Resoconto del nostro fantastico viaggio in Israele!
NOTA: anche se questo è un blog dove di solito parlo di tecnologia, questo post parla di un viaggio. Israele è da sempre un paese che mi affascina tantissimo, pur con tutte le contraddizioni di un paese in guerra, per le sue eccellenze tecnologiche e per come è sopravvissuto a tanti tentativi di annientamento. Nelle prossime pagine però parlerò dell’esperienza del nostro viaggio di famiglia in Israele, West Bank e Petra, viaggio che attendo da 50 anni e preparo da 10 mesi. L’ho scritto innanzitutto per me, per fissarmi nella mente le esperienze vissute, poi perché qualcuno me lo ha chiesto e infine perché è il background che si dovrebbe avere presente quanto si cerca di analizzare le eccellenze tecnologiche israeliane (di cui parlerò in un prossimo post). Il brano è un po’ lungo, ma può essere letto anche a pezzi. Buona lettura.
PS: Potete anche vedere la bellissima video-sintesi (10 minuti) del viaggio creata da Joy!
I romani e i cavalieri di S. Giovanni d’Acri
Il nostro viaggio verso Israele è partito alle 3 di notte dell’8 agosto, quando almeno tre sveglie hanno squillato in contemporanea per essere sicuri di non perdere l’aereo. Alle 3 e 30, come da programma, la truppa era pronta e assemblata, le 7 valigie caricate in auto e tutti eravamo pronti a partire per Malpensa, non senza aver controllato almeno 12 volte i passaporti. L’esperienza del Madagascar mi ha segnato la vita!
Siamo una famiglia eterodossa, composta da due credenti (ma uno dei due crede ai Transformers, non so se conta ugualmente…), un ateo, e due ex credenti che si definiscono in pellegrinaggio: per questo il gruppo WhatsApp di viaggio si chiama HolyLaLaLand e le mete saranno un po’ religiose e un po’ turistico-culturali.
Il programma di viaggio (lo anticipo, così chi vuole può leggere solo le parti di interesse) costruito negli ultimi 8 mesi prevede di atterrare a Tel Aviv, noleggiare un’auto con cui visiteremo il nord del paese (Cesarea, il Carmelo, Acri, Nazaret, i luoghi intorno al lago di Tiberiade), poi passare di nuovo da Tel Aviv e approdare a Gerusalemme dove riconsegneremo l’auto. Da Gerusalemme una serie di visite alla città, a Betlemme e Mar Morto, a Masada, a Ramallah/Hebron. Quest’ultima escursione, importante per le tombe dei patriarchi, ma anche perché si tratta di un tuffo nella realtà dei territori palestinesi, verrà fatta solo se le condizioni saranno favorevoli. Sempre da Gerusalemme partiremo, alla fine della nostra permanenza, per un’escursione di tre giorni in Giordania per vedere Petra, che abbiamo inserito all’ultimo per via dei Transformers. Del resto siamo qui anche per motivi religiosi!
Galilea delle genti
Dopo l’atterraggio a Tel Aviv, abbiamo noleggiato un’auto. Il nostro primo impatto con Israele è stato con Roma, il secondo con i cavalieri medioevali. La prima tappa infatti è stata Cesarea Marittima, con le splendide rovine della città Romana. Poi, passando dal Monte Carmelo, siamo arrivati ad Acri. L’appartamento prenotato era a 300 metri dal mare, così siamo anche riusciti a farci un suggestivo bagno notturno! Il giorno dopo ci siamo immersi nella stupenda Akko (nome locale di Acri) e nel suo passato Crociato e ottomano. Dai bagni turchi alle mura alla cittadella sotterranea dei Cavalieri di S. Giovanni d’Acri (gli Ospitalieri, o Cavalieri di Malta). Pomeriggio ancora un bagno tonificante, poi siamo partiti per Nazaret.
Nazaret ci ha aperto le porte della Galilea, una delle tappe più significative del nostro viaggio. Abbiamo alloggiato allo splendido Fauzi Azar Hostel di Abraham Tours: una vecchia casa araba ristrutturata a pochi minuti dalla basilica della Natività. Offre sia le classiche camerate da ostello che camere doppie o triple con bagno privato (quelle che abbiamo preso noi).
