Fondi UE per la sanità digitale, ovvero alcune riflessioni sulla bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

I fondi del Recovery plan Europeo e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): riflessioni e prospettive

È il momento di cambiare prospettiva

“La follia sta nel fare sempre la stessa cosa, aspettandosi risultati diversi”. La frase non è, come spesso si dice, di Einstein, ma illustra bene la situazione attuale. Di Einstein è invece un’altra frase: “I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati”. Apparentemente però abbiamo affrontato la seconda ondata dell’epidemia di COVID-19 con lo stesso livello di coscienza della prima e anche con un po’ di follia, vista la ripetizione di schemi già visti e fallimentari. Ora, che si sta concretizzando l’opportunità dei nuovi fondi Europei del Recovery Plan e che è stata emessa da poco una prima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) [1], è il momento per una pausa di riflessione. Forse è necessario un cambio di prospettiva e di livello di coscienza perché, se così non fosse, alimentare un meccanismo disfunzionale con un sacco di soldi può solo produrre risultati disastrosi. Del resto non è nemmeno pensabile continuare a sognare di trasformazione digitale in sanità investendo meno del 2% delle risorse nel digitale, come avviene nella maggior parte delle strutture sanitarie. Anzi a dire il vero in molti casi si investe meno dell’1%. Come citato anche nella bozza del PNRR, la spesa in sanità digitale dell’Italia è di 22 euro a cittadino contro i 70 della Danimarca.

I fondi dell’Unione Europea per la sanità: storia e stato dell’arte

Nell’emergenza coronavirus, non ci sono dubbi, l’Europa è partita con il piede sbagliato. Molti ricorderanno la tiepida accoglienza che le richieste italiane di supporto hanno avuto all’inizio della crisi e poi le scuse pubbliche di Ursula Von der Leyen ad aprile. Da quel momento in poi però anche gli scettici hanno dovuto ammettere che l’Europa si è ridestata ed ha dato una risposta significativa allo tsunami Covid19. Forse non tutti però hanno presente quali siano i numeri e le modalità di questa risposta.

Innanzitutto la Commissione Europea si è mossa usando in modo intelligente una leva già presente, ossia i fondi per le politiche di coesione. All’inizio della crisi, si avviava a conclusione il settennato 2014-2020 e si stava negoziando la pianificazione dei fondi per il 2021-2027. La prima risposta ha previsto una ridistribuzione dei fondi ancora non allocati del settennato che si stava chiudendo, creando una disponibilità di 4,6 miliardi di euro per la sanità. Le iniziative di emergenza sono chiamate CRII (Coronavirus Response Investment Initiative) e CRII+ (Coronavirus Response Investment Initiative Plus). A metà ottobre queste iniziative di emergenza avevano già mobilitato un totale di 26,7 miliardi di euro.

È interessante notare come i vari paesi si siamo mossi in modo diverso nella prima fase di utilizzo dei fondi. Ad esempio la Spagna è quella che ha utilizzato più fondi sulla sanità: 1,5 miliardi di euro. L’Italia 584 milioni.

 

(Fonte: Coronavirus Dashboard – European Structural and Investment Funds[2])

Inoltre l’Italia ha investito le risorse in sanità soprattutto per sostenere i laboratori di analisi, la Spagna per creare posti letto.

Ora arriveranno i 209 miliardi del Recovery Fund. Nella citata bozza di PNRR si definisce la proposta di utilizzo di 196 dei 209 miliardi, di cui 9 dedicati alla sanità. Al di là delle giuste discussioni sul fatto che 9 miliardi siano o meno sufficienti (e verosimilmente non lo sono, il Ministro Speranza prevede la necessità di 68 miliardi[3]), la vera domanda è: sapremo usarli per generare valore oppure sarà uno dei tanti sprechi di risorse (poche o tante) a cui la sanità ci ha purtroppo in alcuni casi abituato?

