Sanità 4.0: medicina della 4P e degli infiniti Paradossi

Le 4P (Partecipativa, personalizzata, preventiva e predittiva) e gli infiniti Paradossi della medicina: recensione al libro di G. Cognetti.

Partecipativa, personalizzata, preventiva e predittiva: sono le 4P di cui si parla nel libro a cura di Gaetana Cognetti. Ma a mio parere c’è una quinta P, che sta per Paradosso. Perché questa nostra sanità è anche la sanità dei paradossi. Innanzitutto devo dire che Gaetana ha fatto un ottimo lavoro, sia nella selezione dei contenuti, sia nel garantire il livello generale degli interventi presentati. La sensibilità e il background professionale di Gaetana emergono in più punti, ogni volta che si parla di dati, di fonti informative e di disseminazione della conoscenza. Un grande aiuto anche per le persone comuni che generalmente usano internet come fosse un oracolo o un oroscopo. Il che può andare bene in generale, non quando si tratta di salute. Ecco allora che in diversi interventi si orienta alla ricerca di fonti informativi e bibliografiche di qualità non solo per gli specialisti ma anche per il cittadino e il paziente. È uno dei primi paradossi che si incontrano nel libro, quello di essere sommersi da informazioni di cui la gran parte è puro rumore.

Nel mio contributo sulla cybersecurity in sanità evidenzio anche in questo caso alcune situazioni paradossali:

  • Paradosso #1: «Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, che non sogni la tua filosofia» (Amleto). Ossia: ci sono più informazioni nello «shadow IT» che nell’IT Ufficiale. Qualche esempio? Da un report CISCO del 2015[1] dall’originale titolo: “Conosci la strada per Ballylickey”, si evince che i dipartimenti IT mediamente stimano in 51 i servizi cloud usati dalla propria azienda, mentre in realtà la media è di 730. Un errore di stima del 1300% circa. Per fare poi qualche esempio rispetto al contesto sanitario, i dati gestiti dai sistemi informativi attraverso i sistemi tradizionali ormai sono solo una piccola parte rispetto alle informazioni generate e gestite da altri dipartimenti, come l’Ingegneria Clinica o i servizi tecnici. Per non parlare dei dati “auto-gestiti” (in modalità cloud o meno) dai clinici e dagli altri utenti.
  • Paradosso #2: In sanità, i sistemi più critici e i dati più sensibili dal punto di vista della sicurezza (sia come security che safety) sono in una «terra di nessuno». Il caso dei pacemaker citato è un esempio, ma non è l’unico. Ad esempio nel report: “Top 10 Health Technology Hazards for 2018” dell’istituto ECRI[2], una bibbia per gli ingegneri clinici, mette come rischio tecnologico n. 1 per i pazienti: “Ransomware e altre minacce di Cybersecurity”.
  • Paradosso #3: I C.I.O. stanno lavorando febbrilmente (pro GDPR e non solo) per fortificare la cittadella… ma non c’è più alcuna cittadella da difendere! Gli attacchi alla sicurezza informatica sono sempre più pervasivi e organizzati. Per avere un’idea di cosa sta avvenendo in tempo reale, basta dare un’occhiata a siti come quello di Norse Corporation: http://map.norsecorp.com/. La sanità peraltro è uno degli ambiti in cui gli attacchi stanno crescendo con maggior intensità. Con l’esplosione dell’IoT (o internet delle cose) è cambiato drammaticamente il contesto, perché è diventata obsoleta l’idea stessa che ci sia un perimetro da difendere, con un “dentro” sicuro e un “fuori” ostile. Allora l’idea di difendere una “cittadella” va abbandonata (e qui lo dico soprattutto a noi C.I.O.) perché, benché sia rassicurante, è medioevale. Dobbiamo piuttosto rendere ragionevolmente sicura una città aperta e interconnessa, come avviene nella lotta al terrorismo dopo l’11 settembre. Le strategie, l’organizzazione, i processi e gli strumenti tecnologici a supporto della sicurezza vanno tutti ripensati in quest’ottica.