Nazaret è stato il primo impatto con la convivenza di religioni diverse. Abbiamo visitato la basilica della Natività e assistito ad un paio di celebrazioni, ma in entrambi i casi in concomitanza con le celebrazioni nella chiesa cristiana partivano canti religiosi musulmani guidati dai muezzin locali. Non so se fosse intenzionale o no la coincidenza di orari, certo la diffusione a tutto volume non solo dai minareti, ma anche dagli altoparlanti presenti in tutti i negozietti arabi della città intorno alla basilica, creava un effetto straniante. Da dentro la basilica sembrava di essere circondati da migliaia di fedeli musulmani che urlavano le loro preghiere poco distanti, anche se ovviamente non era così.
Ma la vera perla della Galilea, scoperta durante il giro in auto il giorno dopo, è stata per me Cafarnao. Forse perché, tra i tanti luoghi della Terra Santa, questo è uno di quelli (non molti a dire il vero) per cui si può dire, con ragionevole certezza, che vi sia un legame certo con Gesù di Nazaret. Il ritrovamento della vecchia sinagoga di Cafarnao e delle case attigue, che fin dal I° secolo la comunità giudaico-cristiana locale ha identificato con la dimora di Pietro, lasciano pochi dubbi. Qui, a differenza di molti altri luoghi sacri che hanno vissuto un “black-out” di circa 300 anni dai tempi di Cristo alla venuta dei Bizantini, c’è stata una continuità di presenza di questa comunità cristiana di origine ebraica. Purtroppo lo stesso non si può dire della maggior parte degli altri luoghi sacri, “riscoperti” da S. Elena, la madre di Costantino, solo nel IV secolo.
Sono rimasto a lungo sulla sponda vicino alla casa di Pietro, sotto il sole a picco mitigato dalla brezza del lago, fuori dal tempo, respirando la stessa aria che respirarono Gesù e i primi discepoli e vedendo quello che anche loro vedevano quando si intrattenevano su queste sponde. È stato per me il momento spiritualmente più intenso del viaggio. Una tranquillità e una pace che non ho trovato altrove, non nella vivace Nazaret e nemmeno nella contesa e tormentata Gerusalemme. Il giro è continuato con altre tappe classiche, come il Monte Tabor e Tiberiade, per finire la sera di nuovo nella basilica di Nazaret passando prima dal kibbutz di Levi, interessante ma deserto perché era sabato.
Dato che questa è una terra di contrasti continui, il giorno dopo eravamo a Tel Aviv. Una città moderna e dinamica, con una spiaggia cittadina molto bella e godibile. Mi ha ricordato Barcellona, se non che qui è tutto nuovo perché 110 anni fa la città non esisteva. La sera finalmente siamo arrivati a Gerusalemme.
Potete trovare le immagini di questo paragrafo su Instagram: Acri e Cesarea, Nazaret e la Galilea e Tel Aviv e l’arrivo a Gerusalemme.
PS: carissima Stella, qui pochissimi cani, ma un’infinità di gatti! Non ti sarebbe piaciuto, ci rivediamo presto. Rilassati. E ricordati che anche se condividi il giardino con Peter, lui è un alano e tu no, quindi non puoi mangiare come lui!
Contrapposizioni
La prima serata a Gerusalemme è stata magica e scioccante allo stesso tempo. L’atmosfera che ti avvolge è qualcosa che non ti puoi scordare. Parte dell’atmosfera però è costituita da gas che non riconosci e che intuisci essere pericolosi. Il giorno del nostro arrivo c’è stata una sommossa al muro del tempio. Ebrei ortodossi e musulmani sono entrati in conflitto perché si celebravano contemporaneamente due feste e tutti volevano l’accesso ai luoghi santi per la loro religione. La sera, passeggiando lungo Jaffa Road per cercare un ristorante, ci ha impressionato il numero di ultra-ortodossi presenti nel quartiere, che affluivano nei ristoranti dal vicino quartiere di Mea Shearim. Mentre cenavamo abbiamo osservato il via vai continuo di persone che si lavavano le mani secondo il rituale previsto. Poi, passeggiando dopo cena, una scena che ci ha turbato: un gruppo di ragazzini ultra-ortodossi (riconoscibili per le acconciature e i vestiti) passa vicino ad un tavolo di altri adolescenti dall’aspetto ordinario. Uno di questi li apostrofa e poi, con decisione e disprezzo, gli sputa addosso. Anche questa è Gerusalemme: placche culturali in perenne conflitto che a volte è latente, a volte esplode come un terremoto.