Risorse e valore

Oggi la sanità digitale italiana soffre di due malattie, che sono due facce della stessa medaglia: risorse insufficienti e risorse mal utilizzate. Certamente c’è un tema di quantità, ma non è a mio parere la criticità più importante. Se così fosse, con i fondi UE potremmo aver risolto almeno una parte del problema. Il tema risorse va visto, oltre che in termini quantitativi, anche da altri punti di visita. Ne scegliamo 3 particolarmente rilevanti, che dovrebbero essere integrati nel passare dalla bozza di PNRR alla sua realizzazione:

  • Il punto di vista delle risorse. Come diceva Michele Apicella in Palombella Rossa: “Le parole sono importanti. Chi parla male, pensa male”. Quando parliamo di risorse, dobbiamo definire cosa intendiamo con questo termine. Inconsciamente la maggior parte di noi pensa alle risorse hard, ossia alle risorse economiche e a tutte quelle risorse che possono essere messe in campo grazie al denaro. Rientrano in questa categoria gli asset come i macchinari, gli edifici, i sistemi informativi e le infrastrutture. La seconda categoria di risorse sono le risorse umane, ossia i professionisti che possiamo assumere o contrattualizzate per fornire un servizio. Questa seconda categoria di risorse è più importante della prima, sia perché sono più difficili da reperire e formare (in particolar modo in sanità), sia perché senza risorse umane ad alta professionalità le altre risorse verranno quasi certamente mal utilizzate. La terza e ultima categoria sono le risorse culturali. Questa è una categoria decisamente interessante perché le culture professionali non sono tutte uguali. Non bastano i soldi, non bastano le tecnologie e nemmeno le persone: per generare una cultura professionale capace di grandi risultati: serve un mix di leadership, spirito di collaborazione, visione e capacità di condivisione, come vedremo più avanti.
  • Il punto di vista delle scelte strategiche e del valore. Una caratteristica delle risorse è che quelle hard e quelle umane sono per loro natura finite e limitate dal contesto socio-economico. Ad esempio potrei anche avere i soldi per assumere migliaia di medici, ma se il percorso universitario ne sforna in quantità insufficiente non potrò mai colmare i gap (cosa che sta in effetti succedendo ora). Le risorse culturali invece sono potenzialmente infinite! L’ingegno, la capacità di innovazione, la moltiplicazione di energie resa possibile dalla collaborazione sono tutti elementi caratterizzanti delle organizzazioni ad alte performance. Organizzazioni ad alte performance sono però difficili da costruire e non sono equamente distribuite nelle varie realtà sanitarie, quindi nel momento presente anche le risorse culturali vanno considerate un bene prezioso. In un contesto in cui le risorse umane e quelle culturali sono dei beni critici (e talvolta scarsi) mentre quelle economiche aumenteranno a breve, il rischio della distruzione di valore è particolarmente elevato. È la sindrome della ricchezza improvvisa[4]. Quindi lavorare già ora, prima che arrivino i soldi, a declinare un po’ meglio gli obiettivi strategici attraverso un framework basato sul valore è fondamentale. Che sia il Lean Value Tree[5], il Triple Aim[6], il Quadruple Aim di EXPH o la Value Based Healthcare, poco importa. Partiamo però dal valore, definiamo il valore che vogliamo raggiungere e i risultati attesi e poi governiamo coerentemente il percorso. Altrimenti i soldi, che siano tanti o pochi, non saranno la soluzione. Peraltro, tra le scelte strategiche legate al valore ce n’è una dirimente: quale il ruolo degli attori del governo centrale e degli attori regionali nella sanità di domani? Questa è grande domanda a cui dovremmo rispondere, prima di toccare un centesimo dei finanziamenti europei.
  • Il punto di vista della Governance: se la strategia deve essere basata sul valore, altrettanto importante è che lo sia la governance. Come sappiamo le strategie sono importanti, ma spesso quello che fa la differenza è la capacità di execution, come ci ricordano Kaplan e Norton[7]. I framework di governo basati sul paradigma lean/agile, ossia quelli più focalizzati sul valore, hanno in comune tre temi[8] (mantengo l’inglese come nell’originale perché è particolarmente espressivo):
    • Govern for Value over Predictability
    • Organize for Responsiveness over Cost-efficiency
    • Design for Intrinsic Motivation and Unscripted Collaboration[9]