Andando oltre la cybersecurity e leggendo il resto del libro in realtà di paradossi ne trovi parecchi. Ad esempio il capitolo sulla medicina narrativa è molto stimolante. Ho avuto modo di vivere un progetto di questo tipo all’Ospedale S. Raffaele e i risultati di queste esperienze sono davvero interessanti. Il paziente (in molti casi oncologico) delle sperimentazioni di cui ho avuto informazioni dirette o indirette, trae dei benefici (dimostrabili anche scientificamente) dal poter dialogare attraverso la narrazione con i propri medici curanti. Il paradosso qui è che i medici sono generalmente oberati di attività: attività clinica, convegni, docenze, ricerca e… burocrazia, tra cui includo anche a volte gli appesantimenti dovuti a sistemi informativi poco usabili. In mezzo a questo turbinio, il risultato paradossale è che hanno poco tempo per… ascoltare e curare i pazienti!

L’altro paradosso lo abbiamo già citato: in un mondo di informazioni che crescono in modo esponenziale e “liquido”, è sempre più difficile arrivare ad eliminare il rumore e costruirsi una conoscenza solida. Qualche idea originale nel libro la si trova, come il progetto americano “Information RX”[3]: i medici invece che prescrivere farmaci prescrivono ai pazienti come ricette dei contenuti informativi presi da MedlinePlus[4].

Oltre all’informazione come terapia, nel libro si parla ovviamente anche di Terapie Digitali (anche un’app può curare!). Oppure della necessità di evolvere la modalità con cui oggi si testano i farmaci. I trial clinici tradizionali saranno sempre più insufficienti a mano a mano che si andrà verso una medicina più personalizzata, perché qui il paradosso è che il numero di soggetti da includere nel trial scenderanno fino a… ridursi a 1 solo! Allora dai test “in vivo” o “in vitro” ci si sposterà sempre più verso i test “in silicio”.

In mezzo a tanti paradossi c’è però anche un’opportunità unica: sfruttare le tecnologie digitali e i fondi del recovery plan[5] per una vera riorganizzazione del sistema sanitario. Con alcuni punti di attenzione (o cose da evitare assolutamente):

  • Evitare il tecno-soluzionismo[6]: le tecnologie digitali devono essere al servizio di un progetto di valore, non fini a se stesse. La governance agile delle iniziative è poi un fattore critico di successo.
  • Evitare di trasferire l’analogico in digitale. Questa non è evoluzione digitale, ma semmai involuzione digitale, perché se si copia la carta… vincerà sempre la carta! Un esempio? Il Fascicolo Sanitario Elettronico è appunto un fascicolo, una trasposizione in digitale di un fascicolo cartaceo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Così come nel libro si spiega che la telemedicina non può essere solo “fare le stesse cose a distanza”.
  • Evitare di partire da cose troppo complicate. A volte grandi risultati si ottengono da interventi semplici. Nel libro si cita ad esempio la possibilità di dotare tutti i professionisti sanitari di un sistema di e-mail e comunicazione cifrati e nazionali. Alcuni stati lo hanno già fatto. Noi usiamo per lo più gmail e whatsapp.
  • Evitare gli errori del passato, come ad esempio l’accentramento negli ospedali di una serie di processi e organizzazioni con obiettivi divergenti. L’ospedale non può ad esempio a mio parere seguire sia l’acuzie che il territorio.

Concludo con un auspicio. Uno degli autori nel libro scrive che bisognerebbe “Coniugare Ippocrate e Turing”. Forse è venuto il momento di farlo, perché la sanità così come è ora, senza una vera evoluzione digitale, è semplicemente destinata ad implodere. Non abbiamo scelta! O ripensiamo la sanità dal punto di vista strategico, organizzativo, dei processi e delle tecnologie, oppure il modello attuale non sarà più sostenibile. E io credo che un fallimento non possiamo permettercelo, perché il sistema sanitario universalistico è, a mio parere, una delle maggiori conquiste di civiltà della storia dell’umanità!

[1] “Do You Know the Way to Ballylickey? Shadow IT and the CIO Dilemma” – Nick Earle (https://blogs.cisco.com/cloud/shadow-it-and-the-cio-dilemma)

[2] https://www.ecri.org/Pages/2018-Hazards.aspx

[3] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1610110/

[4] https://medlineplus.gov/

[5] https://www.yottabronto.net/fondi-ue-per-la-sanita-digitale/

[6] https://nova.ilsole24ore.com/frontiere/un-mondo-malato-di-soluzionismo/