Il giorno dopo abbiamo fatto il tour “Ramallah and Hebron” di Green Olive Tours. Consiglio a tutti di visitare, se non vi sono situazioni di emergenza, i territori della West Bank, perché ti aprono un mondo: per noi la giornata in Cisgiordania è stata per tutti uno dei momenti topici del viaggio. Molti sono spaventati dall’idea di entrare in un territorio così conteso, ma da quanto abbiamo visto in questi giorni è più pericoloso passeggiare a Gerusalemme nei pressi del Monte del Tempio che andare a Ramallah. Ovviamente meglio andare con un tour organizzato, ancora meglio se da un’agenzia Palestinese come Green Olive. Ho selezionato questa agenzia oltre che per le recensioni positive, anche perché la maggior parte delle altre escursioni che faremo saranno con agenzie e guide israeliane, quindi volevo dare modo a noi e ai ragazzi di sperimentare il punto di vista dei Palestinesi. La guida era un ragazzo di poco più di 30 anni, attivo nell’ambito socio-politico. Ci ha aiutato ad entrare in questo contesto di tensione e contraddizione. Non sempre le spiegazioni che venivano date erano imparziali: ad esempio la guerra del Kippur (nel ‘73 una coalizione di stati arabi ha attaccato a tradimento Israele durante la festa dello Yom Kippur ed è stata poi sconfitta) non è mai citata, Hamas non viene considerata un’organizzazione terroristica (perché i veri terroristi sono gli Israeliani, ti rispondono se cerchi di affondare) e in generale i palestinesi vengono dipinti solo come vittime. Questa a mio parere non è una bugia, ma una mezza verità. Infatti i palestinesi sono certamente vittime, e dopo aver percorso i territori occupati non ho più dubbi, ma una parte di loro ha abbracciato il terrorismo e questo fa sì che siano nel contempo vittime e carnefici. Però al di là di questo “bias” che va considerato, Green Olive Tours ha il pregio inestimabile di farti entrare nella vita dei palestinesi della West Bank. La prima parte del tour si svolge a Ramallah (tomba di Arafat e giro per la città), con la relativa spiegazione della gestione dei territori divisi in 3 aree: A, controllate dai Palestinesi, B controllate in parte dai palestinesi e in parte dagli israeliani, C controllate dagli israeliani. La situazione è un po’ più complessa di così, ma per brevità mi fermo qui. La seconda parte della giornata è quella a maggior impatto emotivo. Visitare Hebron, con poche centinaia di coloni israeliani (molti ultra-ortodossi) asserragliati nel centro della città palestinese e migliaia di militari a difenderli, è stata una delle esperienze forti del viaggio. Abbiamo avuto modo di parlare sia con i negozianti palestinesi che vivono a ridosso delle case dei coloni, che con i militari israeliani di guardia ai posti di blocco. I primi lamentavano continue provocazioni da parte dei coloni, i secondi erano ragazzini (spesso di 18 i 20 anni) armati fino ai denti e che ci hanno ripetuto più volte di sentirsi fieri di servire il loro paese. L’ex piazza del mercato è un luogo spettrale, militarizzato come il muro di Berlino ai tempi d’oro, usato dai coloni per entrare e uscire dalla loro zona. Qualche anno fa un colono è entrato nella moschea (tomba di Abramo) ed ha aperto il fuoco sui fedeli, facendo decine di morti tra i palestinesi. Immaginate quale sia il livello di tensione tra i due gruppi.
