5 cose sull’Innovazione che ho imparato da Stella (e da qualche buon libro) – PARTE PRIMA

Qualche riflessione sull’innovazione a partire da Stella (grande maestra anche in questo!) e da alcuni libri credo interessanti (parte prima)

PUNTO 1: L’innovazione richiede momenti di relax

Innovazione e invenzione sono due cose diverse, non c’è dubbio. Lo dice anche l’etimologia. La prima è legata all’introduzione di una novità in un dato contesto (che magari non è novità in assoluto, spesso basta “copiare” le buone pratiche di un settore e introdurle in un altro…), la seconda invece è legata alla scoperta di qualcosa di nuovo tramite, la ricerca e l’investigazione. C’è però un solido legame tra le due: richiedono creatività; presuppongono uno sguardo libero e una mente aperta sulla realtà. È l’esperienza credo di tutti noi, che le idee migliori ci vengano nei momenti di relax. A me succede quando corro nei boschi, o quando passeggio in montagna. Vi è mai venuta un’idea veramente innovativa il lunedì mattina al lavoro?

Stella questo l’ha capito benissimo. Qui la vedete in uno dei suoi tanti momenti di relax. Il suo atteggiamento verso la vita è tutto improntato sul “liberare la mente”. Beh, forse lei esagera anche un po’, diciamo che è un’artista, ma questa sua libertà mi ricorda che il bilanciamento tra il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato “ad altro” è importante anche per essere creativo nel contesto lavorativo, (oltre che per tante altre ragioni).  Ho anche imparato a diffidare di chi sostiene che bisogna lavorare 80 o 100 ore la settimana per cambiare il mondo[1]. Elon, che ti è successo? Non è che lavorando così tanto hai perso lucidità e la capacità di innovare che ti ha reso famoso?

PUNTO 2: L’innovazione richiede il dialogo continuo con l’utilizzatore (utente/cliente/paziente) finale!

Questo è un punto apparentemente ovvio, in realtà controverso. Sapete che Steve Jobs diceva che le persone non sanno cosa vogliono, fino che non glielo mostri[2]. E un altro celebre innovatore, Henry Ford, diceva che se avesse chiesto a suoi clienti cosa avrebbero voluto, la risposta sarebbe probabilmente stata: “Un cavallo più veloce”.

Io ovviamente credo a Henry Ford e ancora di più a Steve Jobs, ma anche qui Stella mi ha insegnato qualcosa. Vi faccio un esempio. Qualche tempo fa, sono partito con l’idea di rendere più confortevole la sua cuccia. Lei non mi ha chiesto nulla (caso tipico di utente che non esprime in modo chiaro i suoi bisogni), ma capivo che con l’età il freddo pungente e umido dell’inverno (lei dorme fuori casa) stavano diventando un problema. Allora ho cominciato ad usare per scaldare la sua cuccia le lampadine a infrarossi che si usano nei rettilari. Mi sembrava un bell’ idea, anche se non costano poco. Purtroppo le lampadine non duravano mai più di un mese, massimo due. Pur con tutte le cautele e le protezioni che mettevo in atto, le trovavo sempre rotte. Che fosse la luce (pur soffusa) che dava fastidio? Che non le garbasse quell’intruso nell’intimità della sua cuccia? Che fosse indignata da quell’accostamento con i rettili (con tutto il rispetto per le tartarughine)? Non l’ho mai compreso veramente: spesso i feedback degli utenti non sono facili da interpretare. Dopo un po’ ho capito che dovevo cambiare approccio. Così ho piazzato di fronte alla porticina della cuccia una stufetta elettrica. Scalda l’aria intorno alla cuccia, non è invasiva e Stella la gradisce moltissimo. A suo modo, e a forza di lampadine saltate, Stella mi ha condotto alla soluzione migliore!

Morale? Forse l’utente non sa cosa vuole, ma il feedback continuo, (già dalla fase di concept e di design) è importantissimo. Ci sono tanti studi che superano le posizioni di Jobs e di Ford e che teorizzano che nel mondo complesso e interconnesso di oggi il modo più sostenibile di innovare è attraverso il coinvolgimento di più attori possibili. Chi volesse approfondire il tema in particolare nel contesto sanitario, può partire dal Report “Open Innovation in Healthcare” di Geoff Mulgan, autore molto interessante che ho avuto la fortuna di conoscere[3].

PUNTO 3: L’innovazione è multiforme

Stella è ormai una matura signora di 98 anni. Sì lo so, moltiplicare i suoi 14 anni per 7 è un modo inaffidabile di rapportare l’età canina a quella umana, però è un dato di fatto che Stella non è più una giovincella. A volte non lo diresti, perché la settimana scorsa è scappata di casa correndo per inseguire un gatto, ma dopo 500 metri si è fermata spompata e si è fatta riportare a casa. Qualche anno fa avremmo dovuto inseguirla per chilometri. Dato che a noi (e anche a lei) piace andare in montagna, quest’anno abbiamo sperimentato una delle innovazioni più gradite da Stella (un po’ meno da me), ossia il trasportino che vedete in foto. Così quando facciamo gite un po’ lunghe, dopo una o due ore di cammino le concediamo mezz’ora di riposo nel trasportino. Senza questa innovazione avremmo dovuto lasciare Stella a casa o rinunciare ai nostri amati giri sulle Dolomiti.

