I paradossi del PNRR e 3 pilastri di una nuova piattaforma culturale: alcune riflessioni e una proposta operativa

Articolo pubblicato con A. Tironi in anteprima su AgendaDigitale.eu

I paradossi del PNRR

Che il PNRR sia l’occasione del secolo (come lo è stato il piano Marshall nel XX secolo) è un dato di fatto. E che le sue missioni (rivoluzione digitale, rivoluzione verde, infrastruttura e mobilità, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute) siano sfide fondamentali, è inoppugnabile.

Fonte PNRR: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf

Il tutto va inquadrato in un un lungo periodo caratterizzato, per l’Italia, da poche riforme strutturali, continui cambiamenti governativi, pochi investimenti in ricerca e sviluppo e scarsa digitalizzazione e semplificazione burocratica.

Quindi il PNRR è l’occasione per fare quelle riforme di base che l’Europa chiede e che Draghi auspicava ai tempi in cui era il banchiere centrale in BCE (dal lontano “Whatever it takes” del 2012).

Dovremo quindi tutti lavorare non per “presenza” (prendendo spunto dal dibattito sullo smart working in corso) ma per “obiettivi”, dovremo lavorare per valore generato e non per function point (citando Diego Piacentini), dovremo lavorare per outcome e non per output.

L’Italia non è molto abituata a lavorare così. Siamo molto bravi come Paese nelle fasi di annuncio e storytelling, meno nelle fasi di esecuzione e generazione del valore.

Si tratta quindi di un cambiamento culturale molto importante e procrastinato da tempo. Come tutti i cambiamenti culturali, per attuarsi, ha bisogno di fasi di accettazione, comprensione, digestione, messa a terra e diffusione.

Forse tutto il tempo necessario a questo cambiamento non l’abbiamo, dato che il PNRR richiede continui “obiettivi raggiunti” e ogni passaggio è vincolo per l’erogazione dei fondi e per accedere al passaggio successivo.

Per quanto riguarda sia il settore privato che ancora di più quello della PA, dobbiamo agire con una “manovra a tenaglia temporale”, come in TENET[1]. Ossia bisogna fare tesoro nel presente di chi è già stato nel futuro ed ha informazioni preziose: i paesi anglosassoni e del nord Europa che sul digitale investono da decenni e che hanno elaborato teorie e metodologie di tipo lean/agile per limitare i rischi e massimizzare i benefici. Con queste informazioni dobbiamo agire sia ai livelli direzionali che ai livelli operativi. Del resto tutto il movimento Agile è la dimostrazione che cambiamenti nella governance e nello stile di leadership possono partire dal basso (Agile non partì da un gruppo di “artigiani” del software?).

A tutti i livelli servono leader e non solo grandi capi: non dimentichiamo che anche uno sviluppatore, un sistemista, un analista possono essere leader nel loro team e attori del cambiamento. Servono leader illuminati che abbiamo una cultura digitale, che capiscano l’importanza del PNRR, che conoscano di project management, di metodologie di sviluppo agile, che sentano la missione fondamentale di cambiare PA e il privato (ovvero il tessuto produttivo del Paese) per le future generazioni mantenendo l’Italia un Paese competitivo. Questi leader dovranno essere di esempio e trascinare i colleghi più lenti nell’adozione di nuove pratiche e nuovi modelli di generazione del valore.

Del resto i vincoli classici, ovvero quelli hard (mancano i soldi e la tecnologia non è pronta) sono chiaramente svaniti: i soldi ce li mette il PNRR, di tecnologia per la PA ne abbiamo più che a sufficienza.

I vincoli soft (delle persone) sono in miglioramento: è ormai un “must” formare digitalmente il proprio personale e se stessi (come manager e lavoratori) sia all’uso di strumenti digitali che all’uso di piattaforme digitali. Il covid ha sdoganato la necessità di avere conoscenze digitali per essere un “normale” lavoratore o un leader digitale.

Manca il salto finale: una cultura aziendale di cambiamento, innovazione, valore e non di sopravvivenza.

