Perché non credo all’Intelligenza Artificiale (riflessioni dal Monte Bianco)

Riflessioni (dal Monte Bianco) sull’intelligenza artificiale, aumentata, collettiva e distribuita, su Gaudì e… consigli per le letture estive!

Da due anni pianifico questa salita e sono tre mesi che mi alleno. Tre mesi in cui ho salito 8200 metri e ora sono qui, con Natan e con la nostra guida Andrea, sotto il Monte Bianco. Andrea è arrivato terzo tra le guide che ci hanno proposto, ma era predestinato ad accompagnarci. Infatti la prima guida che ci hanno assegnato era Paolo. Poi nel week-end che abbiamo scelto per la salita era all’estero (si sa, Paolo è sempre stato un gran viaggiatore) e ci hanno dirottato su Pietro. Infine, anche Pietro è stato impossibilitato (forse i tanti impegni del ruolo…) e allora è toccato ad Andrea. Fortunatamente non ci sono stati altri intoppi, altrimenti sono sicuro che l’agenzia delle guide aveva già pronti Giacomo, Giovanni, Matteo, Giuda… (anche se quest’ultimo potendo lo avrei evitato, soprattutto in montagna).

Partiamo dal parcheggio in fondo alla val Veny poco dopo le 10 e saliamo la bella valle del Miage. La salita è dolce, quindi con Natan cominciamo subito a chiacchierare, un po’ di montagna e un po’ di tecnologia.

Natan, al terzo anno di Giurisprudenza, sta preparando alcuni esami per le prossime sessioni. Non ha comunicato molto di più di questo a me e ad Alex, perché dice che per scaramanzia ci aggiorna dopo aver fatto gli esami. Quindi esordisco, tentando di carpire qualche informazione, con un cauto: “Come va la preparazione degli esami?”

“Va avanti, ma quanta fatica sprecata!”

“Mah, sprecata forse non direi…”

“Sprecata, sprecata. Ti rendi conto che ci stanno facendo memorizzare tomi e tomi di leggi e di normative, quando tra pochi anni tutto questo sarà inutile?”

“Inutile?”, chiedo con lo scetticismo che ogni padre può avere di fronte ad una affermazione di questo tipo.

“Credo che fra 5 anni gli algoritmi di machine learning e la capacità delle macchine di interpretare il linguaggio naturale saranno finalmente ad un livello tale per cui non sarà più una competenza distintiva per gli avvocati conoscere a memoria le leggi, così come da quando hanno inventato le calcolatrici tascabili non è una competenza distintiva per gli ingegneri o i matematici fare i calcoli a mente velocemente.”

“Concordo. Ho letto alcuni articoli su alcuni studi legali americani che stanno iniziando ad utilizzare algoritmi di machine learning per analizzare la mole di documenti che ogni causa od ogni contratto si porta dietro. Sono state create anche alcune start-up specializzate in AI per il campo legale. In realtà è già dal tempo dei sistemi esperti degli anni ’80 che il mondo legale è nel mirino dell’intelligenza artificiale. Con alti e bassi.”

“Sì, ma ora con qualche differenza rispetto ai tuoi tempi. Innanzitutto la capacità di analisi dei testi ha raggiunto livelli finalmente interessanti e poi i contenuti sono ormai sempre più digitalizzati, non nasce più nulla in formato analogico. I dati digitali su cui addestrare e far lavorare i sistemi di intelligenza artificiale sono abbondanti come non mai!”0

Rifletto un attimo (in realtà prendo fiato, prima del rifugio Gonella la salita si fa più intensa), poi in una pausa dico tutto d’un fiato: “Sta avvenendo qualcosa del genere anche nell’ambito sanitario.  L’intelligenza artificiale è entrata in modo dirompente in tutti gli ambiti: dall’analisi delle immagini radiologiche al confronto tra i dati della storia del paziente e la sterminata letteratura scientifica per arrivare ad una diagnosi, dal supporto agli anatomo-patologi a sistemi di predizione della diffusione delle infezioni ospedaliere. I medici ne sono a seconda dei casi (direi anche dell’età o forse, e soprattutto, della predisposizione culturale) travolti, entusiasti, terrorizzati.”

“Perché terrorizzati?”, si inserisce Andrea, che dalla nostra discussione è un po’ distante, ma come tutti i ragazzi di 30 anni è naturalmente curioso.