La governance del percorso dovrà essere focalizzata sul valore, dovrà garantire capacità di adattamento e resilienza e dovrà fare leva sulla motivazione e sulla collaborazione di tutti gli attori coinvolti. Senza questi ingredienti, non c’è modo che la ricetta possa produrre qualcosa di commestibile!

Linee guida

Per concludere, alcune riflessioni sulle linee guida che si dovrebbero tenere presenti per passare dalla bozza di PNRR alla sua realizzazione.

Anche se potrebbe sembrare paradossale visto quanto scritto sul valore e sull’importanza del digitale, bisognerebbe restare lontani da soluzioni puramente tecnologiche e/o con un’ottica di ritorno di valore di breve periodo (magari economico) e focalizzarsi su interventi strutturali, che generino valore nel medio lungo periodo. Questo per almeno 3 ordini di ragioni:

  1. Focalizzarsi solo su interventi con ritorno a breve senza una visione olistica e architetturale è una ricetta certa per il fallimento. È la “sindrome dell’app”, che in questi anni ha travolto i percorsi di digitalizzazione della sanità e della pubblica amministrazione. Sembra che con un’app si possa risolvere tutto, senza considerare che l’app va inserita in un contesto di customer experience di valore. Immuni insegna[10]. E quando parliamo di architetture, sposiamo una visione che parte dalle architetture organizzative e di processo e arriva a quelle più prettamente tecnologiche, come ben rappresentato dal classico framework del NIST[11] sull’enterprise architecture.
  2. Soluzioni puramente tecnologiche, anche su larga scala, non riescono mai a centrare la complessità dei problemi. Il sociologo Morozov dice che siamo un mondo malato di tecno-soluzionismo.[12] Probabilmente è vero. Anche investire in soluzioni tecnologiche di medio-lungo periodo senza considerare che il sistema tecno-umano della sanità digitale è fatto innanzitutto di persone, poi di processi e di tecnologie, è una ricetta per il disastro. Investire sull’organizzazione, sulle competenze e sulla cultura è un altro aspetto fondamentale che svilupperemo a breve.
  3. Le soluzioni con un ritorno a breve si possono sempre fare e il sistema ci porterà naturalmente in quella direzione, senza bisogno di strategie e fondi addizionali. Un esempio degli ultimi anni che rappresenta questo meccanismo è quello della digitalizzazione dei servizi radiologici. Il “business case” era così netto che il sistema non ha avuto bisogno di alcuno stimolo per muoversi verso architettura RIS-PACS diffuse. Non abbiamo bisogno di usare l’occasione eccezionale dei fondi europei per soluzioni che si auto-finanziano in 1 o 2 anni.

Con queste premesse, le linee di investimento inserite nel PNRR (4,8 miliardi per l’assistenza di prossimità e telemedicina e 4,2 miliardi per la ricerca) possono essere certamente un’opportunità importante seppur probabilmente insufficiente. Concludo con un’osservazione sul tema della Formazione del Personale Sanitario, uno degli obiettivi del PNRR.  Questo è un tema su cui bisognerebbe iniziare a investire… 10 anni fa. Più lavoro nel digitale e più mi rendo conto che organizzazione e cultura determinano l’80% delle probabilità di successo. Se andiamo a vedere quali sono i paesi europei che stanno raccogliendo i frutti più interessanti dalla sanità digitale, tipicamente tra i primi ci sono sempre Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia e Lussemburgo[13].

