I Pinguini del Madagascar e la Telemedicina (parte 3): ripartenza (e fine del viaggio!)

Ultimi  giorni all’ospedale di Vezo e ritorno. More pictures here.

La parte 1 del viaggio può essere letta qui. La seconda parte invece è disponibile qui.

Carissima Stella[1],

mi sento come probabilmente ti senti tu quanto ti do quel paté di carne che ti piace tanto. Lo divori in un boccone e poi scodinzoli e mi guardi, con quegli occhi neri e profondissimi che dicono: “è già finito? Come è possibile? Dai, dimmi che ce n’è ancora un po’! Dai, non scherzare, non può essere già finito!” Sì, tutte le cose belle finiscono più in fretta di quanto vorremmo, così è finito anche questo viaggio in Madagascar.

Abbiamo usato gli ultimi giorni per conoscere un po’ il contesto in cui si inserisce l’ospedale. Sabato a fine giornata abbiamo visitato Andavadoaka, il villaggio di pescatori che sorge proprio di fianco alla clinica. Come descriverlo? Una distesa di piroghe colorate e capanne su una spiaggia bellissima:

E poi tanti, tanti bambini. Qui so che cadrò in un inevitabile luogo comune. Tutti quelli che tornano dall’Africa mostrano foto su foto di bambini, ma guardate queste tre e capirete che è impossibile resistere alla tentazione di fotografarli:

La domenica poi siamo andati con i volontari del centro in gita sull’isola di Nosy Hao. Isola deserta, sole sabbia e mare bellissimo. Purtroppo, non c’è stata la possibilità di visitare la barriera corallina a causa del vento. Una volta sull’isola ci siamo divisi in due gruppi, due tipi umani direi: i nomadi e gli stanziali. I secondi si sono spiaggiati a 100 metri dalla barca e hanno passato il tempo prendendo il sole e nuotando vicino a riva. I primi sono partiti per il “giro dell’isoletta”. Io, che al mare riesco a stare fermo circa 7 minuti prima di diventare irrequieto, mi sono naturalmente aggregato ai nomadi. L’isola sembrava piccola, ma in realtà è stretta e lunga un po’ più di 2 km. e abbiamo camminato un’oretta. Tornati alla base abbiamo fatto il bagno, mangiato e poi i pescatori che ci hanno portato lì sono venuti a dirci che era ora di tornare, perché si stava alzando il vento. Perfetto, avevo superato i miei 7 minuti di stanzialità e stavo già pensando di farmi un secondo giro dell’isola. Viaggio di ritorno un po’ movimentato a causa del vento, ma le piroghe erano ben governate.

A proposito di tipi umani: lunedì mattina, prima di partire ho fatto una passeggiata sulla spiaggia del villaggio all’alba.

Anche qui ho visto all’opera due scuole di pensiero, due correnti filosofiche direi: l’eterna contrapposizione tra i razionalisti e i romantici.  Di fronte alle grandi decisioni della vita, i primi calcolano e fanno la scelta più utile e ragionevole, i secondi inseguono il sentimento, il bello. Così gli abitanti di Andavadoaka la mattina si svegliano e decidono dove andare a fare i propri bisogni. I razionalisti senza esitazione vanno nella brousse (boscaglia). I razionalisti in spiaggia. Noi occidentali propendiamo istintivamente per la prima soluzione, ma la questione è come sempre più complessa. Il vantaggio più evidente della scelta razionale è che poi non rischi di calpestarla più tardi quando, fatta colazione, corri alla barca per uscire a pescare. Ma i romantici in una cosa hanno ragione: la vista che si gode dal “bagno” sulla spiaggia è in verità impagabile! Qual è la scelta migliore? Ce lo diranno forse tra centinaia di anni gli antropologi, o gli studiosi di storia della filosofia.

Il ritorno a Tulear è stato di nuovo, come si dice, un viaggio. Non abbiamo avuto contrattempi come all’andata, ma ci abbiamo messo comunque le nostre 7 orette. Dopo il racconto del viaggio di Silvia a febbraio però non ci sono pesate poi tanto, perché a lei e alla sua compagna è successo di tutto. Strada allagata, macchina che sprofonda con l’acqua che entra nell’abitacolo, l’autista che cerca di liberare le ruote con delle improbabili immersioni nel fango, le due volontarie lasciate in auto tre ore aspettando l’arrivo dei soccorsi. I soccorsi comunque sono arrivati incarnati da una ventina di ragazzotti del villaggio che le hanno liberate, permettendo loro di raggiungere fradice e ormai nel buio pesto un provvidenziale resort lì vicino dove hanno passato la notte.

