La lezione del “Re di Pietra” sul digitale e sulla vita

Sono le 4:30 di una buia ma calda mattinata del 23 luglio e lasciamo il rifugio Quintino Sella per incamminarci all’attacco della mitica Cresta Est. Siamo in un luogo magico per l’alpinismo italiano e non solo. La vetta fu infatti scalata la prima volta da W. Mathews nel 1861. Due anni dopo Quintino Sella, ingegnere, politico e alpinista, guidava la prima cordata italiana in cima a quella che viene definita “La Montagna” per la sua forma impeccabile. Immediatamente dopo, con ancora negli occhi la splendida vetta, il Sella fondò il Club Alpino Italiano. Ora che ci sono salito comprendo l’entusiasmo di Quintino.

In 20 minuti arriviamo all’attacco della via e le nostre guide ci fanno preparare alla salita. Siamo in due cordate: io, mio figlio Martino e Paolo, la nostra impeccabile guida, nella prima. Nella seconda cordata il mio amico Antonio detto Nick, con cui da tanto cercavo di organizzare una spedizione comune, Elisabetta e la loro guida ricca di esperienza (Claudio).

Alle cinque circa, quando comincia a schiarire, iniziamo a salire la cresta non senza difficoltà nell’identificare l’attacco corretto. Ora non potrei descrivere quelle fantastiche quasi cinque ore di scalata per limiti miei e perché certe cose vanno necessariamente vissute per capirle appieno. Quello che vorrei fare invece è sintetizzare alcune riflessioni che mi sono venute durante l’ascensione e dopo aver salito questa splendida (e a volte un po’ sottovalutata) montagna che viene chiamata “Il Re di Pietra” e che per la sua forma perfetta si dice sia stato usato dalla Paramount per il loro logo (anche se la Paramount nega). Sono riflessioni legate in qualche modo all’alpinismo classico, di cui salite come la cresta est del Monviso sono l’emblema.

Sintetizzo le mie riflessioni in tre punti:

  1. Nell’alpinismo classico si va insieme. La cordata si muove come un unico essere e tutti devono fare lo stesso ritmo. Evidentemente la nostra guida avrebbe potuto salire ad un ritmo diverso dal nostro e certamente mio figlio si sarà un po’ annoiato nel salire al ritmo di suo padre, ma nessuno sì è sognato di lamentarsi di questo. La ragione è molto semplice: l’alternativa sarebbe quella di salire slegati, aumentando di molto i rischi. Talenti diversi, competenze diverse, età diverse tutti uniti dalla stessa meta e dallo stesso passo di ascesa. Mi sono tornati in mente tanti progetti, digitali o non, dove gli specialisti IT si lanciano in fughe in avanti tecnologiche e metodologiche senza curarsi di far avanzare tutta la cordata insieme. L’uso smodato di acronimi, l’arroganza di chi non vuole farsi capire per affermare un potere sono purtroppo tristi ma comuni esperienze. Viceversa a volte gli esperti di processo e di business non si preoccupano di condividere in modo chiaro obiettivi e aspettative con i compagni di cordata dell’IT. Quante volte ci hanno chiesto: “mi serve un semplice flag su questa form” e poi, scavando meglio, il “semplice flag” svela insospettabili impatti di processo e di architettura? Questa cordata di competenze ed esperienze diverse è stata descritta in molti modi: qualcuno parla di “business technologist”[1], ossia figure al di fuori dell’IT ma con elevate competenze digitali, altri di “generalizing specialist”[2], ossia figure IT che abbiamo oltre ad una competenza tecnologica verticale anche una o più aree di competenze trasversali, sia in ambito IT che business. Inoltre, molte organizzazioni promuovono i cosiddetti “Fusion teams”[3], ossia team misti (senza una gerarchia unica) di figure IT e business dedicate ad un progetto o un prodotto. Comunque lo si rigiri, il concetto è quello della cordata dell’alpinismo classico. Altrimenti si finisce come nella spedizione sull’Everest descritta nel libro “Aria Sottile” di J. Krakauer[4] dove tutti sono andati in ordine sparso e il risultato è stato una delle peggiori tragedie di montagna.
  2. La montagna non si discute, ma la via va “fiutata”. Uno dei refrain classici in molte aziende, soprattutto le più complesse e burocratiche, è il lamento sterile. Quante volte ci siamo sentiti dire: “Se questa azienda non fosse così… se quella persona si comportasse meglio… se i nostri capi capissero e agissero diversamente…”. Chiunque ami l’alpinismo sa bene che la montagna non si discute. Non puoi dire “se non ci fosse torrione Saint Robert”, “se il ghiacciaio fosse in condizioni migliori…”. Con i se in montagna non si va da nessuna parte. La montagna è lì, va accettata e amata così com’è. Però questo principio di realtà, che a volte nella vita ci scordiamo, va letto insieme ad un altro principio. A metà ascensione circa siamo rimasti fermi su un terrazzino per qualche minuto in attesa che l’altra cordata affrontasse la parete sovrastante (eh già, si deve andare anche al passo delle altre cordate, non solo della propria!). Paolo, la nostra guida, scrutava la salita e commentava alcuni passaggi, suggerendo che fosse meglio in quel punto stare un po’ più a destra o a sinistra. Poi ci disse una frase che mi colpi: “Vedete, questa cresta non è di per se difficile. La cosa importante è “fiutare la via”, ossia capire quale sia la traiettoria di salita migliore soprattutto nei pezzi che non sono segnati bene. Se sbagli aumenti inutilmente i rischi e potresti trovarti in situazioni difficili”. Ecco, questa è la voce dell’esperienza. Se la montagna va accettata senza discuterla, la capacità di fiutare e interpretare la via fa la differenza. Nel nostro caso tra una salita serena e una problematica, per gli alpinisti di punta la differenza potrebbe essere tra la vita e la morte. Qui mi ritrovo perfettamente nella mia esperienza soprattutto nelle grandi imprese di evoluzione digitale. Le difficoltà sono inevitabilmente molte, i rischi elevati: saper scegliere la via giusta significa massimizzare le probabilità di successo, pur senza certezza. A fianco dei i tanti ruoli già presenti come CIO, CDO, DIO (sì, qualche tecnologo megalomane ha inventato anche questo: il Digital Innovation Officer), RTD, CTO ecc. ecc., credo che dovremmo inserire una nuova figura: la GAD o Guida Alpina Digitale. È quello che ha il compito di “fiutare” la via e mettere in sicurezza il percorso.
  3. L’alpinismo è l’arte di rinunciare. O di ritarare gli obiettivi. Anche qui è l’esperienza che guida. Ad esempio, per fare una cresta bella e semplice come quella del Castore sono salito tre volte al rifugio Sella (l’altro, quello sul Rosa). La prima c’era vento da non poter avanzare, la seconda c’erano nuvole basse che non si vedeva a un metro… e finalmente la terza volta ce l’abbiamo fatta. La salita al Monviso è stato un caso felice di obiettivi ritarati. Il mio obiettivo di quest’anno era la Biancograt sul Bernina. Se non che lo stato dei ghiacciai è quello che è. La società di guide a cui mi rivolgo (Lyskamm4000 di Alagna) mi ha quindi consigliato di spostarmi su roccia e da qui è nata l’idea del Monviso. Fantastica col senno di poi, anche se inizialmente ero rimasto romanticamente attaccato all’idea della bellissima cresta della Biancograt. Peraltro, la prima volta che ho desiderato la Biancograt era il 2015 e sto provando a salirla da due anni, in attesa delle giuste condizioni.

Nel digitale spesso ci si incaponisce nel perseguire obiettivi magari validi mesi o anni prima, quando il progetto o il programma sono stati concepiti, ma non sono più attuali nella fase di esecuzione. L’agilità (e su questo ho scritto parecchio nel mio blog) nella governance delle iniziative strategiche è fondamentale. Fa la differenza tra la vita e la morte, almeno del progetto. Solo che spesso non si ha il coraggio di intervenire. Ho visto solo un Amministratore Delegato fare quello che viene chiamato un “early kill” su un progetto problematico. Personalmente non l’ho capito al momento, ma nei mesi e negli anni a venire si rivelò la decisione giusta. A volte saper rinunciare e “uccidere” un progetto problematico è l’unico modo per salvaguardare il valore e minimizzare i rischi!

 

Ecco le tre lezioni del Re di Pietra, credo utili nei percorsi di evoluzione digitale come nella vita!

[1]https://www.gartner.com/en/information-technology/glossary/business-technologist#:~:text=A%20business%20technologist%20is%20an,internal%20or%20external%20business%20use.

[2] “Agile IT Organization Design: For Digital Transformation and Continuous Delivery” di Sriram Narayam – Ed. Addison Wesley Professional (2015)

[3] https://www.gartner.com/en/information-technology/glossary/fusion-team

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Aria_sottile