“Nemmeno l’ape
Compie tutte le cose
In egual modo”
(Articolo pubblicato in anteprima su AgendaDigitale.eu)
Siamo arrivati all’ultima puntata[1] e condivido ora quello che mi pare un Haiku bellissimo, perché sottolinea un principio fondamentale della vita in cui credo molto: esiste il metodo, ed è fondamentale, ma non esistono ricette!
Infatti, chi in natura più dell’ape rappresenta la metodicità e l’organizzazione strutturata? Eppure, anche tra le api ci sono molte differenze. Innanzitutto perché, come tutti sanno, ci sono diverse tipologie di api con mansioni diverse. Ma non tutti sanno che le mansioni svolte cambiano a seconda dell’età: da giovani, ad esempio, le api operaie svolgono più mansioni all’interno dell’alveare, più invecchiano e più si spostano verso l’esterno. Ma c’è di più: anche api operaie della stessa età sembra che abbiano attitudini diverse. Alcune sono più inclini ai contatti sociali, altre più portate verso attività solitarie[2]. Non basta? Allora sappiate che le api si adattano continuamente ai cambiamenti previsti (stagionali) e imprevisti (cambiamento climatico) dell’ambiente. Modificano il consumo di cibo, l’area di bottinaggio, la velocità di riproduzione e perfino alcune caratteristiche anatomiche[3]. I bombi delle montagne rocciose stanno progressivamente accorciando la ligula (proboscide) dei loro impollinatori per far fronte al cambiamento climatico. Pare infatti che impollinatori con la ligula più lunga siano più selettivi e scelgano solo fiori con nettare “profondo”. Metodo rigoroso e adattabilità continua, sembra essere la lezione delle api.
Lezione che ho imparato sulla mia pelle quando, qualche mese fa, ho vissuto un’esperienza bellissima: la maratona di Firenze.
Partenza e arrivo tra Duomo e battistero e in mezzo… 42 Km e 195 metri tra monumenti, lungarno, parchi e ali di folla entusiasta. Era la mia prima maratona ed è stata un’esperienza irripetibile (lapalissiano). Perché la maratona è emblematica del binomio metodo e adattamento? In primo luogo, perché è l’unica tra le gare tradizionali di atletica leggera in cui la distanza di gara non viene mai completata in allenamento. Quindi, soprattutto nel caso della prima maratona, ti trovi a correre per la prima volta in vita tua una distanza mai sperimentata. Io, ad esempio, in allenamento ero arrivato al massimo a 32 Km. Quando durante la gara sono arrivato al trentaduesimo, ho gridato: “Terra incognita”, con grande stupore dei miei vicini che hanno pensato certamente ad un colpo di calore. Da lì in poi è stata tutta una scoperta. Quattro mesi di allenamenti meticolosi, con tabelline, GPS e cronometro sono certo serviti a prepararmi, ma solo parzialmente. Infatti, se al trentaduesimo in realtà non mi è successo nulla… al 38 esimo chilometro sono andato a sbattere contro il famigerato “muro”. Ti sembra di correre in salita e l’arrivo in piazza Duomo mi pareva fosse sulla cima di una montagna! E allora devi fare ricorso a tutte le tue riserve fisiche e mentali. Ho dato fondo a tutte le scorte di maltodestrine che avevo, ho sofferto cercando di non mollare negli ultimi chilometri e… alla fine ho semplicemente accettato che il mio ritmo nella parte finale fosse diverso da quello pianificato. Insomma, mi sono adattato. Se non ti adatti… non sopravvivi. Ho visto durante il percorso cose che voi umani… Come quella signora urlante con i capelli scarmigliati che pareva la Medusa di Caravaggio e che al quarto chilometro si è lanciata in uno sprint impressionante, poi è sparita. Avrà scambiato il cartello dei 4 con quello dei 40 Km? Allucinazioni da eccesso di integratori? Oppure il compagno di avventura che mi precedeva verso il traguardo e che al quarantunesimo chilometro (giuro, quarantunesimo, ormai si vedeva il Duomo) si è fermato di botto e si è buttato a terra. Mi ha ricordato il caso del giapponese Shizo Kanakuri, uno dei più forti maratoneti al mondo del momento, che durante la caldissima maratona di Stoccolma del 1912 al 30° Km si fermò a bere qualcosa nella casa di uno spettatore, che lo fece sedere un attimo sul divano. Si addormentò e si svegliò