FUTUREHEALTH: Governo del valore in sanità, la vera innovazione

(Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu)

 

L’innovazione di valore in sanità

L’utilizzo delle risorse in sanità può essere analizzato sotto diverse lenti: quella degli sprechi e delle inefficienze, dei livelli di servizio, del valore generato. Sono tutte lenti utili, ma forse quella più interessante, in questo momento, è quella del valore. Infatti, se approfondiamo ad esempio il tema degli sprechi in sanità, questo si sviluppa su due direttrici. Una riguarda le cattive pratiche di amministrazione (frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, inefficienze amministrative) e vale circa il 43% degli sprechi totali stimati. L’altra direttrice riguarda invece la qualità e il valore dell’assistenza, in particolare rispetto al sovra-utilizzo di servizi non indispensabili, il sotto-utilizzo di servizi efficaci e appropriati e carenze di coordinamento dell’assistenza. Questa seconda parte si stima valga il 57% degli sprechi totali.

Stima originale da rapporto GIMBE 2017, poi ripresa nei rapporti successivi (www.rapportogimbe.it)

In realtà il corretto governo del valore, in sanità come in qualunque altro ambito di applicazione dell’ingegno umano, ha una caratteristica unica. Infatti, mentre la doverosa riduzione di uno spreco porta ad un beneficio economico generalmente pari al valore dello spreco stesso, la gestione virtuosa del valore spesso genera come effetto collaterale dei moltiplicatori indotti che possono aumentare anche di un ordine di grandezza il beneficio totale. Insomma, lavorare sugli sprechi è un investimento sicuro, ma a rendimento limitato. Lavorare sul valore è un investimento con maggiore incertezza, ma con potenziali margini di guadagno elevatissimi. Si parla molto di innovazione in sanità, e quasi sempre si pensa all’innovazione tecnologica o scientifica. Nuove diagnostiche, strumenti digitali sempre più sofisticati, nuovi farmaci o nuove tecniche chirurgiche. Questo non è sbagliato, ma a mio parere non è l’innovazione più importante. La vera innovazione in sanità, quella che potrà cambiare (in meglio) le regole del gioco, non sarà quella tecnologica o farmacologica, ma sarà quella del governo del valore. Perché le altre innovazioni, se non inserite in un framework di governo orientato al valore, potrebbero paradossalmente essere elementi di disruption negativa del sistema, con l’aumento smisurato dei costi a fronte di tecnologie o terapie di limitata efficacia. È il condizionale forse è di troppo, perché si tratta di fenomeni già visti e ampiamente documentati.

Il tema è prettamente di governo o, come dicono gli inglesi, di Governance. Come ci insegnano i framework più accreditati[1], la governance ha tre obiettivi: ottimizzare i rischi, ottimizzare l’utilizzo delle risorse e realizzare i benefici e il valore. Focalizziamoci allora su quest’ultimo punto nel contesto sanitario.

Alcuni framework per la gestione del valore

Premetto che non farò una disamina di tutti i possibili framework teorici di gestione del valore in sanità. Piuttosto mi focalizzerò su tre framework che hanno una certa rilevanza e diffusione: “Lean Production” applicata alla sanità, la “Value Based Healthcare” e il “Triple Aim” (o “Quadruple AIM” nelle sue evoluzioni).

Partiamo dal Lean, che affonda le sue radici nel TPS o Toyota Production System. Si tratta di un framework metodologico sviluppato nell’ambito della produzione industriale (automobilistica in particolare) da Taiichi Ōno tra il 1950 e il 1975. Tutto parte dalla definizione del valore, sempre nell’ottica del cliente finale, e dalla parallela ricerca ed eliminazione degli sprechi. I cinque principi cardine sono:

  1. Definire il valore dal punto di vista del cliente (ciò per cui il cliente è disposto a pagare)
  2. Identificare il flusso del valore (value stream)
  3. Far scorrere il flusso delle attività
  4. Implementare un sistema di “pull” (ossia ogni attività viene realizzata solo quando viene richiesta “a valle”)
  5. Ricercare la perfezione tramite continui miglioramenti (Kaizen).

