Gli informatici ignoti, eroi spesso sconosciuti della crisi da coronavirus…
Ho avuto la fortuna di lavorare come informatico in due contesti molto speciali e… molto sotto stress in questi giorni: la sanità e l’università. Ho quindi modo di vivere direttamente in questi giorni convulsi quello che sta accadendo nell’ambito universitario: una virata imprevedibile fino a poche settimane fa verso l’eLearning, entusiasmante e dirompente allo stesso tempo. Noi informatici siamo coinvolti in quasi tutti i tavoli di lavoro. Nelle strutture sanitarie, dove ho ancora molti amici, sta succedendo qualcosa di analogo. Gli ospedali vengono ridisegnati e le piattaforme informatiche devono seguire queste nuove (e urgentissime) esigenze.
Guardando questo turbine che a volte sembra travolgerci, mi viene allora una riflessione. Innanzitutto devo sottolineare, se ce ne fosse bisogno, che i veri eroi di questo momento sono tutti gli operatori sanitari, in primis medici e infermieri. Innanzitutto perché stanno facendo miracoli per contenere il dilagare del virus, in secondo luogo perché rischiano la vita ogni giorno.
Però qui vorrei spendere due parole anche per “l’informatico ignoto”, ossia tutti quei colleghi che vedo spendersi in questi giorni anche oltre a quello che sarebbe lecito chiedere loro. Durante una conference call a fine pomeriggio di qualche giorno fa, un collega che lavora in sanità si sfogava in una chat “parallela”: non ne posso più, sto lavorando da 16 ore, abbiamo riconfigurato 3 ospedali…”
E se guardo al mio team in Università Cattolica, non siamo messi meglio. La brusca virata verso i mezzi digitali sta generando una serie di urgenze a cui è necessario dare risposte quasi immediate: dall’eLearning alle postazioni per lo smart working, dalla revisione delle aule per lo streming al potenziamento dell’infrastruttura di rete, dagli strumenti di comunicazione alle richieste più estemporanee.
Da 10 giorni a questa parte (ma sono veramente solo 10 giorni?) il mio splendido team (insieme ai tanti colleghi delle altre strutture organizzative dell’università) si sta spendendo a tutto campo e non ci sono sabati, domeniche o serate che restino immuni da qualche attività imprevista. Si aggiunga la naturale tensione e qualche nervosismo comprensibile visto il contesto, le richieste dell’ultimo minuto… insomma c’è da divertirsi.
Però ci sono anche delle scoperte interessanti. Innanzitutto sotto pressione si conoscono meglio le persone. Poi stiamo sfruttando l’occasione per intervenire in alcuni ambiti e irrobustire l’infrastruttura. Inoltre stiamo collaborando con gli altri servizi di staff dell’università molto più che in passato. I team si integrano in modo naturale quando c’è un obiettivo condiviso.
Questo grazie al lavoro, spesso umile e poco conosciuto, di tante persone normali. Tanti “informatici ignoti”, quanto mai indispensabili in questa fase in cui sembra che senza il digitale non si possa fare nulla.
Insomma, bello il campione, ma belli anche i gregari. Onore ai medici e, nel nostro caso, ai docenti che sono le persone in prima linea in queste sfide, ma forse vale la pena di fermarsi un attimo a ringraziare anche tutti coloro che umilmente supportano chi poi segna il goal. Questo ovviamente non vale solo per gli informatici, vale anche per il ragazzo che incontro tutte le mattine e che rende i nostri uffici puliti e funzionali. Un grazie quindi a tutti quelli che non pilotano l’astronave e non stanno in plancia, che vivono nelle “sale macchine”: informatici o no, sono attori fondamentali per far funzionare le organizzazioni complesse, soprattutto in questi frangenti. Bello il capitano Kirk, il mio eroe di sempre, ma bello anche Scotty: senza di lui, Kirk avrebbe un bel declamare “beam me up Scotty”: non andrebbe da nessuna parte!