parecchie ore dopo. Per anni fu dato per scomparso. Lo ritrovarono tempo dopo, nascosto per la vergogna. Insomma, durante una maratona può succedere di tutto. Succede però anche che la bellezza ti trascini per chilometri e chilometri sulle sue ali, senza farti sentire la stanchezza. Succede che la folla che ti incita ti sospinga come un vento a favore, facendoti dimenticare quanto ti manchi al traguardo. Tutte cose che “il metodo” non aveva previsto. Era curioso notare come nei tratti in cui l’incitamento era più forte tutto il gruppo naturalmente tendeva ad aumentare l’andatura. Succede anche che dopo 20 Km ti senti così bene che provi ad andare più veloce e ti sembra di poter correre così per sempre, ma questa ingenuità da neofita la paghi poi tutta alla fine con interessi da usura. Da tutto questo mi porto a casa che il metodo è fondamentale, l’adattabilità e il feedback continuo dal proprio corpo e dal contesto lo sono ancora di più. La costanza e la determinazione uniti alla sperimentazione e all’improvvisazione: ecco la lezione di vita della maratona che, a dispetto delle apparenze, è un’impresa accessibile a tutti. Ad esempio, il coach Andrew Johnston ha portato addirittura in alcune università[4] americane un corso in cui il project work del semestre è correre una maratona! Comunque vada, correre quei 42 km e 195 metri è un’esperienza unica. Curioso poi scoprire perché la distanza sia proprio quella. So che la prima risposta che viene a tutti è: “perché era la distanza tra Maratona ed Atene”. In realtà, tra Maratona ed Atene ci sono circa 40 Km. E allora? E allora sono stati gli inglesi, che hanno aggiunto in epoca moderna gli ultimi 2Km e 195 metri. Perché? Perché nello svolgimento del percorso dal castello di Windsor allo Stadio Olimpico c’erano 41,84 Km (26 miglia). E gli altri? Beh, per fare in modo che il traguardo cadesse proprio sotto il palco regale e la regina non dovesse sporgersi per vedere l’arrivo[5] hanno aggiunto altri 352 metri! Che dire, pur nelle loro originalità gli inglesi sono un popolo interessante e che ci ha dato tanto, dalla resistenza eroica durante la seconda guerra mondiale a ITIL[6], ma negli ultimi 2 Km. e 195 metri ho pensato molto a loro e, lo ammetto, con poca benevolenza!
Ecco allora che abbiamo chiuso il cerchio: siamo partiti da un Haiku che ci ha portato a ragionare sulle metodologie lean/agile e sull’importanza del ciclo di feedback breve che permette una maggiore adattabilità al contesto (Se le rondini/Potessero scegliere/il loro ciclo) e siamo arrivati ad un Haiku che di nuovo parla di metodo e adattabilità. La nostra maratona attraverso i 12 Haiku finisce qui, ma la vita continua e continuamente ci chiede di adattarci, con metodo e con agile buon senso. Lo dico soprattutto ai tanti ragazzi che vedo in questi anni entrare con tanta bella energia e vitalità in un mondo del lavoro per niente facile: vi auguro buona corsa, ricordando sempre che la vita lavorativa (e non solo) è simile a due attività che amo molto e di cui ho parlato in questi Haiku: la maratona e un’escursione in alta montagna. Lavorate sul metodo e sull’adattabilità ricordando che l’importante è trovare il ritmo giusto e… riportare lo zaino a valle!
[1] Gli altri Haiku:
https://www.yottabronto.net/12-haiku-sullevoluzione-digitale-lanima-giovane-terzo-haiku/
https://www.yottabronto.net/12-haiku-sullevoluzione-digitale-cerca-il-bene-sesto-haiku/
https://www.yottabronto.net/12-haiku-sullevoluzione-digitale-diversi-uguali-settimo-haiku/
https://www.yottabronto.net/12-haiku-sullevoluzione-digitale-team-of-teams-ottavo-haiku/
[2] Secondo uno studio svolto dagli ecologisti Alexander Walton e Amy L. Toth.
[3] Nicole E. Miller-Struttmann; Jennifer C. Geib: “Functional mismatch in a bumble bee pollination mutualism under climate change”
[4] https://www.theathleteprofessor.net/
Per capire i razionali si veda il suo TedX: https://www.youtube.com/watch?v=oW91ATcgXVc&t=278s
[5] https://www.corrieredellosport.it/news/altri-sport/running/2021/04/15-80826938/ma_perche_la_maratona_e_lunga_42_195_m_
[6] https://it.wikipedia.org/wiki/ITIL