Ci sono diverse realtà in Italia che applicano con costanza e determinazione i principi Lean per migliorare i processi sanitari. Tra gli “storici” ci sono certamente l’A.O. Universitaria di Careggi, l’Istituto Clinico Humanitas e gli Ospedali Galliera. Ma per avere il polso su cosa si stia facendo in Italia sul tema, basta dare uno sguardo al sito Lean Award[2], in cui vengono premiate le realtà che ottengono i migliori risultati.

Che benefici può portare il Lean in una realtà sanitaria? Nella mia esperienza (ho vissuto in prima persona un progetto di ottimizzazione Lean in Fondazione don Gnocchi) tantissimi. Se avete provato almeno una volta a vivere un processo sanitario da paziente con l’occhio attento ai processi, avrete notato gli innumerevoli sprechi: di tempo (quante attese inutili), di materiali, di risorse preziose sotto o sovra utilizzate… Gli esempi potrebbero essere infiniti. Dalla gestione dei pre-ricoveri e dei ricoveri, all’ottimizzazione dei flussi dentro i reparti e tra reparti, alla gestione snella dei magazzini e dei consumabili, alla gestione dei flussi dei pazienti ambulatoriali, per citarne solo alcuni. Tra l’altro, dove ho visto applicare il lean in concomitanza alla digitalizzazione dei processi, i risultati sono stati incredibili. Infatti in questo approccio, invece di digitalizzare processi disfunzionali sprecando risorse e spesso distruggendo valore, si ripensa prima il flusso, a partire dal valore, e poi lo si digitalizza.

Il secondo framework di gestione del valore, e forse il più acclamato in questo momento, è la Value Based Healthcare o VBHC. È un framework che nasce da M. Porter della Harvard Business School[3]. Come spesso accade, molti guru americani si interessano della sanità una volta che hanno passato i 50 anni. È successo a Porter con la VBHC, così come a Christensen con il suo interessantissimo libro: “The Innovator’s Prescription”[4]. Sarà un caso? O forse, come esseri umani, abbiamo bisogno di sperimentare con mano i processi sanitari per sentire l’urgenza del cambiamento? Comunque, tornando a Porter, la sua proposizione si basa su un’agenda strategica in sei punti:

  1. Organizzazione di unità di cura integrate (IPU)
  2. Misurazione dei risultati (outcome) e dei costi
  3. Revisione modelli di remunerazione (pagamenti a pacchetto)
  4. Integrazione assistenza
  5. Superamento limiti geografici
  6. Piattaforma tecnologica integrata e abilitante.

Senza entrare nel merito dei singoli punti, sottolineiamo che un aspetto nodale è quello della misurazione del valore (punto 2). Infatti, il valore per Porter è definito da una formula in apparenza semplice:

Valore = Outcome / Costi

La semplicità è solo apparente[5] perché, se già la misurazione del costo legato ad un outcome specifico non è sempre banale in sanità, la definizione e la misurazione degli outcome lo è ancora di meno. C’è un tema di normalizzazione delle misure (in modo da non penalizzare chi gestisce i casi più gravi) e c’è un tema di confrontabilità dei dati. Se poi analizziamo gli altri elementi dell’agenda, dalle IPU ai modelli di pagamento alle piattaforme, scopriamo che sono tutti temi fortemente problematici almeno per la sanità italiana. In Europa (geografica) i casi del Galles e dell’Olanda sono quelli più interessanti. Vi sono poi diverse realtà ospedaliere (il Karolinska in Svezia, ma anche Humanitas o il S. Raffaele in Italia) che stanno lavorando sulla VBHC. Tuttavia, il livello regionale è quello minimo sensato per un approccio di questo tipo, perché può andare ad agire in modo efficace su tutti i livelli necessari come le IPU o la revisione del sistema dei pagamenti.

