Digital Silk Road: il digitale in Cina (e non solo) e i tre anelli del potere

(Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu)

Internet e quasi tutte le tecnologie ad essa collegate, dai social al metaverso, nascono come contesto culturale dalla visione del mondo degli hippy californiani[1]. Per una curiosa (e inquietante) eterogenesi dei fini, ciò che era nato con l’intenzione di aumentare la libertà (anche di evasione) e la possibilità di comunicare delle persone è sempre più spesso utilizzato con fini opposti.

Intendiamoci: anche se qui parleremo spesso della Cina, scopriremo che si possono fare discorsi analoghi per molte grandi democrazie occidentali (gli Stati Uniti in primis). L’unica differenza è che nelle democrazie occidentali vi è una negoziazione tra poteri diversi: oltre allo stato, anche il settore privato ha un peso importantissimo e una grande autonomia. Vi sono poi varie organizzazioni e la società civile che in qualche caso riescono a far sentire le loro ragioni. Nel caso della Cina, invece, il potere del CCP[2] è fortissimo e incontrastato. La Cina unisce un livello di investimento nella tecnologia digitale elevatissimo, insieme ad una visione chiara e coerente (anche se inquietante) di come usare la tecnologia per il controllo della società e la difesa del potere. Questa coerenza rende più leggibili i pericoli e le storture rispetto agli altri paesi[3].

Comunque sia, ad est come ad ovest alla fine si tratta di gestione del potere e la tecnologia è uno strumento di potere.

Nella poesia dell’anello (ma quanto era profetico Tolkien?) si parla proprio del potere con analogie fortissime con quanto sta succedendo ora:

One Ring to rule them all,

One Ring to find them,

One Ring to bring them all[4]

 

Se guardiamo a quello che sta succedendo, la tecnologia è usata dalla Cina (e non solo) proprio per i tre scopi rappresentati nella poesia dell’anello:

  1. Tecnologia usata per sorvegliare e trovare le persone
  2. Tecnologia usata per dominare le persone
  3. Tecnologia usata per manipolare le persone e farle comportare come un branco (raggrupparli)

Nei prossimi articoli esploreremo i tre aspetti nelle loro diverse declinazioni. Un’altra ragione per indagare il modello cinese è perché ho una domanda che mi frulla dentro da un po’ di tempo e che mi incuriosisce parecchio. Quelli della mia generazione, che hanno vissuto il crollo del blocco Sovietico, sono cresciuti con il dogma della libertà individuale come pre-requisito per l’innovazione, lo sviluppo economico e il benessere. Dove c’è un regime autoritario, ci può essere uno scimmiottamento del progresso, ma il sistema prima o poi è destinato a crollare come successe all’U.R.S.S.. Ecco, la Cina sembra smentire questa visione forse un po’ naif. Non si può negare che sia uno stato autoritario, ma sembra aver trovato la ricetta per far convivere autoritarismo e innovazione. Inizialmente si limitavano a copiare la tecnologia occidentale. Deng Xiaoping aveva coniato il termine “copinism”, diventato quasi un obiettivo strategico della nazione. Ora non è più così. Le aziende e le università cinesi, anche grazie ad un massiccio e forse sprovveduto trasferimento tecnologico da parte di aziende occidentali negli ultimi due decenni, sono diventate capaci di creare e di innovare. Interessante è anche osservare la parabola dell’utilizzo delle tecnologie: in primis la Cina ha utilizzato le tecnologie al proprio interno, ora le sta usando come strumento di espansione. Infatti, nell’esplorare il primo punto parleremo anche della Digital Silk Road, la dimensione tecnologica del programma di espansione internazionale chiamato “Belt and Road initiative”.

Dove ci porterà tutto questo? In un incubo distopico? Forse. Tuttavia nel viaggio capiremo che questo rischio non c’è solo in Cina. Anche dove la retorica delle libertà individuali e dell’auto-determinazione delle persone è più strombazzata, vengono usate tecnologie simili per fini analoghi. Pensate alla discrezionalità concessa all’NSA e ad altre agenzie americane dopo l’11 settembre (Snowden insegna) o all’utilizzo disinvolto dei nostri dati da parte dei colossi digitali statunitensi. Tutti temi abbastanza noti. Meno nota è forse la lungimiranza e la determinazione ad invadere progressivamente gli spazi digitali in patria e nel mondo da parte dei vertici del CCP, evidente rileggendo la storia di Huawei e di altre aziende cinesi. Vedremo come la video sorveglianza, unita al riconoscimento facciale e ai big data, può essere uno strumento formidabile di controllo e di manipolazione. Scopriremo come si possono orientare a piacere elezioni e controllare il destino di interi paesi. Indagheremo le infinite possibilità aperte dal capitalismo di sorveglianza[5], sia in occidente che in oriente, e il paradosso della sindrome di Stoccolma planetaria che ci rende tutti complici dei nostri aguzzini.

Un’ultima nota: chi mi conosce bene sa che credo nella tecnologia come strumento di evoluzione perché credo nell’umanità (sui singoli uomini e donne a volte ho qualche dubbio in più) e nella capacità rigeneratrice della Vita. Ritengo però che, specialmente in questo momento storico, sia importante osservare la tecnologia con occhio critico per capire quali sono i rischi e come limitarli. Non credo quindi (attenzione: spoiler ahead) che alla fine l’anello vada distrutto come nel Signore degli Anelli. Anche perché questa era un’opzione nella Terra di Mezzo, ma non lo è nel mondo attuale!

[1] “Il corpo e la macchina” di P. C. Rivoltella e P. G. Rossi – Ed Scholé

[2] Chinese Communist Party

[3] Per approfondire il tema in forma narrativa: https://www.yottabronto.net/ai-novissima/ (in particolare il racconto Panopticon)

[4]Un anello per domarli,

un anello per trovarli,

un anello per germirli”

In realtà mi trovo poco nella traduzione perché “rule them” non è “domarli” ma “dominarli” e tradurre “bring them all” con germirli è discutibile. È più un “raggrupparli insieme”, “portarli insieme”. Propongo quindi:

Un anello per dominarli,

un anello per trovarli,

un anello per raggrupparli”

[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Il_capitalismo_della_sorveglianza