“Alcuni sono terrorizzati perché temono che l’Intelligenza Artificiale li soppianterà o snaturerà la loro professione. C’è l’eterno dilemma delle due visioni rispetto all’evoluzione della tecnologia. La visione che vede nella tecnologia e nell’AI in particolare un’alternativa all’uomo, che ci sostituirà con esiti il più delle volte catastrofici, almeno a giudicare da quanto viene rappresentato nei libri e nei film. Poi c’è l’altra visione, quella di Vannevar Bush e di altri come lui che pensano che la tecnologia non soppianterà i medici (o i legali, è lo stesso), li «aumenterà»: diventeranno dei medici aumentati, con la possibilità di fare diagnosi più accurate in meno tempo, di seguire più pazienti, insomma di estendere le loro possibilità.”

“Possiamo scegliere in quale film di fantascienza finiremo?”, chiede Natan.

“In realtà accadrà forse in un mix delle due possibilità perché la vita è sempre più ricca delle nostre teorie. Tutte e due le visioni hanno senso, sia quella che vede nel futuro una perdita di posti di lavoro perché la tecnologia soppianterà l’uomo, che quella che prevede un potenziamento delle nostre facoltà cognitive tramite l’AI. Mi sono letto tre libri interessanti recentemente: due sono di Rifkin («La fine del lavoro» e «La società a costo marginale zero») e il terzo è «Big Mind» di Geoff Mulgan. Ti fanno vedere lo stesso fenomeno da diverse prospettive. Con l’automazione di alcuni compiti cognitivi, certamente molte professionalità verranno meno. Questo sta già accadendo. Pensa ai benzinai, agli impiegati di banca, ai centralinisti. Nel prossimo futuro probabilmente spariranno gli autisti e si ridurranno le opportunità per tutti quelli che compiono lavoro manuali di analisi dei dati su larga scala, come coloro che analizzano immagini in ambito di sicurezza o anche clinico. Rifkin ci dà degli spunti interessanti su come riorganizzarci come società, perché sostiene in modo convincente che altre professionalità non spariranno, anche diventeranno più centrali. In altri casi invece, l’AI sarà di supporto all’uomo, sarà completata dall’uomo e ne estenderà le capacità. Mulgan parla di un’intelligenza collettiva uomo-macchine che sta emergendo già ora grazie ai sensori, ai social, a internet e ai sistemi di cognitive computing. Pensa ad un avvocato che usa l’AI per le sue cause o a un medico che con l’AI fa diagnosi incrociando milioni di dati. Ma ora pensiamo ad arrivare al Gonella, che non ho abbastanza fiato per l’AI e la salita!”

Con la nostra guida Andrea che silenzioso ci precede, arriviamo finalmente al rifugio Gonella. Il tempo per una merenda e per riposarci un po’, poi c’è subito la cena. Dopo cena scambiamo due chiacchiere, io filosofeggio atteggiandomi ad alpinista saggio (visto che Andrea e Natan insieme arrivano circa alla mia età) e dicendo che l’importante per me è il viaggio, la salita, non la cima. Racconto di quando Tamara Lunger si è fermata a 100 metri dalla vetta del Nanga Parbat ed è tornata indietro. Così deve essere pronto a fare il vero alpinista!

Poi andiamo a letto per un paio d’ore di sonno. Alle 23 esatte il poveraccio sotto di me si si alza e fa in modo di svegliare tutti. Resto ancora un poco sdraiato, ma prima di mezzanotte siamo tutti in sala da pranzo a fare colazione. Mentre imburro la fetta di pane entro in trance alpinistica, come mi succede quando ho un obiettivo importante. Guardo fisso negli occhi Natan, ancora assonnato, e gli dico:

“Ricordi Tamara Lunger e quello che ho detto ieri sul fermarsi prima della vetta?”

“Sì, beh, più o meno”, risponde lui sbadigliando.

“Tutte stronzate. Oggi la giornata è buona e io sto bene: voglio arrivare in cima al Bianco. Se salite voi salgo anche io. Trascinami su se serve e poi ci penso io a scendere. Si torna indietro solo se viene brutto tempo”. Lo so, così ho dissolto la mia aura di saggezza alpinistica, ma ci credo troppo, voglio arrivare lassù, per me e anche per Riccardo, un amico a cui ho fatto una promessa. Anche se so bene che a fronte di una situazione di rischio Andrea ci farà voltare e tornare al rifugio, come ho fatto anche io tante volte. Ma la notte è stellata, le condizioni della neve perfette, mi sento bene: è la mia nottata!

Partiamo a mezzanotte e mezza: ci siamo noi con altre cordate e poi solo neve, ghiaccio, buio, stelle e silenzio!