Per chiudere la carrellata facciamo un cenno ad un terzo framework, chiamato Triple Aim (o quadruple Aim, quando viene giustamente incluso anche il tema del benessere degli operatori sanitari).

 

Il framework ha 4 capisaldi:

  1. L’esperienza del paziente
  2. La gestione della salute a livello di popolazione
  3. La riduzione dei costi
  4. Il benessere degli operatori sanitari.

Vanno citati anche ulteriori approcci, come One Health dell’OMS, che propone un approccio olistico alla gestione della salute e che include, oltre all’essere umano, anche l’ecosistema e gli animali con cui si relazione. Tema particolarmente interessante dopo la recente esperienza pandemica.

Alla fine di questa carrellata riassumo alcune riflessioni:

  1. I metodi e i framework non mancano, va scelto quello più coerente con il contesto culturale e operativo. Ad esempio: possiamo agire su tutti i livelli della VBHC (inclusa ridefinizione del modello di pagamento) perché ci collochiamo a livello regionale o statale? Allora la VBHC è un metodo molto interessante così come il Triple (Quadruple) Aim. Oppure possiamo agire solo a livello di singolo ospedale o struttura? Allora forse il Lean può dare risultati più tangibili…
  2. Da un certo punto di vista, come spesso accade nella vita, è più importante scegliere una visione e un metodo (anche imperfetto) che il metodo stesso. Come hanno magistralmente dimostrato Kaplan e Norton in “The Execution Premium”[6]: non è così fondamentale avere la strategia perfetta. L’importante è averne usa ed eseguirla con metodo e disciplina. Anche un singolo ospedale, ad esempio, può trarre beneficio dalla VBHC, pur con i limiti visti, se porta avanti con determinazione e coerenza l’implementazione delle componenti rilevanti e applicabili della Strategic Agenda.
  3. Per massimizzare il valore, una visione è un’azione di sistema sono indispensabili. Per essere più concreti rispetto al contesto italiano: anche se vale quanto detto sopra sulla possibilità di un singolo ospedale di applicare parzialmente la VBHC o il Triple Aim, questi approcci devono essere abbracciati almeno a livello regionale per coglierne pienamente i benefici. Il caso del Galles dimostra che quello regionale è un livello coerente.

Ruolo delle piattaforme tecnologiche per la gestione del valore in sanità

Concludo con una riflessione finale sulle piattaforme tecnologiche abilitanti. Porter, con grande lungimiranza, ha previsto esplicitamente come punto della sua Strategic Agenda il tema delle piattaforme tecnologiche integrate ed abilitanti. Questo perché la sanità è un contesto estremamente complesso e il tema delle “telemetrie”, ossia delle misure a distanza per capire se stiamo andando nella direzione giusta, è fondamentale. Focalizzandoli per ora sul contesto specifico della VBHC, si possono identificare diverse componenti delle piattaforme abilitanti:

  • Componente per la raccolta degli indicatori di outcomes e di esperienza, ossia i Patient Reported Outcome Measures (PROMs) e i Patient Reported Experience Measures (PREMs)
  • Sistemi di misura e monitoraggio 24×7 dello stato dei pazienti
  • Electronic Health Record evoluto, in grado non solo di tenere traccia del percorso del paziente a livello di singolo episodio, ma di fornire una visione integrata poli-struttura della storia clinica
  • Strumenti di AI (Artificial Intelligence) per supportare il personale sanitario nella diagnosi e nella cura, oltre che nella documentazione clinica. Molti passi avanti si stanno facendo in questo senso, sia con strumenti di AI generalisti come GPT-4[7] che con strumenti verticalizzati come Med-Palm[8]
  • Gestore dei patways e dei protocolli di cura
  • Strumenti di clinical collaboration per favorire la collaborazione trasversale tra clinici (e per rendere efficaci le IPU)
  • Gestore delle anagrafiche e dei dati codificati. Questo è un vero punto dolens per un sistema sanitario frammentato come il nostro.