Per questo cambiamento servono gli innovators e early adopters, coloro che progettando e utilizzando nuove buone pratiche in primis metodologiche sappiano generare valore, condividerle e renderle fruibili a tutti superando un vizio antico della PA italiana: raccontare di aver reso alcuni servizi migliori, senza creare un kit di miglioramento riusabile che permetta scaling delle soluzioni.

E qui sta il cuore anche del salto che deve fare il PNRR sulla parte digitale: per ora si è parlato di “logistica” (andare in cloud) e “tubi” (banda ultra larga), poco di servizi.

Come faremo i servizi del futuro che sono il cuore dell’interazione PA-Cittadino-Aziende?

Come potranno questi servizi essere efficaci e efficienti sui tre assi della:

  • velocità di esecuzione: non intesa come pura velocità ovvero minor tempo di erogazione (o perlomeno non solo), ma intesa come capacità di erogare il servizio proattivamente e quando serve al cittadino/cliente (vedi greenpass)
  • qualità: saper erogare davvero quello che serve (vedi greenpass)
  • attenzione umana: non dimenticarsi che un buon servizio è fatto anche di attenzione all’essere umano, perché il digitale è utile e buono, ma l’essere umano rimane tale, come visto anche nel periodo covid, e quindi necessità non solo di un servizio efficace ma anche di attenzione

Quindi riassumendo, abbiamo bisogno di:

  • coinvolgere leader a tutti i livelli che sappiano fare da apripista
  • aggiungere alla parte digitale del PNRR oltre alla parte “logistica ”(cloud.italia.it, kit per la migrazione al cloud) e alla parte “tubi” (https://bandaultralarga.italia.it/en/), anche la parte servizi
  • individuare una roadmap che permetta uno scaling e replicazione (mediante kit e comunità di definizione e condivisione) di buone pratiche
  • lavorare sui tre punti sopra per i vari ecosistemi della PA (non considerando la PA un solo blocco ma considerando gli ecosistemi che la compongono: scuola, pa locale, università, salute …)

Anche perché la credibilità di Mario Draghi, quando prima o poi uscirà dal ruolo attuale, dovrà essere compensata dalla credibilità del Paese (che ha come ossatura la PA) ottenibile grazie alla messa a terra del PNRR, se non si vogliono sorprese.

Fonte Piano Triennale

 https://docs.italia.it/italia/piano-triennale-ict/pianotriennale-ict-doc/it/2017-2019/doc/06_ecosistemi.html

  • il tutto coordinando tutti i livelli della PA, non solo gli ecosistemi, ovvero pa centrale, regionale, locale con un piano di governance efficace (e relativa visione), in modo che tutti capiscano quale è il loro ruolo , superando i silos tra pa dello stesso livello (ad esempio regioni in competizione) e tra livelli (pa centrale separata da pa regionale o addirittura in competizione etc etc…)

Sembra fantascienza? Un po’ sì, ma non dimentichiamo che in diversi paesi i governi e le PA stanno già cominciando a lavorare in questo modo[2]. Quindi è possibile. Per essere realisti dobbiamo però tenere presente alcuni aspetti peculiari del nostro paese, come la frammentazione di competenze e una governance stato/regioni molto meno che perfetta[3], che complicano sicuramente il cammino.

Tre pilastri per usare bene i fondi del PNRR

Lo scenario è da: “ci vorrebbe un supereroe”, la verità vera però è che non esiste un “silver bullet” (e tantomeno un supereroe) per risolvere i problemi della PA e di tante aziende italiane. Ogni percorso non sarà immediato e richiederà un investimento innanzitutto in cultura digitale. Un vantaggio comunque lo abbiamo: in termini di evoluzione digitale, noi come paese e come Pubblica Amministrazione abbiamo storicamente investito meno degli altri paesi sviluppati[4]. Questo significa che il problema di gestire importanti investimenti nel digitale altri paesi lo hanno affrontato prima di noi. Risultati? Alti e bassi, direbbe Jovanotti. Però è possibile attingere all’esperienza degli altri per limitare i bassi (che a volte sono stati onestamente disastrosi) e massimizzare gli alti in modo da valorizzare i fondi del PNRR che stanno arrivando. Per fare questo, serve una nuova piattaforma culturale sostenuta da 3 pilastri fondanti:

  • Agile governance, ossia definizione e governo della vision e degli obiettivi strategici. L’evoluzione digitale ha una regola fondamentale, che la rende simile alle più belle escursioni in montagna: la meta vera la scopri durante il cammino. E potrebbe essere diversa da quella che ti eri immaginato, perché di solito pensi che il tuo obiettivo sia raggiungere la vetta e poi scopri che l’obiettivo vero è evitare un brutto temporale in quota e riportare a casa lo zaino. Però c’è un’altra regola: se non hai una visione e degli obiettivi strategici, di sicuro ti perderai e non trarrai valore dall’esperienza. So che i due temi sembrano in contraddizione, ma chiunque abbia gestito progetti di evoluzione digitale complessi (e chiunque abbia familiarità con la vita e la montagna) ha sperimentato questa splendida eterogenesi dei fini. Sapersi dare una visione (letteralmente: saper visualizzare uno stato futuro) e degli obiettivi, mantenendo però l’agilità necessaria a ridefinirli durante il percorso, è la vera arte dell’agile governance[5]. E non sembri strano, perché è il modo più naturale di agire: i più grandi alpinisti (e i più grandi uomini) sono i migliori maestri in quest’arte di definire/valutare/ridefinire continuamente gli obiettivi strategici! Questo è un obiettivo che richiede la partecipazione di tutti, ma che vede in prima fila soprattutto la leadership della PA.
  • Agile product delivery, ovvero come costruire i prodotti in modo agile. Quello che è vero a livello di strategia, è vero anche a livello di singola iniziativa. Le metodologie per affrontare la delivery di percorsi digitali complessi ci sono tutte. In particolare il mindset Lean/Agile è quello che si è diffuso come uno dei più interessanti per governare la trasformazione (o evoluzione) digitale e controllare i rischi. Nel contesto del PNRR, saper identificare con sapienza quale approccio utilizzare (way of working direbbero i metodologi) per la specifica iniziativa è cruciale per il successo. Qualche percorso si presterà ad un approccio più tradizionale (project management predittivo o waterfall), la maggior parte probabilmente richiederà un framework di tipo agile. In questo contesto potrebbero essere approfonditi anche la filosofia e i prodotti open source, la cui filosofia e i cui valori hanno molto in comune con il mondo agile.
  • Motivation 3.0, ossia il nuovo sistema operativo dell’organizzazione agile. Quando si parla di PA (ma anche di molte aziende private), è forse il nodo più spinoso. D. Pink in “Drive” spiega bene che per motivare le persone nel sistema operativo “motivazione 3.0” servono 3 ingredienti: mastery, autonomy e purpose. I livelli autonomy e purpose sono strettamente legati al modo in cui è organizzato il lavoro e devono essere indirizzati a livello di leadership. La mastery invece è un cammino individuale e di team legato alle competenze sul quale molto si può e si deve fare nell’immediato.

Serve un catalizzatore: una proposta operativa

Cosa fare per costruire i tre pilastri a sostegno della nuova piattaforma culturale? Come colmare i tanti debiti (tecnologico, metodologico e culturale) che la PA e molte aziende italiane hanno accumulato negli anni nel breve tempo che ci è concesso per utilizzare bene i fondi del PNRR? Purtroppo abbiamo sia un problema di energia necessaria a cambiare la cultura aziendale sia un problema di tempi. La domanda quindi è come fare per abbassare il livello di energia necessario e ridurre i tempi. Serve fondamentalmente un catalizzatore, ossia un elemento che “interviene durante lo svolgimento di una reazione chimica e che, modificando il complesso attivato della reazione, permette un abbassamento […] dell’energia di attivazione, quindi […] aumentando […] la velocità[6].

