L’organizzazione agile chiave dell’evoluzione digitale: cosa possiamo imparare dai monasteri benedettini. Parte 1: introduzione

A lezione di trasformazione digitale dai monasteri benedettini

Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu

 

“I Sapiens dominano il mondo perché siamo gli unici animali che possono cooperare flessibilmente in grandi numeri. Possiamo creare reti di collaborazione di massa, in cui migliaia e milioni di completi sconosciuti lavorano insieme verso uno scopo comune. […] La vera differenza tra noi e gli scimpanzé è la misteriosa “colla” che permette a milioni di umani di cooperare con efficacia.”

(N. Harari. “Sapiens. Da animali a dei. Breve storia dell’umanità”)

Introduzione

I monasteri benedettini[1] e l’evoluzione digitale: apparentemente due universi paralleli e senza alcun legame. Eppure, se avrete la pazienza di seguirmi in queste pagine, scoprirete che i due universi hanno in comune moltissimi temi e che i monasteri possono ancora oggi ispirarci nel ripensare le nostre organizzazioni e prepararle all’evoluzione digitale.

Innanzitutto partiamo dalla citazione di N. Harari: la chiave dell’evoluzione, anche di quella digitale, è la capacità di cooperare flessibilmente in grandi numeri verso uno scopo comune. Insomma la chiave è costituita, come sempre, dalle persone e dalle interazioni tra le persone. Nelle mie esperienze lavorative ho incontrato diversi tipi di aziende: in generale mi sono convinto che il modo migliore per predire sia le prestazioni di un’azienda che la “vivibilità” del luogo di lavoro è osservare alcune caratteristiche di base dell’organizzazione. In estrema sintesi queste caratteristiche si riducono a: capacità di motivare le persone e i team e la capacità di costruire network di collaborazione tra team diversi.

La misteriosa “colla” di cui parla Harari, che permette ad un insieme di persone di cooperare con efficacia e su cui sono stati scritti moltissimi libri, è un mix di motivazione personale e capacità di collaborazione con il diverso. Questo caratterizza un’organizzazione ad alte prestazioni, qui chiamata “Agile” (e tra poco chiariremo perché). Purtroppo spesso le nostre organizzazioni sembrano costruite apposta per frenare le persone (quindi creando persone demotivate e team disfunzionali) e ancora di più per impedire o quanto meno ostacolare la cooperazione tra team diversi. Insomma, luoghi di alienazione più che di cooperazione. Questo è un problema sociale prima che organizzativo. Ora però, nel mezzo dell’evoluzione digitale in corso, le organizzazioni disfunzionali sono destinate a perire o a generare enormi danni. Vediamo come la saggezza dei monaci Benedettini può aiutarci ad evitare di finire nello scenario “manicomio” e darci degli spunti per provare a diventare delle organizzazioni agili.

L’organizzazione agile

Il primo principio dell’Agile Manifesto[2] recita: “Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti”. Questo dimostra quanto, nel contesto dell’agilità, le persone (e quindi anche le organizzazioni) siano importanti. Molto è stato scritto sulle organizzazioni ad alte prestazioni. Chiariamo però che qui parleremo di una tipologia particolare di organizzazioni ad alte prestazioni, che sono le più interessanti in questo periodo storico di grandi e repentini cambiamenti: quelle capaci di adattamento veloce, resilienti o meglio antifragili[3] (che qui chiameremo “Organizzazioni Agili”). Infatti, un’organizzazione di tipo Tayloristico può certamente essere efficiente e ad alte prestazioni, ma non è antifragile e difficilmente si adatterà rapidamente al cambiamento.

Le organizzazioni agili agiscono sia a livello locale (gestione delle persone e dei team) che al livello globale (gestione del network di team e della governance):

  • A LIVELLO LOCALE:

-> Gestione delle persone: le organizzazioni agili hanno un forte orientamento alla motivazione intrinseca delle persone[4]

-> Gestione dei team: le organizzazioni agili garantiscono sicurezza (anche di sbagliare) e feedback continuo[5], attraverso la suddivisione del lavoro in team di piccole dimensioni, opportuni spazi e riti consolidati per la condivisione (anche in smart working)

  • A LIVELLO GLOBALE: l’organizzazione agile abilita ed esalta il coinvolgimento di tutti i membri dell’organizzazione nella governance e il coordinamento tra team diversi[6]. Questo è il livello più difficile in assoluto.

L’agilità, benché sia tornata alla ribalta negli ultimi 20 anni, non è un concetto nuovo, ma molto radicato nella storia dell’umanità. Quindi non bisogna stupirsi se, per ragionare sui tre principi di cui sopra, faremo un tuffo indietro nel tempo.

Per saperne di più leggi la seconda parte dell’articolo (livello locale: le persone e i team).

 

 

 

 

[1] Qui e nel seguito si userà il termine “monasteri benedettini” per indicare non solo i Benedettini, ma in senso lato tutte le organizzazioni monastiche che si rifanno alla regola di S. Benedetto, come ad esempio i Cistercensi, gli Olivetani e tanti altri.

[2] https://agilemanifesto.org/iso/it/manifesto.html

[3] https://www.yottabronto.net/la-nuova-sanita-antifragile/

[4] Per approfondire:

  • Narayan, S. (2016). “Agile IT Organization Design: For Digital Transformation and Continuous Delivery”. Ed. Addison-Wesley Professional
  • Pink, D. (2011). “Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us”. Ed. Riverhead Books

[5] Per approfondire:

  • Coyle, D. (2018). “The Culture Code: The Secrets of Highly Successful Groups”. Ed. Random
  • Denning, S. (2018). “The Age of Agile: How Smart Companies Are Transforming the Way Work Gets Done”. Ed. Amacom

[6] Per approfondire:

  • McChrystal, G. S. (2015) “Team of Teams: New Rules of Engagement for a Complex World”. Ed. Penguin
  • Logan, D; King, J. (2009). “Tribal Leadership: Leveraging Natural Groups to Build a Thriving Organization”. Ed. HarperCollins
  • Denning, S. (2018). “The Age of Agile: How Smart Companies Are Transforming the Way Work Gets Done”. Ed. Amacom