L’elenco presentato non ha l’ambizione di essere esaustivo. Piuttosto è un punto di partenza, focalizzato sulla VBHC, che definisce alcuni capisaldi fondamentali, non banali da realizzare in molte strutture. Inoltre, quello che Porter ha esplicitato rispetto alle piattaforme abilitanti è vero per qualunque approccio di gestione del valore su scala sistemica, che è l’unica che permetta di raggiungere risultati appunto di sistema.

Purtroppo (in particolare in Italia, con la regionalizzazione della sanità) vi è una frammentazione esiziale di piattaforme, dati codificati, processi e approcci di cura. Recentemente alcune regioni hanno avviato grandi progetti di razionalizzazione ma, essendo mancata la parte di co-progettazione e di revisione dei processi, si sono dimostrati dei rimedi peggiori del male. In un contesto del genere, prima di poter implementare la VBHC o altri approcci simili, serve un gigantesco piano di change management ed un leadership “sapiente” a livello regionale unita ad una governance nazionale.

Non dimentichiamo inoltre che l’utilizzo di strumenti digitali di per se non garantisce nulla. Infatti, è stato dimostrato[9] con diversi studi che l’introduzione dell’EHR è uno dei fattori che più incide di più sul burn-out del personale sanitario. Purtroppo, a tutt’oggi ci sono diverse realtà che non si pongono il tema del valore in modo esplicito e che in molti casi non si pongono nemmeno l’obiettivo più basilare di rivedere e ottimizzare i propri processi e il proprio flusso di lavoro. A volte, in alcune strutture sanitarie (e non solo), si ha la sensazione che le cose accadano senza una regia e un pensiero, semplicemente per ragioni storiche o contingenti, stratificando sistemi informativi più recenti su piattaforme obsolete. Questo crea ridondanza nell’inserimento dei dati, frustrazione e, appunto, burn-out. La giustificazione al mantenimento di pratiche non ottimizzate è quel: “Abbiamo sempre fatto così”, che è la singola frase che ha distrutto più valore nella storia dell’umanità di qualunque altra cosa. Queste sono le situazioni più critiche, quelle per cui quanto detto fino ad ora ha poco senso perché si tratta di una risposta ad una domanda che non si pone. In queste situazioni bisogna fare prima un lungo e complesso lavoro culturale. Per concludere con una nota di speranza: c’è molto da fare, ci sono evidenze che valga la pena di fare lo sforzo e… è un lavoro estremamente entusiasmante. Perché questo è il momento di fare il vero passo di innovazione in sanità, l’innovazione basata sul valore. Infatti, con le crescenti pressioni demografiche ed economiche e le tensioni sempre più visibili all’interno del sistema sanitario, il sistema sanitario universalistico di domani o sarà basato sul valore o non sarà.

[1] https://www.isaca.org/credentialing/cgeit

[2] https://www.leanaward.it/

[3] Porter M. (2010), What Is Value in Health Care?, The New England Journal of Medicine

[4] Christensen, Clayton M.; Grossman, Jerome H.; Hwang, Jason (2008), The innovator’s prescription: a disruptive solution for health care, New York, New York, USA: McGraw-Hill, ISBN 978-0-07-159208-6.

[5] Come ben spiegato anche in questo studio di Harvard business Review Italia: https://www.hbritalia.it/userUpload/Implementare_il_Value_Based_Healthcare_in_Italia.pdf

[6] “Execution Premium” – 17 giugno 2008 – Robert S. Kaplan (Autore), David P. Norton (Autore) – Ed. Harvard Business School Press

[7] “The AI Revolution in Medicine – GPT-4 and beyond” – 2023 – P. Lee, C. Goldberg, I. Kohane – ed. Person)

[8] https://www.agendadigitale.eu/sanita/oltre-chatgpt-il-futuro-e-delle-ai-specializzate-gli-scenari-in-medicina/

[9] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35062195/