A Tulear abbiamo poi conosciuto un personaggio interessante, che chiameremo Savir. Lui ci ha aiutato a mettere insieme alcuni pezzi di sensazioni e intuizioni sul contesto in cui ci siamo paracadutati in questi giorni. Come sempre in questi casi, più ti immergi nella realtà e più sei costretto ad abbracciarne la complessità, che noi abbiamo solo intuito e sfiorato e di cui non voglio certo erigermi ad interprete. Però si capisce che c’è una situazione politica stratificata con livelli di corruzione altissimi, che la maggior parte della popolazione vive sotto la soglia della povertà nonostante le immense ricchezze, che esistono ancora malattie in altre parti del mondo scomparse come la lebbra, che l’accesso ai servizi sanitari (anche pubblici) può avvenire solo dietro pagamento delle prestazioni ricevute. Cosa impossibile per molti malgasci, che vivono un’economia di sussistenza. Va un po’ meglio da questo punto di vista agli abitanti di Andavadoaka, che hanno il cibo assicurato da un mare pescoso e l’assistenza sanitaria gratuita fornita dall’ospedale di Vezo. Anche qui però con i limiti di una struttura che vive di volontariato. Abbiamo assistito in questi giorni a situazioni non gestibili in loco con le risorse dell’ospedale e, data l’impossibilità in alcuni casi di sobbarcarsi il viaggio fino a Tulear, pazienti rimandati a casa a malincuore con cure palliative.

E che dire di una delle piaghe più devastanti di questi anni e non solo in Madagascar, di fronte alla quale ti pare di perdere la ragione: il turismo sessuale che coinvolge anche i minori. Sì, lo starete di certo pensando: potrebbe travolgere anche quei bambini bellissimi e solari che avete visto nelle foto di poco fa. È una realtà che vedi in prima persona quando negli alberghi il via vai di giovani donne truccate e poco vestite lascia poco spazio al dubbio. Un cancro che intuisci dalle mezze parole dette qua e là. Un abominio contro cui alcuni alberghi espongono anche cartelli che chiedono di segnalare alle autorità situazioni sospette di minori accompagnati ad adulti. È l’incarnazione del male che si muove, che usa tutti i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia (dagli aerei a internet), per corrompere e degradare. Perché il male non sta fermo, non è mai stanco, non si accontenta del quieto vivere, o di stare in poltrona a vedere serie su Netflix, o a leggere un buon libro come faccio io quando ho un po’ di tempo libero. Il male è dinamico e aggressivo.

In tutto questo però c’è ed è evidente anche un bene che avanza. Ritorno al punto di partenza, con la foto fatta prima di lasciare l’ospedale dove ci sono i giovani (e diversamente giovani) volontari di Vezo: Mattia, Vito, Caterina, Morena, Elena, Michela, Vincenzo, Michele, Anna, Silvia, Lory.

Ancora un grande grazie a tutti voi per la splendida accoglienza che ci avete riservato, ma soprattutto per quello che fate in Madagascar. Anche quando l’unica cosa che potete fare è assistere gli ultimi giorni di un padre di famiglia senza poterlo curare perché vi mancano i mezzi. Questo ora forse non lo capite, ma credo sia l’atto di umanità più alto e più difficile.

E vorrei ricordare che ci sono anche altre realtà in Madagascar, di cui abbiamo colto in questi pochi giorni solo un barlume e che ti stupiscono per la loro bellezza. Mi vengono in mente due ospedali simili a Vezo di cui ci hanno parlato, ma anche i Salesiani di cui ho visto la scuola a Tulear, che forma centinaia di ragazzi ogni anno diplomandoli in materie tecniche. Oppure quella signora molto potente che gestisce un orfanotrofio, di cui non ti parla ma che scopri essere per lei una missione sociale. È il bene che si muove e che fronteggia il male, anche se forse si vede meno. Come pinguini siamo onorati di aver supportato, nel nostro piccolo e limitatissimo contributo, chi vive questa battaglia in prima linea!

PS: abbiamo deciso chi sono i pinguini nella foto iniziale:

PS (2): altre foto le potete trovare su Instagram.

PS (3): la prima puntata del blog del viaggio in Madagascar la trovate qui e la seconda qui.

 

 

[1] Stella è il nostro bellissimo cagnolino, mia musa ispiratrice per tutto ciò che riguarda la tecnologia, con cui a volte comunico tramite scambi epistolari… o via social: https://www.instagram.com/_.stardog._/