra che nella quotidianità io, che frequento gli ospedali soprattutto per i ragazzi, ho veramente la disponibilità dei dati in formato digitale? Ma quando mai? Forse in Trentino!”
“Sì, in Trentino siamo messi abbastanza bene”, si inserisce Cri, la madre dei Conta, “abbiamo sia la prenotazione che il fascicolo elettronico e funzionano. Però appena esci dalla provincia in effetti la situazione è un po’ diversa e a noi capita spesso di andare a Bolzano o in altre regioni. Io come mamma sono d’accordo con Patrizia: ho seguito solo in parte le innovazioni di cui mi parlavate che mi sembrano molto interessanti, però se dovessi scegliere direi che la prima cosa è poter accedere ai servizi e condividere le informazioni. Non è innovazione anche questa?”
Alex e Cri si danno manforte e stanno costruendo, insieme a mia sorella Titti che via WhatsApp aveva anche lei sottolineato gli stessi temi, un “fronte delle mamme”. La discussione si polarizza in fretta tra il fronte delle innovazioni del futuro e il fronte delle innovazioni del quotidiano. Stranamente al fronte delle mamme si aggiunge Pietro, che riprende un tema che mi aveva posto in una chiacchierata di qualche giorno fa, ossia servizi di ospitalità e intrattenimento, come il Wi-Fi gratuito e le consolle di gaming per tutti i reparti in cui erano ricoverati bambini e adolescenti. Anche questa richiesta era stata da me scartata come non innovazione, ma vale quello che Alex diceva: alcune strutture offrono questi servizi, ma la diffusione è a macchia di leopardo.
“E non dimenticare i servizi di video visita e di assistenza a distanza che ti segnalava tua sorella Titti”, aggiunge Alex ormai infervorata. “Lo so, niente di fantascientifico, ma continuiamo a spostare i malati negli ospedali quando nei paesi del nord Europa svuotano gli ospedali per curare veramente la gente a casa. Lo dico anche io: non è innovazione anche questa? E innovazione che ci migliora la vita!”
La discussione continua per un po’, fino a che qualcuno non propone di fare un altro bagno nel lago, il che raffredda notevolmente gli animi.
Rimaniamo sulla spiaggia io, Max (il marito di Cri e padre dei Conta, nonché grande coltivatore di mele) e Stella, che mi guarda pensierosa. Ha osservato attentamente questo strano contendere nella sua famiglia di umani. Rifletto su ciò che Alex e Cri hanno detto: «non è innovazione anche questa? E innovazione che ci migliora la vita!»
Poi Max, taciturno ma concreto e acuto come ogni contadino, inaspettatamente dice: “Sembra di essere tornato ai primi tempi del consorzio Melinda.”
Un po’ sorpreso e un po’ stupito, faticando a vedere un nesso tra le mele e l’innovazione in sanità, chiedo: “In che senso?”
“Beh, anche nei primi tempi del consorzio, quando si doveva decidere come usare i fondi che la cooperativa aveva raccolto, si è discusso un po’. C’erano tante possibilità. Una era quella di creare una mela completamente nuova, come hanno fatto i giapponesi con la Fuji. Io e altri abbiamo però preferito spingere sulle infrastrutture, sulla comunicazione ai clienti, sulla qualità del prodotto e sul network. Ed è stato l’approccio vincente. Non abbiamo inventato un nuovo tipo di mela, abbiamo fatto dell’innovazione secondo me più concreta e forse più utile. E adesso vado a farmi il bagno anche io”, conclude Max, che ha detto più parole in questi 5 minuti che nel resto della settimana.