Intanto i compagni di viaggio americani chiedevano ostinatamente alla guida e ad ogni locale che incontravano (inclusi i militari che ovviamente non rispondevano): “secondo lei qual è la soluzione a questa situazione?” Dopo la visita ci siamo convinti che non vi sia una soluzione a breve. L’ipotesi dei due stati, proposta dall’ONU nel ’47 e poi ancora dagli americani nel 2000, era stata accettata (pur con malcontento) dagli Israeliani, ma respinta dai palestinesi. Ora i palestinesi sembrerebbero pronti a riconsiderarla, ma gli israeliani hanno piazzato più di 700.000 coloni nella West Bank e pare difficile che possano essere sfrattati per rendere quel territorio stato palestinese. Inoltre, in Israele gli ultra-ortodossi sono più di 800.000 e in crescita e questo influenza le politiche del paese in modo sensibile, dato che i governi degli ultimi anni hanno decisamente virato a destra. Nello stesso tempo una parte dei palestinesi appoggia Hamas, un’organizzazione che (a dispetto di quello che sosteneva la nostra guida) è decisamente terroristica. Ma che dire ad esempio dell’operazione Piombo Fuso[1] di Israele che, secondo le stime del Ministero della Sanità di Gaza, ha fatto più di 1200 vittime civili inclusi 400 bambini? L’impressione è che qui chi ha il potere lo usi sistematicamente per sopraffare l’altra parte. In passato gli stati arabi hanno provato più volte a sopraffare Israele e hanno rifiutato ogni ipotesi di accordo quando forse sarebbe stato possibile ragionare sulla soluzione dei due stati. Ora sono gli israeliani ad avere il potere e lo usano per costruire muri, ma nello stesso tempo per insediare coloni oltre i muri stessi. È una sorta di conquista che si combatte a colpi di insediamenti, di forniture idriche carenti, di disoccupazione altissima, di discriminazioni di diverso tipo che rischiano di trasformare tutta la West Bank in una polveriera come la striscia di Gaza.
Potete trovare le immagini di questo paragrafo su Instagram: Ramallah e Hebron.
Sono in te tutte le mie sorgenti
Dopo la parentesi in Palestina siamo tornati a Gerusalemme, dove ci ha raggiunto anche la fidanzata di nostro figlio maggiore, così siamo in sei e la compagnia è al completo.
Se in Galilea abbiamo respirato la libertà dello Spirito (“Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. […] E’ giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” Giov. 4, 21-22), qui si ha spesso l’impressione che la religione si faccia rito, divisione, barriera. Lo spiego per immagini. Durante le nostre passeggiate per Gerusalemme, vediamo spesso degli ultra ortodossi con le loro famiglie. L’altro giorno, per esempio, una bimba di non più di sei anni spingeva una carrozzina stracarica di borse e con un fratellino, mentre il padre la seguiva recitando le preghiere e ignorando l’evidente difficoltà della bimba. Del lavaggio compulsivo delle mani abbiamo già parlato. Gli ultra-ortodossi sono maestri dei riti, lo abbiamo visto anche al muro occidentale con centinaia di persone che si dondolavano pregando. Ma se ci spostiamo in ambito cristiano le cose non sono molto diverse. Quando abbiamo visitato la prima volta il S. Sepolcro (alle 5 di mattina), non siamo riusciti a visitare la cripta. Infatti, appena apre gli ortodossi (cristiani) si impossessano del Sepolcro e fanno interminabili liturgie (peraltro sbadigliando vistosamente, ma si capisce che alle 5 di mattina anche l’ortodosso più motivato soffra un po’ dell’orario). Appena finiscono, un solerte fraticello francescano fa un abilissimo colpo di mano superando la fila delle persone in attesa con un gruppo di una decina di ragazzi, li introduce nella cripta e si barrica letteralmente dentro per celebrare la messa. Noi rimasti fuori siamo esterrefatti. Alla mia domanda volante prima di chiudersi a chiave nella cripta risponde: passate dopo le 9, forse vi andrà meglio. In realtà siamo passati tre giorni dopo, siamo riusciti ad evitare la contesa delle tante confessioni religiose (Ortodossi, Cattolici, Armeni, Copti…) e a fare una breve visita al luogo della resurrezione. O di quello che la tradizione ritiene tale perché, come accennato parlando di Cafarnao, non è certo che sia proprio questo, dobbiamo fidarci di S. Elena e delle tradizioni dei primi secoli. A Betlemme lo stesso, grotta della natività monopolizzate per ore dagli ortodossi con interminabili riti. Lo so, qualcuno dirà che la liturgia è un valore importante, ma io credo che lo sia nella misura in cui genera comunione tra gli uomini (non solo tra i propri simili): se invece genera divisione, beh, sappiamo chi è il padre della divisione. Inoltre, più rileggo il vangelo e più mi si insinua il sospetto che Gesù avesse una predilezione per le persone più che per i riti e le liturgie. Galilea più che Gerusalemme, insomma.
