Il mio tessoro – ovvero perché ho deciso di sospendere il mio account Facebook (tempo di lettura: 5 minuti)

Una riflessione sui social, ovvero della leggerezza con cui gestiscono i nostri dati e dei motivi che mi hanno convinto a sospendere il mio account Facebook.

Premetto che non sono un “anti-social” a prescindere. Credo che i social-media abbiano un grande potenziale, in parte espresso e in parte ancora da esprimere. Utilizzo più o meno quotidianamente LinkedIn, Twitter, Instagram, WhatsApp e Facebook. Però ecco, riguardo a quest’ultimo sto avendo qualche problema.

Le disavventure di Facebook rispetto alla gestione dei dati dei propri utenti hanno dell’incredibile, se si pensa che il “mestiere” di Zuckerberg e compagni è appunto gestire i dati che gli utenti gli affidano. Con questo non voglio fare il purista e dire che Facebook non possa sfruttare economicamente questi dati. L’equazione: “raccolgo i tuoi dati mentre ti fornisco servizi gratis per comunicare con gli altri utenti = utilizzo i tuoi dati per inviarti pubblicità mirata” ha senso e sarebbe ipocrita negarlo. È il principio per cui guardiamo le TV commerciali, scarichiamo app gratuite con inserzioni pubblicitarie, guardiamo i video su YouTube, utilizziamo la posta di Google… Non è invece accettabile l’equazione: “raccolgo i tuoi dati mentre ti fornisco servizi gratis per comunicare con gli altri utenti = mi sento in diritto di fare qualunque cosa con i tuoi dati, anche di venderli ad altri (che spesso ne fanno un uso discutibile), senza il tuo consenso”. Questo non è solo in contrasto ad esempio con la normativa europea sulla privacy (GDPR, a cui anche Mark dovrà adeguarsi[1] prima o poi…), ma anche con il buon senso.

Ci sono almeno tre eventi che hanno coinvolto Facebook recentemente (ma la lista potrebbe essere più lunga), con risvolti etici tali che mi hanno fatto sentire fortemente a disagio come utente del social network:

–          Cambridge Analytica[2]: è forse lo scandalo più famoso. In sintesi: un’app sviluppata come un test della personalità raccoglie informazioni di profilazione degli utenti. Questo potrebbe sembrare lecito (nessuno ha costretto quegli utenti a scaricare l’app e installarsela…), quello che non è così lecito è che essa estragga dati di profilazione anche dei contatti degli utenti e li renda disponibili ad una piattaforma esterna a fini di produrre propaganda politica ai confini della manipolazione. Questo non era chiaro né a chi si è installato l’app, né tantomeno agli ignari contatti.

–          Condivisione dei dati con altri soggetti[3]: la lista qui sarebbe lunga. Microsoft, Netflix, Bing sono i più conosciuti, ma circa 150 aziende hanno beneficiato della possibilità di accedere a dati di profilazione gentilmente forniti (dietro il pagamento di lauti compensi) da Facebook. Questo senza che nessuno di noi utenti ne sia stato informato. Infatti, io come utente informato potrei scegliere consapevolmente di condividere i miei dati di profilazione con Netflix in modo da avere suggerimenti più mirati sui film, ma potrei decidere ad esempio che non voglio che i miei dati vadano ad un network di società di selezione del personale, o ad un pool di assicurazioni sanitarie. Non è mio diritto scegliere?

–          Caso Myanmar: questo è una delle situazioni più eticamente discutibili e forse meno conosciute. Me l’ha segnalata Natan, molto attento a questi temi. Vi consiglio vivamente il video di John Oliver (HBO) riportato nei riferimenti[4]. In sintesi: grazie ad un accordo con i gestori di telefonia mobile, in Myanmar Internet e Facebook sono sinonimi. Infatti tutti gli smartphone (principale strumento di accesso ad Internet) sono venduti con l’app di Facebook pre-installata, che consente di accedere ad Internet/Facebook. Ne consegue che le news di Facebook sono diventate il principale canale di informazione, con un proliferare di fake news esponenziale. Molte di queste fake news incitano all’odio ad esempio contro i Rohingya ed hanno alimentato una campagna di discriminazione feroce. Sono morte delle persone. Facebook ne è responsabile? Secondo me no, ma si è prestato come mezzo compiacente (gli utenti aumentavano, aumentavano…) nelle mani di facinorosi e faziosi, senza fare molto per contrastare il fenomeno. Una reazione poi c’è stata (è stato costituito un pool di moderatori), ma tardiva e debole: all’inizio per tutto il Myanmar i moderatori erano 2. Non male per una delle più grandi aziende del mondo.