Confrontiamo questo dato di fatto con la ricerca della Commissione Europea sulle competenze digitali[14]. Tra i primi ci sono sempre gli stessi: Finlandia, Olanda, Svezia, Lussembugo e Danimarca. Il tema del culture hacking[15] è nodale nella sanità italiana e non solo per la trasformazione digitale. Culture hacking non è ovviamente formazione, anche se la formazione può esserne parte. Lo studio delle organizzazioni ad alte performance, come spiegato ad esempio da Logan e King in “Tribal Leadership”[16] o Coyle in “The culture code”[17], è fondamentale perché solo un’organizzazione ad alte performance può usare consapevolmente le nuove risorse digitali creando valore. Organizzazione e cultura che devono incarnarsi in modelli di governo agili, come abbiamo visto. E per questo è fondamentale che ci sia il coinvolgimento di tutti i portatori di interessi e di competenze: scienziati, clinici, esperti digitali, rappresentanti dei pazienti e dei loro famigliari, esperti di organizzazione e di governo[18]. Purtroppo approcci top down centralizzati, con piramidi e super-manager, hanno già dimostrato la loro fallacia in tanti contesti, anche in sanità. NHS docet!

Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu

[1] http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato7468930.pdf

[2] https://cohesiondata.ec.europa.eu/stories/s/CORONAVIRUS-DASHBOARD-COHESION-POLICY-RESPONSE/4e2z-pw8r/

 

[3] https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2020-12-07/9-healthcare-summit-sole-24ore-speranza-il-mio-piano-il-post-covid-servono-tutti-fondi-possibili-084804.php?uuid=ADmkkp6

[4] https://www.medicinalive.com/psicologia-e-medicina-della-mente/psicologia/sindrome-da-ricchezza-improvvisa-trauma-vincere-lotteria/

[5] Highsmith, J.; Luu, L.; Robinson, D. “Edge: Value-Driven Digital Transformation”. Ed. Addison-Wesley Professional

Oppure: https://rolandbutler.medium.com/what-is-the-lean-value-tree-e90d06328f09

[6] http://www.ihi.org/Engage/Initiatives/TripleAim/Pages/default.aspx

[7] Kaplan, R. S., & Norton, D. P. (2008). The Execution Premium: Linking Strategy to Operations for Competitive Advantage. Harvard Business Review Press.

[8] Narayan, S. (2016). “Agile IT Organization Design: For Digital Transformation and Continuous

Delivery”. Ed. Addison-Wesley Professional

[9] “Governa per il valore più che per l’aderenza ai piani, crea organizzazioni capaci di adattarsi ai cambiamenti prima che efficienti in termini di costi, progetta per favorire la motivazione intrinseca e la collaborazione oltre gli schemi.”

[10] https://www.agendadigitale.eu/sanita/sanita-digitale-e-la-customer-experience-la-chiave-del-new-normal/

[11] https://en.wikipedia.org/wiki/NIST_Enterprise_Architecture_Model

Questo vale anche per il contesto COVID attuale: https://www.agendadigitale.eu/sanita/tecnologie-per-la-salute-sara-solo-caos-senza-una-strategia-operativa/

[12] https://nova.ilsole24ore.com/frontiere/un-mondo-malato-di-soluzionismo/

[13] Si veda ad esempio: “eHealth, ICT and its relationship with self-reported health outcomes in the EU countries” A. I. Tavares https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1386505618300200#bib0140

[14] Report “Human Capital and Digital Skills” del programma “Digital Single Market” della Commissione Europea. https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/human-capital

[15] https://www.cultureamp.com/blog/what-is-culture-hacking/#:~:text=Fundamentally%2C%20culture%20hacking%20is%20taking,work%20on%20once%20a%20year.

 

[16] Logan, D; King, J. (2009). “Tribal Leadership: Leveraging Natural Groups to Build a Thriving Organization”. Ed. HarperCollins

[17] Coyle, D. (2018). “The Culture Code: The Secrets of Highly Successful Groups”. Ed. Random

[18] https://www.agendadigitale.eu/sanita/governance-della-trasformazione-digitale-cambiare-approccio-col-metodo-gandalf-ecco-come/