A Gerusalemme abbiamo fatto anche un interessantissimo tour organizzato da Sandermans per conoscere i luoghi sacri delle tre religioni. Abbiamo visitato il Santo Sepolcro, il Muro Occidentale e la spianata delle moschee. Che dire? Qui si vede la parte più interessante e più controversa di Gerusalemme. Sandermans è una macchina da guerra in quanto ad organizzazione e fa anche dei tour gratis (noi abbiamo optato per quello a pagamento, più completo). Guide molto brave. Al muro occidentale (che noi chiamiamo anche muro del pianto) abbiamo assistito ad alcune cerimonie del Bar Mitzvah e ci hanno anche offerto dei dolcetti! La spianata delle moschee poi è unica, con la stupenda Cupola della Roccia e i fedeli in preghiera. Questo è uno dei luoghi più contesi della terra. Qui sorgeva il tempio degli Ebrei, che su questo luogo hanno delle posizioni ambivalenti. Da un lato vorrebbero riappropriarsene: i disordini del giorno del nostro arrivo a Gerusalemme sono stati causati proprio dal tentativo di alcuni ebrei di accedervi durante la festa musulmana del Sacrificio. Dall’altro, gli ebrei ortodossi ritengono che il sito sia troppo sacro per accedervi. Infatti, non sapendo esattamente dove si trovava il Santo dei Santi, chi accede potrebbe inavvertitamente calpestarlo. Un cartello all’ingresso della salita alla spianata spiega chiaramente in ebraico e inglese: “According to the Torah law, entering the Temple Mount area is strictly forbidden due to the holiness of the site. – The Chief Rabbinate of Israel”[2]. Fa parte delle contraddizioni di Gerusalemme il fatto che, nonostante l’accesso al Monte del Tempio sia vietato dal Rabbinato di Israele, ci siano scontri perché gli ebrei vogliono accedere al Monte.
Solo in alcuni momenti, soprattutto nei suoi luoghi più sereni e meno chiassosi come il S. Sepolcro alle 5 di mattina o il Monte degli Ulivi fuori dagli orari più frequentati, si ha l’impressione di respirare veramente l’aria di Gerusalemme e delle sue possibilità. La possibilità che questo luogo, da cui sgorgano le sorgenti spirituali del mondo, possa diventare un luogo di comunione per tutti gli uomini religiosi, a prescindere dalla confessione. Perché in fondo, chi può dire di conoscere veramente Dio?
Potete trovare le immagini di questo paragrafo su Instagram: Gerusalemme, Monte degli Ulivi e Yad Vashem
Intorno a Gerusalemme
Mentre eravamo a Gerusalemme abbiamo partecipato ad alcuni tour nelle vicinanze. Il primo è stato quello a Betlemme, Gerico (e monte delle Tentazioni), Giordano (luogo del battesimo di Gesù) e Mar Morto. A parte l’organizzazione carente (Tourist Israel non è il nostro operatore preferito), anche qui un intreccio di riti e di cose interessanti. Oltre a Betlemme e agli ortodossi, di cui ho già scritto, sul luogo del battesimo di Gesù ognuno si è portato i suoi riti personali. Il Giordano è un rigagnolo con l’acqua di un color verde limaccioso e, ci dicono i locali, non particolarmente pulita perché viene usato come scolo per tutta la valle. Arrivati al luogo del battesimo (o uno dei luoghi che la tradizione indica), qualcuno contempla, prega e riflette, qualcun altro si immerge. Le più originali sono state due ragazze americane (pace all’anima loro) che hanno deciso di berla quell’acqua. Sicuramente saranno già in paradiso, beate loro. Abbiamo finito la giornata galleggiando nel Mar Morto: esperienza indimenticabile, come lo era la temperatura della sabbia della spiaggia che ci ha letteralmente ustionato le piante dei piedi.