Si propone quindi di creare un programma di cambiamento che si ponga come facilitatore di condivisione di esperienze, eccellenze, competenze metodologiche e organizzative a supporto di tutti gli attori coinvolti nell’evoluzione digitale del nostro paese. Il programma dovrebbe avere come punti focali sia il governo agile dell’innovazione digitale sia l’empowerment delle persone. Se volessimo affibbiargli un acronimo, questo potrebbe essere A.G.I.H.R.E. (Agile Governance of Innovation and Human Resources Empowerment). All’interno di questo programma, potrebbe essere ospitate più iniziative tra cui una più urgente e focalizzata sull’utilizzo dei fondi del PNRR nella Pubblica Amministrazione. Per continuare il giochino degli acronimi, potremmo chiamare questo catalizzatore urgente LAMPPO (Lean-Agile Mindset for PNRR in Public Organizations). LAMPPO potrebbe definirsi come un CoE (Center of Excellence) per la Pubblica Amministrazione e avvalersi della collaborazione di associazioni e di esperti organizzando eventi, networking, formazione e tutto quello che può servire a condividere le migliori competenze ed esperienze per non essere travolti dal PNRR. L’ambito metodologico prevalente sarà quello Lean/Agile, ma con attenzione anche alle metodologie di governance e di project management più tradizionali che mantengono alcuni ambiti di applicazione (nella versione waterfall/predictive oppure come Agile Project Management). Particolare rilievo verrà dato anche agli aspetti psicologici e motivazionali del personale.

Il Center of Excellence LAMPPO potrebbe strutturarsi su tre stream strategici: uno focalizzato sull’agile governance, uno sulle metodologie di Agile Delivery e uno sugli aspetti di cultura digitale e motivazione del personale.

La gestione di LAMPPO dovrà essere ovviamente agile: il backlog dell’iniziativa dovrà essere gestito da un Initiative Owner che ha il compito di prioritizzare i backlog item e definire i contenuti delle iterazioni con tutti gli stakeholder. Si potrebbe partire nelle prime iterazioni dagli item più semplici e fondanti nella forma di semplici webinar aperti per inquadrare il PNRR, condividere le modalità per accedere ai fondi, diffondere gli strumenti metodologici Lean/Agile, condividere testimonianze e best practice. La crescita di impegno/impatto sarà commisurata alla risposta degli stakeholder e delle community of practice e alla disponibilità di risorse volontarie da dispiegare sul campo. Per il futuro si potrebbe pensare ad un Leadership Council, ossia un tavolo dei decisori per mettere a fuoco l’agile governance, a un network di CoP (Community of Practice) focalizzate su temi specifici (metodologie, open source, architetture…), ad un percorso di formazione (ad esempio uno short Master) sull’evoluzione digitale Lean/Agile, a delle pubblicazioni tematiche, a percorsi di evoluzione delle competenze per colmare i gap esistenti, alla condivisione di best practice, a tavoli con i Direttori delle Risorse umane per indirizzare i temi motivazionali… insomma l’iniziativa potrebbe avere un backlog potenzialmente lungo. Ma come sempre nei percorsi agili, solo i primi item del backlog devono essere messi a fuoco per partire con le prime iterazioni, il resto lo si analizza quando si avranno le condizioni per farlo. Insomma il percorso potrebbe diventare una sorta di “PNRR Toolkit”, che comprenda gli strumenti metodologici e culturali di sopravvivenza per affrontare lo Tsunami che, se non anticipato e “surfato”, rischia di travolgerci tutti.

Chi volesse approfondire il tema o dare un contributo a LAMPPO può scrivere a giuliano.pozza@gmail.com oppure ad andrea.tironi@gmail.com.

 

[1] https://www.ilpost.it/2020/09/01/tenet-spiegato-domande-risposte-teorie/

[2] https://www2.deloitte.com/us/en/insights/industry/public-sector/government-trends/2021/agile-at-scale-in-government.html

https://www.researchgate.net/publication/325074235_Agile_government_Systematic_literature_review_and_future_research

[3] https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/uniti-alla-meta-il-ruolo-delle-regioni-nellattuazione-dellagenda-digitale/

[4] https://www.agid.gov.it/index.php/it/agenzia/stampa-e-comunicazione/notizie/2021/02/10/pubblica-amministrazione-spesa-ict-pubblicato-il-nuovo-report

https://www.uil.it/documents/REPORT_DIGIT_NE%20PA_4_8.pdf

[5] https://www.meti.go.jp/english/press/2021/pdf/0219_004a.pdf

[6] fonte: wikipedia