Maciniamo per ore il ghiacciaio del Dome, con pendenza variabile (tra il pendente e il molto pendente). Non penso a nulla, solo a mettere un passo dietro l’altro e ad arrivare all’alba. Facciamo l’affilata cresta di Bionassay che è molto esposta, ma non mi fa per nulla impressione (del resto fatta nel buio con una pila che ti illumina solo i piedi, di che vuoi aver paura?).  Finalmente, dopo 1400 metri di dislivello, arriviamo a vedere l’alba dalla capanna Vallot.

Qui l’aria comincia ad essere rarefatta. Per me sarebbe il paradiso, se non fosse che la stanchezza comincia a farsi sentire e che il Monte Bianco ci si erge davanti, splendido e solitario, con altri 450 metri di dislivello da fare. È la parte più dura ma anche la più bella, perché ora con il sole che sorge lo spettacolo è indescrivibile!

Ci concediamo una breve pausa, poi Andrea ci fa ripartire. Dopo un po’ entro in uno stato di quiete interiore in cui convivo con la stanchezza e con la bellezza di questo deserto bianco in perfetta armonia. Avanzo un passo dopo l’altro, la meta è lì, ma è solo quando arriviamo ai 4700 metri e abbiamo davanti l’ultimo strappo che sono sicuro di farcela.

L’ultima cresta, poi un panettone piuttosto pendente e infine il tratto finale verso la cima. Siamo sul tetto d’Europa: è una liberazione, la conclusione di due anni di cammino. Abbraccio Natan e Andrea e poi mi fondo con la bellezza intorno e dentro di me.

Uno stato di pace assoluta. Mi vengono in mente tanti pensieri, tante intuizioni, le riflessioni fatte salendo sulla tecnologia di oggi e di domani. E improvvisamente capisco. Mi risuona in testa una frase di Gaudì: “Il lavoro non può superare quello divino, quindi la Sagrada Familia sarà alta 170 metri, tre metri meno dell’altezza della collina di Montjuïc”. Il genio di Gaudì, che ha creato un’opera sublime come la Sagrada Familia, aveva posto a se stesso un limite, una misura. Capisco allora che non credo all’Intelligenza Artificiale come una tecnologia assoluta e senza limiti, una tecnologia che soppianterà l’uomo. Credo piuttosto all’intelligenza aumentata (e a volte diminuita) dei sistemi uomo-macchina che sperimentiamo ogni giorno, all’intelligenza collettiva (e alla follia collettiva) dei social network e all’intelligenza distribuita (a volte in modo non omogeneo) della rete. Non credo che l’intelligenza artificiale soppianterà gli esperti legali o i medici, piuttosto penso che i legali e i medici che utilizzano l’intelligenza artificiale soppianteranno quelli che non la utilizzano (sì lo so, la frase non è mia, l’ho copiata, non si deve per forza essere originali a tutti i costi a 4800 metri). Se sapremo darci una misura nell’utilizzo della tecnologia, se sapremo governarla e non farci governare, allora avremo di fronte l’opportunità mai verificata prima d’ora di creare un’intelligenza collettiva, ibrida e multiforme, che saprà trarre il meglio dagli uomini e dalle macchine per affrontare le tante sfide che abbiamo davanti. Sarà veramente così il nostro futuro? Non lo so, ma so che dobbiamo fare di tutto perché accada questo, altrimenti anche la tecnologia più moderna non sarà nulla di più che la riedizione di un errore antico, sarà una nuova torre di Babele. Credo che Riccardo sarebbe d’accordo, ma questa è un’altra storia… (https://www.facebook.com/giuliano.pozza)

PS: comunque sono anche ridisceso, non mi hanno abbandonato in cima!

 

ALCUNI LINK INTERESSANTI:

https://www.wired.it/ai-intelligenza-artificiale/storie/2018/07/10/norman-lalgoritmo-psicopatico-ci-allerta-dati-pregiudizi/

https://it.wikipedia.org/wiki/Vannevar_Bush

https://www.forbes.com/sites/bernardmarr/2018/05/23/how-ai-and-machine-learning-are-transforming-law-firms-and-the-legal-sector/

http://www.nextlawlabs.com/

https://news.microsoft.com/europe/features/medicine-man-how-ai-is-bringing-humanity-back-into-healthcare/

 

CONSIGLI DI LETTURA

“Big Mind” – G. Mulgan (Ed. Codice)

“La fine del lavoro” – J. Rifkin (Ed. Mondadori)

“La società a costo marginale zero” – J. Rifkin (Ed. Mondadori)

E infine, se volete sganciarvi un po’ dalla tecnologia e leggere un libro ironico, divertente e profondo, vi consiglio:

“Un calcio in bocca fa miracoli” – M. Presta (Ed. Einaudi)

(ancora meglio se lo audio-ascoltate letto da Presta!)