Il tour a Masada invece ce lo siamo auto-organizzato ed è stato molto bello, se non che girare sull’altopiano di Masada dalle 11 alle 13 con 42 gradi è stato una specie di suicidio di gruppo. Ma eravamo in tema con il contesto. Insieme a noi, gruppi ebraici giovanili che vivono Masada come un momento di esaltazione patriottica. Ho apprezzato un po’ meno il fatto che alcuni di loro girassero armati.
Tra un tour e l’altro abbiamo visitato anche il Museo di Israele (Rotoli dei Qumran, da non perdere) e il museo dell’Olocausto (Yed Vashem). Di questo mi ha impressionato in modo particolare l’impatto di questo popolo sulla cultura mondiale: prima delle persecuzioni razziali erano una minoranza colta, aperta, intellettualmente vivacissima. Si pensi che nei primi anni del ‘900 i premi Nobel di origine ebraica sono stati il 20% del totale, a fronte di una popolazione di pochi milioni di ebrei nel mondo! La mia impressione è che ora, forse anche per la crescita costante ma importante degli ultra-ortodossi e della destra, ci sia un’involuzione, un ripiegarsi verso posizioni estremiste e nazionaliste. Ma forse questo non vale solo per Israele.
Potete trovare le immagini di questo paragrafo su Instagram: Masada (e il S. Sepolcro la mattina alle 5), Betlemme-Giordano-museo del libro e Mar Morto
Gran finale e partenza
Per finire la nostra esperienza in medio oriente, non potevamo farci mancare Petra. Non serve descrivere la bellezza del luogo, tutti hanno visto almeno un’immagine o un film girato lì. Quello che non ti aspetti è la vastità di questo complesso civile e religioso sviluppato dai sorprendenti Nabatei. Attraversare Petra è un percorso di 8 Km, a cui si possono aggiungere alcuni siti più remoti… insomma abbiamo camminato per più di 20 Km. Molto interessante anche Jerash (la Gerasa citata dai vangeli), la città romana meglio conservata del medio oriente. Ma di questi tre giorni, organizzati benissimo dall’impeccabile Abraham Tours, ricordo le serate al campo beduino, con il fuoco di bivacco e i narghilè sempre accesi, i giochi e le chiacchierate in famiglia su quello che avevamo visto e vissuto nei giorni passati.
Per finire abbiamo passato una mattinata nel Wadi Rum, il deserto di “The Martian”, di Lawrence d’Arabia e di alcuni film di Guerre Stellari. Uno non si immagina che un deserto possa essere così ricco e vario, con sabbia e rocce di colori unici!
L’ultima sera a Gerusalemme abbiamo mangiato in un ristorante Algerino, dopo essercene andati dal mercato di Yehuda perché non ci sentivamo a nostro agio. Ormai ci eravamo abituati ai militari ragazzini sempre armati fino ai denti, ma vedere gli stessi ragazzini in licenza (quindi senza uniformi) aggirarsi per le bancarelle e bere birra ai bar con i fucili mitragliatori a tracolla come fossero degli skateboard… questo onestamente ci pare una follia.
L’ultima visita prima di lasciare Gerusalemme è la Città di Davide, un sito archeologico delle prime abitazioni dei Gebusei, e l’impressionante Tunnel di Ezechiele. Si tratta di un percorso di circa mezz’ora nel canale che collega la città alla sua sorgente di Gihon. Nel buio totale (pile o cellulari indispensabili), si percorre con l’acqua che arriva alle caviglie o alle cosce tutto il tragitto scavato nella roccia. I ragazzi sono tornati bambini!