Sono incidenti di percorso? Qui viene, secondo me, l’aspetto più interessante e inquietante della storia. Il ripetersi quasi sistematico di queste disavventure, le reazioni tardive e spesso poco convinte del top management, insieme a evidenze di comunicazioni interne a Facebook che mostrano uno spaccato dell’azienda che non avremmo voluto vedere[5], fanno pensare piuttosto ad una precisa strategia aziendale (sfruttare i dati in tutti i modi per fare soldi) e ad una spregiudicatezza al limite dell’assenza di etica.  Il problema non sembra essere soltanto di Zuckerberg, quanto piuttosto di una cultura aziendale diffusa. Il Direttore Operativo ad esempio è Sheril Sandberg, una delle più brillanti e osannate donne executive del momento, che però ha uno stile manageriale che potremmo con un eufemismo chiamare spregiudicato[6].

A questo punto non potevo non fare un test sulla mia famiglia. Ho raccontato i tre temi sopra illustrati a tutti i membri del clan in momenti diversi e ho ottenuto le seguenti reazioni (tra parentesi la fase della vita in cui il soggetto si colloca):

–          Joy (14 anni – adolescente): non è su Facebook (roba da vecchi), usa Musical.ly, TikTok, Instagram e Whatsapp. Nella gestione dei suoi profili è attenta a condividere i suoi dati con la sua cerchia di amici e non con estranei (e con i genitori), ma non si pone esplicitamente il problema dell’uso dei suoi dati da parte dei gestori dei social. Insisto un po’, fino a che non mi dice: “Uffa, ora sei in fissa con sta cosa di Facebook… non possiamo andare a mangiarci una crepe alla nutella che magari ti passa?”

–          Pietro (19 anni – post-adolescente): posizione simile a Joy, con un po’ più di consapevolezza che i dati sono i suoi e “non dovrebbero chiamarmi tutti quei cavolo di call center per vendermi qualcosa”. Forse qui Facebook non c’entra, è un altro problema….

–          Natan (22 anni – giovane studente di giurisprudenza): molto consapevole del problema, si è tolto da Facebook già da un po’. È lui che mi ha segnalato il caso Myanmar. Qui vedo una luce di speranza. Sto per concludere che con l’età i ragazzi acquisiscono maggior consapevolezza del valore dei propri dati, purtroppo però Natan mi disillude: tra i suoi amici la consapevolezza è bassina, lui è vicino a questi temi per il suo percorso di studio e per interesse personale.

–          Alex (giovinezza avanzata, ma non vi posso dire gli anni di una signora…): allergica ai social da sempre. Quando le racconto i tre casi, dice con una punta di compiacimento neanche troppo velata: “Non ve lo avevo detto io che non dovevate usare i social? Solo perdita di tempo e rischio che le tue informazioni vengano usate male. Questo Zuckerberg non avrà mai i miei dati!” Già, però anche lei usa WhatsApp quotidianamente, quindi Zuckerberg ha anche i suoi dati…

–          Stella (maturità avanzata, circa 98 anni umani): alla mia domanda si è voltata ed ha cominciato a grattarsi. Però non si è mai messa su Facebook, è presente solo su Instagram[7]. Forse non mi ha risposto, ma i grandi uomini (e cani) parlano con le azioni più che con le parole: troppo avanti!

Ricordiamoci che la manipolazione delle informazioni e dei dati degli utenti, a fini di profilazione o di controllo, sarà uno dei rischi maggiori dei prossimi anni. Qualcuno parla di “privacy inequality”[8], altri ci mostrano scenari inquietanti[9] di divisione in caste sociali. Inoltre l’utilizzo improprio dei social e dei loro dati sta diventando un rischio per la democrazia e per la coesione sociale. Ci sarà una ragione se la Russia investe 1,1 miliardi di euro l’anno nella produzione di fake news volte a manipolare le competizioni elettorali negli altri Paesi: i casi Bolsonaro, Trump e Brexit sono solo i primi campanelli di allarme[10]. Inoltre alcuni studi mostrano una correlazione tra l’uso di Facebook sopra la media e l’aumento di episodi di razzismo[11], verosimilmente per distorsioni percettive introdotte attraverso le fake news, come nel caso Myanmar.