Per Stella credo che ci sia una sola innovazione superiore al trasportino, ossia la gestione del menu. Per anni abbiamo alternato cibo secco a carne in scatola (il primo è più pratico, la seconda piace un sacco di più a Stella) senza una struttura e uno schema preciso. Ad un certo punto ci siamo organizzati io e Alex in modo da darle il secco in settimana (praticità) e la carne in scatola nel week-end (anche lei si merita qualche concessione il sabato e la domenica!). Una volta trovato il ritmo, questa alternanza è piaciuta molto a Stella. Infatti se qualche volta nel week-end ci dimentichiamo di darle la carne, rifiuta il secco e ci guarda malissimo. In casi estremi è arrivata a lasciarci i bisognini del giorno davanti alla porta di ingresso.

L’altra innovazione, quella della stufetta per l’inverno, l’ho già spiegata.

Cito questi esempi perché uno dei libri più interessanti che ho letto recentemente si intitola: “Dieci tipi di innovazione”[4] di L. Keeley. Aiuta a riflettere, con moltissimi esempi e casi di studio, su come esistano tanti tipi di innovazione che vanno al di là della classica innovazione di prodotto o tecnologica a cui automaticamente pensiamo. Keeley classifica le innovazioni secondo questo schema:

  1. Innovazioni di configurazione:
    1. Modello di profitto
    2. Network
    3. Struttura
    4. Processo
  2. Innovazioni di offerta:
    1. Performance di prodotto
    2. Sistema di prodotto
  3. Innovazione di esperienza:
    1. Servizio
    2. Canale
    3. Brand
    4. Customer Engagement

Tornando alla nostra Stella (e guardando le cose dal suo punto di vista), il trasportino è un’innovazione di offerta (un nuovo prodotto), ma anche di esperienza (il servizio di trasporto che io offro!). Lo stesso vale per la stufetta elettrica (prodotto nuovo nel suo contesto, che abilita un servizio di “riscaldamento zona cuccia nelle serate fredde” gestito sempre da me). Invece la gestione del menu (con la rotazione tra secco e carne) è un’innovazione di configurazione (include una struttura organizzativa, con io e Alex che ci diamo i turni e di processo, con rigide regole per alternare carne e secco). In questo caso non è un’innovazione di servizio, perché il servizio “consegna cibo nella ciotola due volte al giorno” c’era già e funzionava, anche se strutturato diversamente.

Per citare un’altra lettura interessante, il “Libro Bianco sull’Innovazione della PA (2018)”[5] dedica un capitolo alla sanità e raccomanda tre tipi di innovazione (in cui quella tecnologica è solo l’ultima):

  • Innovazione organizzativa delle strutture, perché diventino asset strategici di sviluppo, anche economico. Attraverso hub logistici esterni e una rete operativa interna; gestione terziarizzata; delocalizzazione in aree idonee; micrologistica, che introduce sistemi gestionali di controllo del flusso magazzino di reparto/somministrazione;
  • Innovazione delle competenze (capacity building) manageriali e specifiche dei professionisti e degli operatori, in grado di garantire la governance del processo attraverso indicatori di performance e customer satisfacion, con la certezza che l’innovazione logistica sia una grande occasione di contrasto al rischio clinico, che si genera in ospedale;
  • Innovazione tecnologica con la condivisione reale e la gestione sicura dei dati e delle informazioni; i sistemi identificativi.

Chiudo con un’ultima considerazione.  Nella sua multiformità, l’innovazione può naturalmente assumere anche connotati inquietanti. Non apro qui il dibattito sull’Intelligenza artificiale, ne ho già parlato in diversi post, ma condivido una notizia di questi giorni. Niente super-intelligenze che minacciano l’uomo o armi autonome e incontrollabili, ma una semplice app. Un’app per denunciare gli eretici[6]. È stata lanciata dall’Ufficio del Procuratore di Jakarta. Tanto per dire che a volte ci perdiamo in discussioni apocalittiche su temi enormi come l’etica e l’intelligenza artificiale (discussioni che mi appassionano e che sono importantissime!), ma poi sorvoliamo sugli impatti che tecnologie ben più diffuse e disponibili come un’app possono avere sulla società.

(NOTA: i PUNTI 4 e 5 saranno sviluppati nella seconda parte dell’articolo che seguirà prossimamente. Questo perché Alex, che corregge le mie bozze e quindi legge in anteprima i post del blog, mi ha fatto notare che i miei post sono troppo lunghi e che devo limitarmi a un tempo massimo di lettura di 5 minuti. È stata irremovibile su questo e, come al solito, ha ragione. La seconda parte la potete trovare qui.)

[1] https://www.businessinsider.com/elon-musk-says-80-hours-per-week-needed-change-the-world-2018-11?IR=T

[2] “Some people say, “Give the customers what they want.” But that’s not my approach. Our job is to figure out what they’re going to want before they do. I think Henry Ford once said, “If I’d asked customers what they wanted, they would have told me, ‘A faster horse!'” People don’t know what they want until you show it to them. That’s why I never rely on market research. Our task is to read things that are not yet on the page” (S. Jobs)

[3] https://media.nesta.org.uk/documents/open_innovation_in_health_0.pdf

[4] “Ten Types of Innovation: The Discipline of Building Breakthroughs” – L. Keeley – Ed. John Wiley & Sons. Si veda anche: http://idiecitipidiinnovazione.it/

[5] https://forumpa-librobianco-innovazione-2018.readthedocs.io/it/latest/index.html

[6] http://www.asianews.it/notizie-it/Jakarta,-disponibile-un-app-per-denunciare-eresie-religiose-45628.html