L’organizzazione agile chiave dell’evoluzione digitale: cosa possiamo imparare dai monasteri benedettini. Parte 2: il livello locale (le persone e i team)

A lezione di trasformazione digitale dai monasteri benedettini

Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu

La prima parte dell’articolo è disponibile qui.

L’organizzazione agile e la lezione benedettina: le persone

Se siamo sopravvissuti fino ad oggi è perché, come singoli e come gruppi di individui, sappiamo adattarci in fretta e siamo ragionevolmente antifragili. Questo approccio, legato al realismo e all’empirismo[1], è la strada maestra che percorre l’evoluzione naturale, ma si possono trovare ampie tracce degli stessi principi ad esempio nella modalità di costruzione delle cattedrali romaniche nel medio evo[2]. Non ci stupirà allora se, per studiare le tre caratteristiche chiave delle organizzazioni agili, ci rifaremo alla tradizione e alle prassi dei monasteri benedettini. Chiunque abbia avuto modo di visitare un monastero e magari di viverci per qualche giorno, ha certamente apprezzato due elementi fondamentali: la motivazione intrinseca delle persone (non potrebbe che essere così, trattandosi di una vocazione elettiva e molto impegnativa) e l’atmosfera di tranquillità e sicurezza che vi regna. Per chi ha visto “Il Grande Silenzio”[3] i volti dei monaci sono la miglior prova di quanto enunciato. Vediamo in dettaglio questi due aspetti.

Motivazione intrinseca delle persone

La motivazione intrinseca della persona è una chiave fondamentale di ogni organizzazione ad alte prestazioni. Certamente il monastero benedettino, come tutte le organizzazioni che richiedono ai propri membri scelte radicali e coraggiose, ha nella motivazione dei propri membri un tratto distintivo. Tuttavia, questo è più una meta che un punto di partenza, non scontata e non banale da raggiungere. Peraltro in passato pratiche discutibili (e per fortuna abolite) come quella dei “pueri oblati”, ossia i bambini di famiglie benestanti donati al monastero con i propri beni, non favorivano di per sé una forte motivazione personale. Tuttavia i monasteri seppero (e sanno ancora) mantenere alta la motivazione attraverso tre principi, utili anche alle aziende agili di oggi:

  1. Valori condivisi: un’ovvietà per un monastero, un tema spesso sottovalutato dalle aziende. E non stiamo parlando di Mission e Vision come documenti formali, che la maggior parte delle aziende ha, ma dell’incarnazione nella cultura di principi e valori condivisi da tutti i membri. Le aziende di maggior successo hanno dei codici culturali e dei valori molto forti e “diffusi” nell’organizzazione. Netflix ha sei valori e 9 comportamenti, Amazon 14 Leadership Principles, Apple 7 principi base, Alibaba 6 core values, Microsoft 3 principi… la lista potrebbe continuare. Attenzione che quello che distingue queste aziende non è il fatto di avere dei principi o che questi siamo migliori di quelli dei competitor, ma di averli incorporati nel loro codice culturale[4]. Un altro esempio sono le aziende di Elon Musk (SpaceX in particolare): i dipendenti condividono una mission e una vision ai limiti dell’impossibile, come costruire una seconda casa per l’umanità su Marte. Personalmente trovo spesso discutibili molte pratiche manageriali di NetFlix, di Amazon e anche di Elon Musk, ma non si può negare che quelle citate sopra siano aziende con un codice culturale chiaro e una motivazione intrinseca dei dipendenti distintiva. La definizione di un codice culturale (o l’esplicitazione di quello esistente) e la condivisione/incarnazione di principi base dovrebbe essere una priorità per ogni azienda. E i valori capaci di ispirare le persone non sono certo massimizzare il profitto, chiudere il bilancio in positivo o sconfiggere la concorrenza, come si sente spesso echeggiare nei corridoi di molte aziende.
  2. Orgoglio (umile) del lavoro ben fatto: il motto dei monaci Cistercensi (simili ai Benedettini eppure diversi) è age quod agis[5]. L’attenzione e la valorizzazione del lavoro sia intellettuale che manuale è sempre stato uno dei tratti distintivi dei benedettini. Il lavoro visto come mezzo di ascesi. “Se nel monastero vi sono artigiani, si dedichino al loro mestiere con il permesso dell’Abate”, recita la regola. Aggiunge poi che tutto deve esser fatto nell’umiltà. Nelle organizzazioni agili l’individuo e il team devono avere gli strumenti e l’autonomia necessaria per produrre risultati di cui essere fieri. D. Pink in “Drive” sottolinea che, insieme al “purpose”, le altre due chiavi della motivazione delle persone sono la “mastery” e “autonomy”.[6] I monasteri ci insegnano che il lavoro, inserito in un orizzonte di valori, è la chiave della realizzazione umana. “Ora et Labora”: è tutto qui. E quell’ET è fondamentale: non “Ora aut Labora”[7], come accadde ad esempio ad un certo punto a Cluny, dove i monaci si dedicavano a tempo pieno alla preghiera e i fratelli laici ai lavori manuali. Ma lavoro ben fatto e valori condivisi incarnati nelle attività quotidiane sono una delle chiavi motivazionali più potenti che esistano.
  3. Processo di selezione rigido: i monasteri sono particolarmente attenti da questo punto di vista. C’è un capitolo della regola di S. Benedetto (il LVIII) che stabilisce le regole per l’ammissione dei “postulanti”: innanzitutto il postulante deve trascorrere un breve come ospite. Successivamente è ammesso nel noviziato dove, sotto la guida di un maestro, la sua vocazione è messa alla prova con severità ed è libero di rinunciare in ogni momento; se dopo dodici mesi persevera ancora nelle sue intenzioni, allora può essere ammesso a pronunciare i voti che lo legano per sempre al monastero[8]. Questo a volte avviene dopo anni. Per costruire un’azienda agile, la scelta e la selezione dei nuovi inserimenti è fondamentale. Possono essere il lievito che stimola la “pasta” dell’organizzazione. In particolare i soft skill sono fondamentali per identificare i candidati idonei, così come il tutoring e il coaching nei primi mesi di permanenza in azienda. In generale il processo di selezione e di inserimento è una fase critica che non sempre viene seguita con le necessarie energie ed attenzioni. Per l’azienda agile questo è un must. Non basta fare i colloqui e assumere persone. Ad esempio, quante aziende hanno l’analogo del “Maestro dei novizi”, figura chiave in ogni monastero, che ha il compito di seguire i nuovi arrivati e guidarli nel percorso di inserimento? Quante volte accompagniamo la formazione (iniziale o in itinere) con figure di tutor o di coach, come i decani e gli anziani dei monasteri?