Purtroppo il problema non è limitato a Facebook: Google sta (in ritardo) intervenendo per ripulire da YouTube video che scatenano pericolose emulazioni[12], Apple, Amazon, Netflix e tanti altri rischiano multe gigantesche per la leggerezza con cui condividono i dati e snobbano il GDPR[13]: potremmo andare avanti ancora per tre pagine ad elencare aziende e situazioni dubbie. L’atteggiamento pilatesco del “io metto a disposizione la piattaforma, poi i contenuti sono degli utenti e la responsabilità non è mia” è presente in quasi tutti i big. Credo che la storia abbia dimostrato, dall’esperimento di Radio Radicale[14] del 1986 in poi, come questo atteggiamento non sia accettabile.

Per questi motivi mi accingo a sospendere temporaneamente il mio account Facebook a partire dal 31 gennaio prossimo. Saluto tutti gli amici di Facebook: mi dispiacerà non vedere le loro foto e i loro cambi di stato… ma credo sia ancora possibile mantenersi in contatto anche nella vita reale! Cosa penso di ottenere togliendomi da Facebook? In effetti nulla di sostanziale, continuerò (almeno per ora) ad usare gli altri social, quindi Zuckerberg continuerà ad avere anche i miei dati. Mi interessa però rendere evidente che questa leggerezza nella gestione dei dati, per me è inaccettabile. L’unico modo a mio parere di mandare un messaggio al management di Facebook che possa comprendere è che vi sia una flessione degli utenti. Questo sta già avvenendo da un po’, anche se forse per ragioni diverse, spero il messaggio stia arrivando.

Chiudo ricordando che non metto in dubbio il potenziale (in cui continuo a credere) dei social media, ma il punto cruciale (che vorrei che Mark capisse bene!) è che c’è una responsabilità etica nella gestione di un servizio di social network mondiale a cui lui e il top management di Facebook (ma questo vale anche per le altre aziende citate) non si possono sottrarre: i dati che io condivido sui social sono il MIO TESSSORO, non il suo!

[1] https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/facebook-tutte-le-grane-privacy-allo-specchio-dei-regolatori-ue-e-usa/?sfdcid=

[2] https://www.wired.it/attualita/politica/2018/03/19/cambridge-analytica-facebook-privacy/

[3] https://www.adnkronos.com/magazine/cybernews/2018/12/19/facebook-mostrato-nostri-dati-aziende_JgdHhk4x8EWJzOn5MWYi0M.html

https://www.wired.it/attualita/tech/2018/12/19/facebook-new-york-times-messaggi-utenti/

https://www.wired.it/internet/web/2018/10/25/bing-ads-linkedin-dati-lavoro-pubblicita/

https://www.wired.it/economia/finanza/2018/12/22/facebook-privacy-dati-scandali-borsa/?utm_source=wired&utm_medium=NL&utm_campaign=daily

https://www.wired.it/internet/social-network/2018/12/17/facebook-app-foto-private/

[4] https://www.youtube.com/watch?v=OjPYmEZxACM&feature=youtu.be

https://www.ilpost.it/2018/11/07/facebook-ha-ammesso-di-avere-sbagliato-in-myanmar/

[5] https://www.money.it/scandalo-facebook-privacy-ostacolo-ai-competitors-e-vendita-dei-dati-personali

[6] https://www.vanityfair.com/news/2018/11/sheryl-sandberg-harvard-business-school-leadership

[7] https://www.instagram.com/_.stardog._/

[8] https://medium.com/privateid-blog/privacy-inequality-the-most-brutal-form-of-inequality-youve-ever-imagined-e674d4f3cd42

[9] “21 lezioni per il XXI secolo” – Yuval Noah Harari – Ed. Bompiani

[10] https://www.corriere.it/cronache/18_dicembre_05/fake-news-denuncia-ue-la-russia-spende-11-miliardi-l-anno-la-disinformazione-a66d1034-f88d-11e8-95fd-6a8b22868d97.shtml

http://agenziastampaitalia.it/politica/politica-estera/43725-2019-anno-elettorale-in-mezzo-mondo

https://www.lastampa.it/2018/10/29/tecnologia/come-jair-bolsonaro-ha-sfruttato-whatsapp-per-la-campagna-elettorale-yxsPtPtGfnIBIR5W1ebreJ/premium.html

[11] https://motherboard.vice.com/it/article/d3eqzz/secondo-questo-studio-facebook-ha-uninfluenza-diretta-sugli-episodi-di-razzismo

[12] http://m.ilgiornale.it/news/2019/01/18/youtube-stoppa-i-video-vietate-le-sfide-pericolose/1630572/

[13] https://www.bleepingcomputer.com/news/security/amazon-apple-others-hit-with-gdpr-complaints-188b-maximum-penalties/

[14] https://www.vice.com/it/article/8xkbxk/storia-di-radio-parolaccia-radio-radicale