Guardo Stella, seduta all’ombra vicino all’acqua: i suoi occhi mi comunicano inequivocabilmente che è d’accordo con Max ed è entrata a far parte del fronte delle mamme. Riflettendoci, non posso darle torto. Forse ci siamo focalizzati troppo spesso su innovazioni tecnologicamente dirompenti e magari avveniristiche o innovazioni di prodotto, dimenticando di domandarci cosa serve ai pazienti. E le mamme (almeno quelle del nostro clan familiare) per loro natura sono molto più sensibili a ciò che serve e dà valore rispetto alle innovazioni iper tecnologiche, perché sono loro che hanno più spesso contatto con le strutture ospedaliere magari per i figli o i parenti. Mi torna in mente un bel libro di Larry Keeley sui 10 tipi di innovazione: l’innovazione di prodotto è solo uno dei tipi possibili, mentre Keeley dedica molto spazio a quella che chiama innovazione di esperienza, in cui rientrano i temi posti da Alex, Cri, Titti, ma anche da Pietro. Qualche altro autore parla di innovazione di valore. In sanità vediamo spesso innovazioni che partono dai tecnici, e di solito sono un disastro. In altri casi le innovazioni nascono da team misti di tecnici, medici e gestionali: meglio. Ho visto pochissimi casi di innovazione che ha coinvolto anche i pazienti e i famigliari. È la visione binoculare che ci manca, credo non solo in sanità ma anche in molte aziende di prodotti e di servizi e nella pubblica amministrazione. Quante volte vi è capitato di acquistare un oggetto o usufruire di un servizio con mille gadget inutili, ma carente in quello che veramente vi serviva? Se avessimo questa visione stereoscopica, forse vedremmo meglio in prospettiva che i fondi per l’innovazione e la trasformazione digitale andrebbero meglio bilanciati tra nuovi prodotti (nuovi farmaci, nuovi macchinari diagnostici, nuovi servizi digitali) e l’innovazione dell’esperienza del paziente. Quindi non solo dovremmo investire nella ricerca farmaceutica sul cancro o in nuovi macchinari diagnostici, chi potrebbe negarne l’importanza, ma dovremmo bilanciare con investimenti consistenti nell’innovazione che permette di gestire al meglio l’accesso ai servizi e la cronicità, perché ormai quasi tutte le patologie si cronicizzano.
Lo so non ho “inventato” nulla di nuovo, si è parlato e si parla tanto di co-design dei servizi, di empowerment del paziente e di sanità centrata sul paziente. Ogni congresso sull’e-Health o sulla digital health a cui ho partecipato negli ultimi anni aveva almeno una sessione dedicata alla “patient centric healthcare”. Le realizzazioni pratiche sono state ad essere ottimisti a macchia di leopardo. E in pochi casi ho visto innovazione vera “di sistema” (vi rimando ai link in fondo all’articolo ai libri di Porter e di Christensen per approfondire), mentre spesso ho visto il singolo prodotto o servizio innovativo inserito in un sistema obsoleto, centrato su tutto tranne che sul paziente. Io credo che ogni volta che si parla di sanità centrata sul paziente a sproposito o in modo strumentale, una fatina dei pazienti muoia. Finora è stata una strage. Speriamo di invertire la tendenza e di salvare le ultime fatine, magari ascoltando chi vive i servizi ed ha senso pratico, come le mamme!
CITAZIONE:
“Innovations in health care, including how care is organized and delivered, are the only way, over the long term, to achieve better care for more people at lower cost” (M. Porter)
LINK e LIBRI CONSIGLIATI
Sui tipi di innovazione: “Ten Types of Innovation: The Discipline of Building Breakthroughs” – L. Keeley – Ed. John Wiley & Sons. Si veda anche: http://idiecitipidiinnovazione.it/
Sull’innovazione di valore: “Strategia oceano blu: Vincere senza competere” – Renée Mauborgne, W. Chan Kim – Ed. Harvard Business Review
Sulla necessità di riequilibrare gli investimenti in sanità: https://www.nesta.org.uk/report/biomedical-bubble/
Sulla storia di Melinda: http://www.melinda.it/sostenibilita/le-nostre-radici.html. Le riflessioni sulle priorità di investimento di Melinda sono ovviamente una mia estrapolazione narrativa, supportata però dalla storia del consorzio.
Sulla sanità da ripensare:
“Redefining Health Care” – M. E. Porter, E. O. Teisberg – Harvard Business School Press
“The Innovator’s Prescription: A Disruptive Solution for Health Care” – C. M. Christensen, J. H. Grossman, J. Hwang – Ed. McGraw-Hill Education
PS: Sotto vedete Natan a 6600 metri in Pamir. Non hanno potuto salire sul Peak Lenin per vento a 70Km all’ora e brutto tempo, ma lui e l’amico sono comunque entusiasti dell’avventura! E io con loro!