Sicurezza (anche di sbagliare) e feedback continuo

Coyle in “The Culture Code”[9] sottolinea innumerevoli volte come la sicurezza, anche di sbagliare, sia una delle caratteristiche fondamentali dei team ad alte prestazioni. Così come il feedback continuo, fatto spesso più che di grandi discorsi da micro-interazioni e micro-comunicazioni. Per questo un po’ tutte le metodologie Agile hanno codificato delle vere e proprie “cerimonie”: il daily SCRUM, i meeting di sprint planning e sprint review, le sprint retrospective. Da questo punto di vista l’esperienza benedettina è maestra nell’usare una serie di riti per rafforzare i legami, da quelli religiosi a quelli più umani, come il pasto in comune o anche i momenti di svago della comunità. Molti dei riti presenti nelle nostre aziende provengono proprio da questo contesto. Ad esempio i momenti di formazione che sfruttano la pausa pranzo in molte aziende vengono chiamati “lunch and learn”. Di fatto, sono l’attualizzazione di quello che avviene da sempre nei monasteri, dove durante il pranzo e la cena un confratello legge dei brani della scrittura o della vita dei santi.

Ma il monastero offre anche degli altri spunti interessanti. Innanzitutto, e qui forse si discosta da un certo superficiale buonismo di molta letteratura sull’agilità, la regola e la tradizione benedettina si poggiano su un grande pragmatismo. L’uomo può sbagliare, se succede ne deve subire le conseguenze (allontanamento temporaneo, scomunica, digiuni…), ma tutto è fatto per riportare alla fine chi ha sbagliato dentro la comunità. Non esiste quasi mai la punizione definitiva dell’esclusione, tranne in casi gravissimi. Inoltre S. Benedetto insiste moltissimo nella regola sulla condanna della mormorazione: il feedback deve essere dato nei dovuti modi, ma deve essere dato e non mormorato. Rispetto al feedback poi c’è un principio dell’agile molto interessante: “If it hurts, do it more often”[10]. Se fosse espresso in latino potrebbe passare per una massima ascetica dei monaci. Il concetto però è quello di cercare il feedback continuo, anche e soprattutto quando questo “fa male” o è negativo! La strada non è certo semplice, ma per questo ci sono diverse figure, dai decani alle guide spirituali, che hanno proprio il compito di vigilare sul fatto che i monaci a loro affidati non si perdano. È una specie di coaching continuo. E si noti che il “team di base” del monastero è fatto al più da 10 monaci (la decania, che il decano supervisiona). Risuona qualcosa? “The Scrum Team is small enough […] typically 10 or fewer people”[11]. SCRUM non ha inventato nulla!

Per saperne di più sul prossimo livello, ossia quello globale di network e governance, leggi la terza e ultima parte dell’articolo (parte globale: la governance).

 

 

 

 

[1] https://www.yottabronto.net/australian-open/

[2] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/digital-evolution-la-lezione-delle-cattedrali-romaniche/

[3] In questo caso i monaci non sono Benedettini ma Certosini, però lo spirito di sicurezza e appartenenza non è dissimile: https://it.wikipedia.org/wiki/Il_grande_silenzio_(film_2005)

[4][4] Coyle, D. (2018). “The Culture Code: The Secrets of Highly Successful Groups”. Ed. Random

[5] “Fai [bene] quello che stai facendo”.

[6] Pink, D. (2011). “Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us”. Ed. Riverhead Books

[7] “Prega oppure lavora”

[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Regola_benedettina

[9] Coyle, D. (2018). “The Culture Code: The Secrets of Highly Successful Groups”. Ed. Random

[10] https://martinfowler.com/bliki/FrequencyReducesDifficulty.html – riferito a DevOps e continuous delivery, ma generalizzabile

[11] “Il team SCRUM è abbastanza piccolo […] tipicamente 10 persone o meno”. Da SCRUM Guide: https://www.scrumguides.org/scrum-guide.html#scrum-team