A proposito di bambini: nel viaggio aereo di ritorno con la compagnia israeliano c’erano più bambini che in un asilo nido! Spuntavano da tutti i sedili ed erano probabilmente il doppio degli adulti. Hanno passato metà viaggio a saltare sui tavolini, correre per i corridoi, lanciarsi da un sedile all’altro e gridarsi frasi incomprensibili. Uno invece sembrava più tranquillo, ma in realtà era il più pericoloso, perché ha cercato per due ore di smontare l’aereo, schiacciando tutti i bottoni possibili e infilando le minuscole dita in ogni fessura. Poi dopo due ore esatte sono collassati, tutti insieme! Quello nel corridoio vicino a me si è semplicemente buttato per terra e lì è rimasto fino a che il padre non l’ha salvato provvidenzialmente da un passeggero che stava per calpestarlo. Gli altri più fortunati si sono accasciati sui sedili. Dopo 11 giorni in Israele questa abbondanza di bambini non ci stupisce più. La famiglia ultra-ortodossa più contenuta ha almeno 3 figli piccoli, ma è frequente che ne abbiano 4, 5 o più. Questo vale anche per i palestinesi naturalmente. In effetti la nostra guida a Hebron e Ramallah ci ha spiegato che la guerra si fa anche con i figli, perché in un paese così piccolo chi ha i numeri maggiori ha un vantaggio e può fare maggiori pressioni sul territorio e sulla politica. Non ci resta che sperare che tra questi bambini ci siano i due Nelson Mandela di cui Israele e Palestina hanno bisogno!
Potete trovare le immagini di questo paragrafo su Instagram: Petra e il Wadi Rum.
PS: Potete anche vedere la bellissima video-sintesi (10 minuti) del viaggio creata da Joy!
APPENDICE
Piano di viaggio:
- 8 agosto arrivo a Tel Aviv, noleggio auto, visita a Cesarea e passaggio dal Monte Carmelo. La sera arrivo ad Acri
- 9 agosto: mattino visita ad Acri. Pomeriggio spiaggia e poi partenza per Nazareth
- 10 agosto: Basilica dell’Annunciazione a Nazaret e luoghi di Gesù in Galilea: Cana, Cafarnao, Tiberiade, Monte Tabor, Kibbutz Lavi
- 11 agosto: giornata a TelAviv (Bahouse, biciclette e spiaggia). Serata arrivo a Gerusalemme e riconsegna auto
- 12 agosto: Ramallah & Hebron tour di Green Olive
- 13 agosto: Masada (tour auto gestito) e museo d’Israele [avremmo dovuto fare qui la visita guidata di Gerusalemme, ma abbiamo spostato perché non c’era posto]
- 14 agosto: Betlemme, Jerico (e monastero delle Tentazioni), Mar morto (tour con Tourist Israel)
- 15 agosto: visita Gerusalemme, a partire da Monte degli Ulivi (con tutte le varie chiese tra cui quella dell’Assunzione) e tour di NewSanderman (S. Sepolcro, Muro Occidentale, Spianata delle moschee). Fine pomeriggio: Yad Vashem (museo dell’olocausto)
- Dal 16 al 18 agosto: tour Petra e Wadi Rum (con Abraham Tours)
- 19 agosto mattina: città di David e tunnel di Ezechia
- 19 agosto pomeriggio: partenza per aeroporto e ritorno a casa.
Libri consigliati, che mi hanno aiutato nella preparazione del viaggio:
- “Israele e i territori palestinesi” – di D. Robinson e O. Crowford – Lonely Planet 2019
- “Terra Santa (II ed.): Guida francescana per pellegrini e viaggiatori” – di G. Geiger e H. Furst – Edizioni Terra Santa 2018
- “Guida essenziale alla Terra Santa” – di G. Ravasi – Edizioni Terra Santa 2017
- “Gerusalemme assediata: Dall’antica Canaan allo Stato d’Israele” – di E. H. Cline e S. Suigo – Bollati Boringhieri 2017
- “Francescani in Terra Santa: una storia lunga 800 anni” – AA.VV. – Edizioni Terra Santa 2018
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Piombo_fuso
[2] Secondo la legge della Torah, entrare nell’area del Monte del Tempio è severamente proibito, a causa della santità del luogo (Rabbinato di Israele)